domenica 15 marzo 2009

Valzer con Bashir


Nna testimonianza fatta di ritegno e non con sdegno I principali disturbi prodotti dal disturbo post traumatico da stress sono, tra gli altri, incubi che fanno rivivere i momenti che hanno generato il trauma stesso, oppure amnesie, cioè quando si dimenticano quei momenti.Boaz Rein ha incubi, sogni i cani che abbatteva quando nel Libano le truppe israeliane cercavano i terroristi palestinesi. Boaz non era capace di sparare alla gente, così il suo compito era sparare ai cani prima che segnalassero il loro arrivo abbaiando. Ma l’interlocutore di Boaz è Ari Folman che da vent’anni non ricorda nulla di quei giorni a Shabra e Shatila. Attraverso una indagine che si profila a binari multipli: su se stesso e sui compagni d’armi, sulla prima guerra del Libano, sui sentimenti, Ari riesce a ricostruire nella sua mente un percorso mnemonico che lo conduce a quel momento che causò lo stress.Il percorso non può partire se non da chi ha le sapienza per spiegare cosa può essergli successo: uno psicologo. La ricerca parte da un indizio ed è Ori che gli suggerisce il primo passo, e così passo dopo passo, esperienza dopo esperienza di chi ha combattuto in Libano, Ari rivive la guerra. Non solo la sua, ma anche quella di altri soldati, che gli raccontano la loro esperienza. Ecco che si forma il binario del racconto della guerra del Libano. Vediamo i soldati nelle loro azioni più disparate da lavarsi i denti a combattere. Significativa la scena di un ex-carrista, mentre racconta, cammina sui luoghi degli stessi racconti.Con la memoria si associano sempre parole che intendono il movimento, ecco perché questa scena come tutto Valzer con Bashir è un atto mnemonico di grande effetto. Gli autori camminano, i personaggi, i lettori, camminano, tutti camminiamo verso una destinazione della nostra mente dove sono stati nascosti i ricordi che ci hanno sconvolto. È inevitabilmente anche una soluzione narrativa che permette agli autori di raccontarci la guerra cercando di dare una testimonianza con “ritegno” piuttosto che con “sdegno”, come Primo Levi spiegava in una intervista rilasciata a Marco Vigevani diversi anni fa. “È più efficace una testimonianza fatta con ritegno che una fatta con sdegno: lo sdegno dev’essere del lettore, non dell’autore e non è detto che lo sdegno dell’autore diventi sdegno del lettore. Io ho voluto fornire al lettore la materia prima per il suo sdegno.” (Bollettino della Comunità Israelitica di Milano, XL, 5 maggio 1984).Anche se il percorso principale del fumetto rimane la ricerca della memoria perduta di Ari, dalla seconda parte della storia in poi, c’è una impietosa descrizione degli orrori della guerra. Cambia anche il montaggio del fumetto stesso. A un tratto gli ex-combattenti che intervista Ari sono senza sfondo, senza definizione del luogo dove avvengono. La narrazione si fa fitta, intensa. E non è più possibile frenare l’orrore di quelle scene, tutto si fa nero, i testimoni parlano come se fossero davanti a un giornalista. I fatti riaccadono ancora una volta e non possono essere fermati, finché la violenza della shock si concretizza nell’unica forma di rappresentazione che incornicia la realtà in una forma immobile, precisa, immutabile. La fotografia. “È stato” avrebbe detto Barthes, segnando una drammaticità a cui ci si può opporre solo con l’oblio oppure con un processo di catarsi che permette di far propria l’esperienza, di viverla dentro di noi. Il fumetto in questo caso è una forma efficace per coinvolgere il lettore: “l’intimità del fumetto conduce la vicenda in un luogo che il cinema non può raggiungere. I fumetti coinvolgono il lettore, lo trasformano in una parte del meccanismo.” (Intervista con David Polonsky in coda all’edizione italiana)Questo processo non può avvenire se non esiste una solida sceneggiatura, un disegno fortemente realistico dettato dall’esperienza dell’animazione di Polonsky e dall’uso del computer per lavorare le tavole e dare loro effetti di forti contrasti tra i colori e le ombre. La linea di Polonksy lascia sempre perplessi: sono nella realtà o in un ricordo. Proprio questa incertezza non può che risolversi con le fotografie del massacro di Shabra e Shatila, perché la fotografia rappresenta ciò che è stato realmente.L’edizione italiana è accompagnata da una intervista al disegnatore David Polonsky dove l’autore spiega i vari processi produttivi, i cambi di paradigma dall’animazione al fumetto.Finita la lettura di Valzer con Bashir non si avrà una maggiore consapevolezza di quali siano le responsabilità, tranne quelle dirette dei cristiano-falangisti. Ari Forman riporta sul personaggio stesso i sensi di colpa, il dolore, il trauma di aver fatto parte involontariamente di un fatto così orribile. Ognuno in base alle proprie idee, cultura, senso di appartenenza troverà quello sdegno che non può che essere suscitato dalla morte di un essere umano.
Andrea Grilli, http://www.moked.it/

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