venerdì 13 marzo 2009

Nell’inferno sovietico


di Irena Moczulska, Zane Editrice Euro 20,00
Se la storiografia sui lager nazisti è ampia e numerosi sono i saggi e le memorie dei sopravvissuti che raccontano l’indicibile tragedia del popolo ebraico non si può dire lo stesso per la produzione letteraria sugli strumenti di potere utilizzati dal totalitarismo sovietico: i gulagLa tremenda realtà dei gulag sovietici, rivelata in occidente per primo da Solgenitsin come aberrante fenomeno dell’epoca staliniana si è andata rivelando nella sua vasta dimensione di tragedia umana da un paio di decenni a questa parte, anche a seguito delle aperture democratiche, attraverso le memorie dei sopravvissuti, storie intense di vita vissuta.In questo filone si colloca lo straordinario libro di memorie di Irena Moczulska che, grazie all’efficace traduzione di Augusto Fonseca, giunge al pubblico italiano come un nuovo tassello, un prezioso frammento nella conoscenza di un periodo storico caratterizzato dal genocidio rosso-sovietico ancora poco conosciuto.“Nell’inferno sovietico” ripercorre con una prosa scorrevole e coinvolgente la vita di Irena Moczulska dal maggio del 1939, quando nel cortile del ginnasio-liceo Pilsudski ritira il diploma di maturità liceale, al suo ritorno nell’amata Polonia dopo i duri anni trascorsi come deportata nel Kazakistàn.Dopo la stupenda descrizione della città di Pinsk “scrigno dei miei anni più belli”, e della rigogliosa natura che la circonda e dopo il ricordo struggente degli adorati professori – l’insegnante di canto Witezak, quello di biologia Tadeusz Srela, il sacerdote Don Szczerbicki, uomo di grande umanità e attivo nell’Associazione Scout Polacchi – l’autrice in un crescendo di emozioni ci conduce nel vortice della guerra e della deportazione.
Il 17 settembre 1939 segna l’avvento dell’era comunista in Polonia: Irena Moczulska, insieme ad altri giovani, entra a far parte di un’organizzazione clandestina chiamata Pow allo scopo di lottare contro l’occupazione sovietica.Per questa sua appartenenza viene arrestata nel febbraio 1940 e senza alcun processo deportata in un campo di concentramento nel Kazakistàn settentrionale.
Per Irena Moczulska inizia un inferno che durerà sei lunghi anni descritto nei particolari più duri, restituendoci l’orrore della vita carceraria con la sporcizia, le sevizie e lo squallore quotidiano prima nel carcere di Pinsk, poi in quello di Minsk, “il vecchio castellaccio di Sapieha” dove spesso sarà costretta a vivere in isolamento nelle celle di rigore della torre.E ancora la descrizione del viaggio verso Dolinka che durerà più di tre settimane “rinchiusi in carri bestiame” in una lotta quotidiana per “non perdere la dignità di persone, per non finire come gli animali” colpisce per l’intensità emotiva e per la crudeltà degli aguzzini ma anche per la forza d’animo che Irena ha sempre conservato anche nei momenti più difficili.Il libro è arricchito dalla presenza di personaggi indimenticabili, Ingusci, ebrei, russi e polacchi, che accompagnano Irena, la madre e la sorella condividendone le disavventure negli anni della deportazione: ad ognuno di loro l’autrice dà voce rendendoli in tal modo immortali.Non mancano il freddo, la fame e le malattie ma anche gli strenui tentativi di Irena di affrontare ciò che la vita le riserva con coraggio e con quella fede radicata in Dio che testimoniano l’alta figura morale di questa giovane donna.
Dopo l’amnistia concessa ai cittadini polacchi in Russia che permette a Irena Moczulska di tornare in patria si aprono nuovi orizzonti di speranza.Tuttavia la strada che porterà l’autrice a Wroclaw e a ricostruirsi una vita normale passerà ancora attraverso mille peripezie che non sveliamo ai lettori per non privarlo del piacere di una lettura affascinante e terribile al contempo.
Una bellissima immagine delle gemelline di Irena con il vestito da ballerina, in occasione di un saggio di fine anno della scuola, al termine del libro racchiude ancor più di qualsiasi parola il messaggio di speranza, di amore e di fiducia nella vita che l’autrice con grande sapienza narrativa e intensità emotiva ha saputo trasmetterci.E’ un libro che merita di essere conosciuto e al quale le nuove generazioni dovrebbero accostarsi con rispetto per cogliere il valore di una testimonianza unica perché ogni uomo è unico nella sofferenza che ha vissuto e che gli ha forgiato la vita.Consiglio la lettura del libro di Irena Moczulska per non dimenticare mai che “è in gioco la memoria del mondo, è in gioco il ricordo che sapremo o non sapremo trasmettere alle giovani generazioni e a quelle che verranno, è in gioco il rispetto dei milioni di persone che finirono là, subirono i maltrattamenti più bestiali e furono assassinati. Salvare la Memoria è un dovere e responsabilità di ciascuno di noi” (Boris Pahor). Giorgia Greco

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