martedì 3 novembre 2009

galleria del ghiaccio in Eilat

Reality Gay? In Israele, un successo In TV il Social-reality più anti-tradizionale e disinibito del mondo

Irtit Rozenblum, avvocato e creatrice dell’organizzazione “Mishpahà Hadashà”, “Nuova famiglia” ha vinto l’importante premio internazionale Innovaction, per la sua lotta a favore delle coppie omosessuali in campo legale. In Israele non esiste più il giorno del papà o della mamma, ma il giorno della famiglia, in cui in tutte le scuole e asili si parla di tutti i tipi di famiglie. Anche il cinema israeliano, ormai di grande successo ai Festival internazionali, parla spesso della realtà gay. Nelle opere di Eytan Fox, tra i più importanti registi israeliani e riconosciuto internazionalmente, emerge come si viva oggi l’omosessualità in Israele: in modo aperto ma non troppo. Essere gay nel Paese oggi significa far parte di una comunità organizzata e articolata ma senza una bandiera arcobaleno da esibire a tutti i costi. Infatti nella vita militare, così importante nella società israeliana, l’amore gay è avvolto dal pudore. Anche in tv, la presenza della realtà gay è sempre più capillare e “normalizzata”: in ogni reality, talk show, serial televisivo e altro appare sempre il personaggio “diverso” (la famiglia omosessuale, il figlio della banca del seme, la donna che decide di crescere i suoi figli da sola...). E sempre più di frequente i tribunali israeliani accettano adozioni da parte di coppie gay, composte da due padri o due madri.Per tutti questi motivi la produzione della serie televisiva Ima Mahlifa, “Scambio di mamme”, ha deciso di inaugurare la prima puntata del reality con la famiglia Chesir-Teran: ovvero due papà molto religiosi, con tanto di kippà, tzitzit, shomrei Shabbat e i loro tre figli adottivi afro-americani, Eli di 6 anni, Yonah di 4 e Tamar di due anni (nella foto). Prodotto per la tv israeliana utilizzando famiglie sia americane che sabra, il format ha subito avuto un successo stellare. In onda la quotidianità di una quasi tipica famiglia ebraica della periferia di New York: Daniel è psicologo e si occupa di bambini, Yan studia per diventare rabbino al Jewish Theological Seminar di New York. Scambio di mamme, dicevamo: per otto giorni il newyorkese Yan ha scambiato la propria vita con quella di Dina in un kibbutz del Golan; e Dina, a sua volta, (conosciuta in famiglia per la sua omofobia) è stata catapultata nella villetta della simpatica famiglia gay nel New Jersey. Yan racconta di aver accettato di partecipare al reality perché gli stava a cuore far conoscere al pubblico israeliano quanto la loro vita non abbia nulla di diverso da quella di una qualsiasi altra famiglia ebraico ortodossa: Shabbat tutti insieme, accensione delle candele, il Talmud Torah, ma anche le difficoltà di ogni coppia con tre bambini piccoli. Ma i gay non sono solo al centro di questo reality: anche un film discute per la prima volta con franchezza il dramma della omosessualità negli ambienti religiosi ebraici. Occhi aperti è da settembre nelle sale cinematografiche israeliane. Il film ha già fatto il giro delle yeshivot e le anonime reazioni sui forum non sono tardate: qualcuno nega, altri descrivono fenomeni di massa, ma sono tutti d’accordo che è stato un bene sconfiggere, per una volta, le ipocrisie e mettere le carte in tavola.Mara Vigevani http://www.mosaico-cem.it/

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