martedì 6 gennaio 2009

Tel Aviv

Israele pare meno colpito dalla stretta creditizia

La crisi finanziaria attualmente in atto colpisce tutti i paesi attraverso vari canali: nella via più diretta, mediante la stretta creditizia che ha paralizzato i mercati monetari e creditizi, ma anche attraverso i rapporti di esportazione e la perdita di potere d'acquisto. La misura in cui i singoli paesi risentono della crisi varia in modo significativo. Israele potrebbe rivelarsi meno vulnerabile di molti altri paesi.
Rispetto ai paesi con un percorso di sviluppo analogo, la valuta israeliana – lo shekel – ha perso molto meno terreno contro il dollaro a partire dell'acuirsi della crisi creditizia nell'estate 2008. In confronto, rispetto allo shekel le monete di altri mercati emergenti hanno subito contraccolpi molto più marcati a causa del processo forzato di deleveraging in atto a livello mondiale. Per quale motivo? Perché in Israele i mercati azionari e obbligazionari sono sostanzialmente meno esposti agli investitori esteri rispetto ad altri paesi emergenti. Questa dinamica è vantaggiosa in una situazione di incertezza dei mercati finanziari, quando si verifica una generale predilezione per i rispettivi mercati domestici e una conseguente tendenza degli investitori stranieri a liquidare le posizioni estere. Andamento dei cambi. Da un punto di vista economico, la congiuntura israeliana è tuttavia destinata a indebolirsi, passando da ritmi di crescita superiori alla media a un tasso di crescita del prodotto interno lordo (PIL) compreso tra l'1% e il 2% nell'arco dei prossimi 12 mesi. Le esportazioni hanno perso vigore, e questo avrà ripercussioni sull'economia israeliana, piccola e molto aperta, che infatti ha come sbocco USA ed Europa per ben il 63%. Tuttavia, poiché la maggior parte dell'export è costituita da articoli tecnologici di fascia medio-alta, queste merci sono destinate a industrie ancora in piena fase di crescita e non verso i consumatori statunitensi sempre più restii alle spese.
Aggressivi tagli dei tassi La Bank of Israel (BoI), l'istituto centrale del paese, ha inoltre operato aggressivi tagli ai tassi. Al momento della redazione, abbiamo assistito a un altro taglio di 50 punti base, con il tasso di riferimento sceso a un livello del 2,5%. Prima di settembre 2008, le aspettative inflazionistiche erano piuttosto elevate, e di conseguenza la BoI tendeva ad assumere un atteggiamento piuttosto restrittivo. A fronte del pronunciato cambiamento registrato dalle previsioni sull'inflazione e dal significativo rallentamento della crescita globale, la BoI ha reagito prontamente al fine di ridurre il costo del denaro e così rafforzare la capacità dell'economia di affrontare lo scenario congiunturale estremamente difficile. Oltre a questo sostegno sul versante monetario, l'economia del paese sarà sorretta anche da iniziative di politica fiscale. Il livello piuttosto elevato di spesa pubblica presenta sicuramente le potenzialità per contribuire alla rapida efficacia di tali programmi. Il “recupero” spesso menzionato in taluni ambiti delle infrastrutture potrebbe essere in grado non solo di stabilizzare l'economia in un'ottica di lungo periodo, ma anche di supportare la crescita potenziale a lungo termine. Al contempo, la regione si colloca stabilmente al primo posto in vari studi condotti da “Doing Business”, a indicazione di un contesto di business estremamente stimolante. Anche se lo sviluppo economico di Israele non resterà immune alla crisi finanziaria globale, il potenziale di flessione dell'economia locale dovrebbe tuttavia essere limitato dalla concorrenza di fattori quali le condizioni d'affari prevalenti, l'orientamento di mercato e il supporto offerto dalla politica fiscale e monetaria.
Deleveraging globale:A seguito delle ingenti perdite registrate sui principali mercati e alle condizioni sempre più restrittive sulle piazze monetarie, si sono verificati smobilizzi forzati di posizioni aperte a livello globale su tutte le classi di attività. Come diretta conseguenza di questo processo di “deleveraging”, gli operatori di mercato stanno liquidando le loro posizioni nei mercati emergenti, rimpatriando i capitali o utilizzando comunque i proventi delle vendite per coprire i prestiti assunti. Questa dinamica sta creando deflussi notevoli, soprattutto da paesi come Sudafrica, Brasile e molti stati dell'Europa dell'est, che avevano goduto di forti afflussi di portafoglio durante la precedente fase di boom creditizio.22.12.2008, CREDIT SUISSE GROUP

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