mercoledì 28 ottobre 2009

Dalia Sofer

L’esilio degli ebrei d’Iran dalla voce di Dalia Sofer al Festival della Letteratura Ebraica

La terza giornata di incontri del Festival affronta il tema della Memoria. Il primo degli eventi in programma è dedicato agli studenti delle scuole romane, che partecipano con grande coinvolgimento (quasi cinquecento i ragazzi presenti). Alla presenza di Giulia Rodano, assessore alle politiche culturali della Regione Lazio, e Rav Benedetto Carucci Viterbi, direttore Scuole Ebraiche di Roma, Alberto Sed, uno dei pochi italiani sopravvissuti ad Auschwitz, racconta la sua incredibile e toccante storia, che ha come effetto quello di commuovere la platea. Una copia del libro “Sono stato un numero, Alberto Sed racconta”, scritto da Roberto Riccardi ed edito da La Giuntina, viene regalata a tutti i presenti a suggello di questa intensa giornata, nella quale si ricordano anche le figure di quattro Giusti tra le Nazioni romani, persone che misero a repentaglio la propria vita pur di salvare degli ebrei dalla furia nazista.Altro momento estremamente suggestivo della giornata di ieri, la piece teatrale “Lo zio Arturo”, scritta dal’israeliano Daniel Horowitz e messa in scena dal bravissimo Mauro Marino. “Lo zio Arturo” è un monologo estremamente efficace, che affronta il tema del muro dell’incomunicabilità che spesso rappresenta un ostacolo insormontabile da superare per chi cerca di parlare di Auschwitz e dei campi di sterminio a chi in quei luoghi non c’è mai stato. Un compito, quello di trasmettere il significato della Shoah, che dovrà basarsi sempre più su questo genere di rappresentazioni, considerato che, prima o poi, si dovrà necessariamente fare i conti con la scomparsa degli ultimi testimoni. Di questa forma di comunicazione Marino è un interprete straordinario e cinque minuti di applausi ininterrotti stanno a dimostrarlo.Si è parlato tanto di Shoah, come detto, ma grande spazio è stato dedicato anche alle vicende iraniane. Ad affrontare questa delicatissima tematica la scrittrice Dalia Sofer, che si inserisce a pieno titolo nel fertile filone di letterati iraniani tanto amati dai lettori occidentali. Ma Dalia Sofer intervistata dalla giornalista Susanna Nirenstein, ha una caratteristica che la rende ancora più “interessante” dei suoi colleghi, il fatto di essere ebrea. Così, l’incontro di ieri, diventa una proficua occasione per parlare del suo libro “La città delle rose” (che il New York Times ha classificato tra i cento libri più significativi del 2007).Un romanzo autobiografico (anche se i personaggi del libro sono inventati), che parla della difficile situazione di una famiglia ebraica iraniana negli anni della sanguinosa rivoluzione khomeinista. Adam Smulevich http://www.moked.it/

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