giovedì 6 dicembre 2012

La Diocesi di Milano ha, quest’anno, deciso di scrivere la tradizionale lettera di auguri natalizi in varie lingue, tra cui l’arabo, per inviarla anche alle famiglie musulmane. Un gesto che si propone come distensivo, ma, mi chiedo, quale sarebbe la mia reazione se arrivasse, a me, in quanto ebreo, una simile lettera. Probabilmente, avrei la stessa reazione di quando il prete suona il campanello di casa mia per la benedizione annuale dei locali, oppure quando mi citofonano i Testimoni di Genova: penso a modi con cui le varie Chiese cercano di propagandare il proprio messaggio. E non mi scordo una simile reazione, quest’estate, da parte della comunità islamica milanese di fronte al tentativo delle Diocesi di “invadere” uno spazio di dibattito interno alla loro comunità, inviando un delegato a fare un discorso per l’occasione. La Chiesa milanese ha una lunga esperienza diplomatica e il Cardinale Scola già a Venezia ha strutturato un dialogo interreligioso seguendo la linea, “tutti uniti, ma dentro il messaggio cristiano”. Sapendo, però, che il processo alle intenzioni contrasta con l’etica ebraica, diamo per scontata la buona fede della Diocesi. Forse, ha dimenticato che il diavolo si annida nei dettagli.Davide Assael,ricercatore http://www.moked.it/


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