mercoledì 11 marzo 2009

Gli occhi dolci del Paese Israele: il controllo della barriera difensiva

La bionda Aylin non toglie mai lo sguardo dal suo monitor, neppure quando qualcuno entra nel loro quartier generale. Lital, giovanissima, appena 18 anni, non si distrae mai, sa che la sua disattenzione può valere la vita di molte persone. Anche Alona, Noga, Hadas, tutte giovanissime soldatesse, visi solari e sempre sorridenti ma consapevoli della responsabilità che hanno. Sono le Tazpitaniot, osservatrici, una unità dell’esercito israeliano composta da sole ragazze: hanno l’importante compito di osservare le immagini delle centinaia di telecamere situate sulla barriera che divide la Cisgiordania e Israele. “Circa un mese fa ho visto sul mio monitor due figure sospette, si sono avvicinati alla barriera per due giorni consecutivi, alla stessa ora e nello stesso punto”, racconta ancora emozionata Aylin, “potevano essere semplicemente cittadini palestinesi che lavoravano il loro campo, ma nell’incertezza ho chiamato la pattuglia che controlla quella zona e hanno trovato in quel punto molte armi, pronte ad essere portate in Israele per un attentato”; Aylin fa un respiro profondo senza mai muovere lo sguardo dal suo monitor e aggiunge: “se non avessi chiamato la pattuglia, quelle armi avrebbero potuto uccidere”. È compito delle Tazpitaniot controllare tutti i movimenti che avvengono nella zona della barriera e che sono ripresi da telecamere, sensori e sistemi di rilevazione termica ad alta tecnologia. Si tratta di controllare ben 670 chilometri di barriera, per lo più in rete, ma con alcuni tratti di muro di cemento. “Il nostro compito è quello di essere gli occhi delle truppe di controllo”, racconta Alona, appena 19 anni, “soprattutto di notte. Le nostre telecamere termiche riescono a vedere tutto ciò che si muove, così possiamo dare precise indicazioni ai soldati”.Le ragazze passano ore ed ore nella loro stanza, senza finestre e affollata di computer, telefoni e ogni mezzo di comunicazione. Per due anni (il periodo di servizio militare obbligatorio per tutte le ragazze israeliane) fanno turni di quattro ore con pause di otto. Sono in tutto poche decine e vengono accettate nell’unità dopo un lunghissimo travaglio di esami scritti e orali. Un solo quadro nella stanza: un collage di fotografe che riprendono solo gli occhi delle ragazze, intitolato Haenaim shel hamedinà, “gli occhi del paese”. “Qui siamo come sorelle” racconta Rotem. “I nostri turni sono di quattro ore, al di fuori di questa stanza non possiamo raccontare a nessuno quello che facciamo e questo ci rende ancora più affiatate”. “Riusciamo a non perder d’occhio i nostri monitor, ma anche a chiacchierare tra di noi di tutto; ci aiuta a mantenerci concentrate” dice Ayalà, “solo le ragazze sono in grado di farlo. Quando l’unità è stata creata (con l’inizio della costruzione della barriera, nel 2002), c’erano anche ragazzi, ma l’esercito si è presto reso conto che solo le banot (ragazze) riuscivano a rimanere concentrate per lunghi periodi davanti ai monitor”. All’improvviso una voce metallica segnala che qualcuno ha toccata la rete del confine. Hadas con la tastiera del computer trova le esatte coordinate, la telecamera mostra in pochi secondi il punto preciso toccato. Per fortuna nulla di grave: un cerbiatto si è semplicemente avvicinato troppo alla rete. Tutte le ragazze tirano un lungo sospiro di sollievo: “meglio così” dice Aylin “non dobbiamo mandare nessuna truppa a controllare”. Mara Vigevani (Tel Aviv) http://www.mosaico-cem.it/

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