sabato 28 marzo 2009

Kinnereth (lago di Tiberiade)

Qui Torino – La figura del rav Dario Disegni Un rabbino italiano protagonista del '900

Ha suscitato grande interesse e successo, la mostra “Una storia del Novecento: il rabbino Dario Disegni” allestita nei locali della Comunità Ebraica di Torino e conclusasi da pochi giorni. L’appassionante impresa di ricostruire la vicenda biografica di questo personaggio centrale dell’ebraismo italiano (nell'immagine mentre conduce la Teffilà dinanzi al Tempio di Torino distrutto dai bombardamenti), condotta da Alberto Cavaglion, Lucetta Levi Momigliano e Isabella Massabò Ricci, unisce molti interessanti percorsi.L'iniziativa ha ripercorso il periodo storico dei conflitti che hanno funestato il ventesimo secolo dalla prospettiva di un rabbino che ha sempre vissuto in prima linea, noncurante delle difficoltà e dei pericoli della missione che si era prefissato.Negli anni della Grande Guerra rav Disegni esercitò il suo magistero ai confini dell’Impero austroungarico, nella Comunità Ebraica di Verona. Rivivere quell’esperienza significa anche approfondire l’approccio del mondo ebraico italiano, da poco emancipato, ai fenomeni di massificazione della società e all’emergere di sentimenti nazionalisti e irredentisti che tanto sconvolsero e dilaniarono il popolo italiano. E' stato così riproposto lo stimolante tema dello scontro tra identità ebraica e sentimento patriottico attraverso il difficile compito del rabbino di guidare tutti i membri della sua comunità sulla strada della coniugazione di queste due istanze.Seguendo gli spostamenti di rav Disegni nel primo trentennio del secolo abbiamo uno scorcio di diverse realtà ebraiche, da Firenze a Bucarest, da Tripoli a Torino.L’avvenimento che segnò più dolorosamente la sua vita è senza dubbio la Seconda Guerra Mondiale, che lo aggredì nei suoi affetti più cari. Ad Auschwitz trovarono la morte sua figlia Annetta e la sua nipotina di otto anni, Sissel.Dalle testimonianze sulla sua attività durante la guerra ci si fa l’idea che il suo grande coraggio sfiorasse i limiti dell’imprudenza, dell’incoscienza. Rimase stoicamente al suo posto e attese con determinazione ai suoi compiti fino all’ultimo. Solo verso la fine del 1943 fu costretto a rifugiarsi nell’Astigiano da una famiglia contadina con cui mantenne sempre un forte legame dettato dal sentimento di riconoscenza.Ma la mostra è stata anche un'occasione per comprendere la rifondazione dell’ebraismo nel dopoguerra, di cui il rabbino Disegni fu un assoluto protagonista. In particolare egli dedicò tutte le sue energie, fino alla fine della sua vita, a due grandi imprese: la costruzione della scuola rabbinica da lui diretta e intitolata al suo maestro Shemuel Margulies e la monumentale opera di traduzione in italiano, tuttora in uso in diverse comunità, dei siddurim per i giorni feriali, lo Shabbat, le festività, e dell’intero codice biblico (Tanach).La scuola rabbinica Margulies - Disegni rappresenta un vivaio di maestri dell’ebraismo italiano. Ed è stato uno di quei casi in cui non sono gli allievi ad andare a scuola, ma la scuola va dagli allievi. Rav Disegni ha portato avanti un’instancabile ricerca lungo tutto il bacino Mediterraneo di giovani promettenti cui far intraprendere studi ebraici. Era determinato a formare un’adeguata classe rabbinica per le generazioni avvenire.Ma l’impegno costante dei suoi ultimi anni fu dedicato tutto, con inarrestabile caparbia anche in età avanzata, a donare agli ebrei italiani la possibilità di seguire e comprendere le tefillot e la lettura della Torà. Qui esercitò massimamente le sue indubbie doti di organizzatore, radunò schiere di rabbini, traduttori e collaboratori, finanziatori, editori…Quest’impresa senza precedenti fu possibile solo grazie alla presenza, in una sola grande personalità, di una vastissima cultura ebraica e umanistica, rare capacità pratico-organizzative, attivismo incrollabile, comprensione umana delle esigenze di una comunità, quella italiana, decimata dalla guerra e sempre più distante, e forse anche quel pizzico d’incoscienza con cui sdegnava le obiettive difficoltà (economiche, di salute) cui andava incontro.La mostra è stata utile anche a raccontare l’affascinante vicenda umana, il ritratto di una personalità unica, del suo pensiero, della sua concezione dell’ebraismo. La sua fu una vita per l’ebraismo e per la sua gente, dominata, come racconta il rav Giuseppe Laras, uno dei suoi allievi, dall’”imperativo morale e l’impegno costante di diffondere la Torà e avvicinare alle fonti dell’ebraismo i fratelli più lontani”.La sua immagine austera (rimangono impressi i suoi modi burberi e sbrigativi, la sua statura, il suo abito scuro, che vestiva con un immancabile cappello a tesa larga) nascondeva in realtà sentimenti di affetto molto profondo e di vicinanza umana nei confronti dei suoi allievi e di tutte le famiglie della sua comunità, che si studiava di conoscere e seguire personalmente.Erano qualità, le sue, non facili da trovare anche nella maggiori figure del rabbinato, non solo per le conoscenze che possedeva, ma anche per l'apertura verso le frange più distanti del mondo ebraico e verso l’esterno. Fu lui, per esempio, a caldeggiare l’apertura della scuola ebraica di Torino ai non ebrei, caratteristica che rende l'istituto torinese un esempio raro in Europa, perché aveva ben compreso il valore del dialogo e della collaborazione interreligiosa nella costruzione di una mentalità collettiva della tolleranza, perché considerava nefasto l’isolamento anche quando non è coatto.“È importante lo studio che conduce all’azione pratica” fu la massima su cui impostò la sua vita e il suo magistero. La sapienza e le idee che lo caratterizzavano avevano valore solo in quanto base teorica di un’applicazione concreta del suo senso etico. Dice di lui un altro suo ben noto allievo, il rav Luciano Caro: “La coscienza profonda che nasceva dalla sua vocazione di maestro lo guidò nella sua azione di organizzatore, di suscitatore di sempre nuove imprese”.Questo incessante dinamismo, insieme ad una fede genuina e profonda, e a una ferrea moralità, forse fu il rifugio dalla disperazione e l’annichilimento in cui avrebbe potuto gettarlo la tragedia della perdita della figlia e della nipote.La mostra è servita a comprendere quanto l’ebraismo italiano sia debitore nei confronti di questo personaggio, la cui attività, condotta al di fuori di gesti eclatanti, ha lasciato una traccia profonda in chi l’ha conosciuto e indirettamente nelle generazioni successive.
Manuel Disegni , http://www.moked.it/

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