mercoledì 15 ottobre 2008

La tigre sotto la pelle


di Zvi Kolitz, a cura di Vincenzo Pinto
Bollati Boringhieri Euro 14

E’ il mistero del Male Assoluto che aleggia in questa raccolta di racconti dello scrittore ebreo Zvi Kolitz, un autore capace come pochi altri di dare forma narrativa all’orrore e alla sofferenza del popolo ebraico durante l’Olocausto.
Nato nel piccolo villaggio lituano di Alytus nel 1913, militante sionista e membro dell’Irgun, insegnante di studi biblici alla Yeshivà University di New York, città dove approda dopo aver girato il mondo, Kolitz è conosciuto in Italia per il monologo di Yossl Rakover che negli ultimi istanti di vita nel ghetto di Varsavia si rivolge a Dio con parole accorate chiamandolo in causa per il suo silenzio di fronte al trionfo dell’orrore. Questa apostrofe a Dio che è al tempo stesso invettiva, preghiera e sfida è divenuta simbolo, lascito testamentario di chi si ribella contro l’iniquità.La raccolta di racconti “La tigre sotto la pelle” edita per la prima volta in Italia da Bollati Boringhieri (ad eccezione di “Yossl Rakover si rivolge a Dio”, apparso alcuni anni fa presso Adelphi) fu pubblicata nel 1947 a New York e rappresenta il primo tentativo di “narrare” la Shoah.In un mondo ancora pervaso dall’orrore dell’Olocausto, queste pagine scavano con potenza narrativa nelle vite tormentate di coloro che stavano affrontando, sgomenti e increduli, la ferocia nazista, la realtà dei campi di morte e il problema di come resistervi.
Sono pagine piene di sofferenza, di morte, pervase da un’atmosfera surreale dove i protagonisti, figure ricche spiritualmente e delineate con grande incisività dall’autore, esprimono sentimenti forti e si lasciano sopraffare dal dolore e dalla follia. Non sono vincenti da un punto di vista “fisico” perché la loro vittoria, tutta morale, consiste nel prevalere dello spirito sulla barbarie umana. Non si vendicano dei soprusi subiti dai nazisti perché la loro vittoria risiede nella presa di coscienza e nell’accettazione di una identità ebraica di cui sentono orgogliosi.
E’ quindi “la cupa accettazione del fato dell’ebraismo europeo” che emerge nelle parabole di Zvi Kolitz. Nella “Fine di una famiglia” la scelta del medico Bernhard van Merlo di morire nel campo di sterminio racchiude l’identificazione con il destino del suo popolo; in “Ceneri” l’eccessivo amore materno di Rachel Dworkin per il figlio sedicenne la condurrà a distruggere la vita del ragazzo e poi alla follia; in “Sulla strada luminosa” Jacob Rabin dopo la cupa disperazione per la perdita dell’amata intravede una luce dall’abisso della prigione, grazie alla devozione dei suoi compagni.
Costruite intorno a trame piuttosto scarne, con uno stile narrativo esplicito e a volte crudo, queste storie dalle tinte fosche vibrano per la tensione e il senso incombente di tragedia rappresentando un impareggiabile affresco della cultura occidentale, del mondo della Diaspora e di quella immensa tragedia che fu l’Olocausto.Un libro indimenticabile quello di Zvi Kolitz che sa raccontare la forza delle emozioni attraverso la dura concretezza delle parole. Giorgia Greco

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