domenica 22 novembre 2009


a tavola in kibbutz

Maschere antigas agli israeliani Non può diventare un’abitudine

È normale che un paese democratico e pacifico come Israele debba rifornire i propri cittadini di maschere antigas, nel timore che il paese possa venire colpito da missili a testata chimica? Certo che non lo è, eppure il fatto che succeda in Israele non fa notizia, in fondo non è mica uno stato europeo, perché allora sì che farebbe impressione, come quando vediamo certi film ambientati a Londra durante in bombardamenti nazisti, con i poveri inglesi che girano per le strade con il volto ficcato dentro ad una angosciante maschera antigas. Con Saddam Hussein era già successo, i suoi missili a testata chimica erano arrivati a colpire persino Tel Aviv, tanto che da allora tutte la case in costruzione devono prevedere in ogni appartamento una camera sigillata, nella quale potersi rifugiare in caso di attacco. Chi non ce l’ha, quando suona “zeva adom”, la sirena che annuncia l’arrivo del missile, si infila la maschera e corre al più vicino rifugio. Come è capitato a chi scrive, quando seguivo per Libero la guerra di Hezbollah, dalle postazioni in Libano contro il nord d’Israele. La chiamate una vita normale questa? Eppure il prossimo mese di gennaio il Servizio Postale di Stato israeliano provvederà a consegnare a sette milioni di cittadini altrettante maschere antigas, migliorate rispetto al modello precedente in uso tre anni prima, nel caso in cui dovessero servire di nuovo. Sarà un servizio porta a porta, con un incaricato che ne spiegherà il funzionamento, e ad ogni famiglia verrà chiesto il pagamento pro-forma di circa 20 shekel (5 euro), come ha informato il Ministero della Difesa. Una situazione paradossale, nella quale si trova un paese il cui destino, da sempre, è quello essere attaccato, condannato dagli organismi internazionali se si difende, esecrato se si permette di vincere. Ogni occasione è buona, persino la lontana Cina, mentre il mondo evita di pronunciarsi sulle sue violazioni dei diritti umani - e Obama rifiuta di incontrare il Dalai Lama a Washington per mantenere buoni i rapporti, incurante se vengono massacrati i tibetani - pure la Cina non perde occasione di allinearsi con tutti quei governi che hanno nei giorni scorsi condannato Israele per la costruzione di nuovi edifici in un quartiere di Gerusalemme, Ghilò, che viene definito come situato nella parte est della città, quando chiunque ci sia stato sa benissimo che è un normale nuovo quartiere della capitale, che ha tutto il diritto di espandersi, come ogni città di questo mondo, e lo fa costruendo dove non ci sono zone abitate da arabi. I quali, a Gerusalemme est, come nei villaggi limitrofi, hanno diritto a costruire nuove case, fatto salvo il rispetto dei vincoli urbani, che vanno seguiti indipendentemente dall’appartenenza religiosa o etnica. Mentre a Gaza continua l’enorme mistificazione, ben gestita dagli attivisti pacifisti europei che vanno in cerca di facile pubblicità, eroi per un giorno, fieri di essersi sentiti “scudi umani” in difesa di una popolazione che invece continua ad essere oppressa da Hamas, che non ha peraltro mai smesso di lanciare missili sulle città di frontiera israeliane, come è successo ancora l'altra notte. In questa situazione, Bibi Netanyahu mantiene i nervi saldi, sempre pronto a riprendere con Abu Mazen il progetto due stati per due popoli, sempre che lo voglia ancora la controparte, come sono di grande apertura le conversazioni con Obama. Se poi all’interno del governo, per esempio Benyamin Ben Eliezer, ministro dell’industria oggi, ma negli anni 2001-2002 ministro della difesa, quindi uno che sa di cosa parla, dichiara al quotidiano Maariv «se l’Iran diventerà una potenza nucleare, Israele non resterà passivo, ma avrà la capacità di un attacco immediato alle sue infrastrutture nucleari», lo scenario prossimo venturo è già delineato. Vedremo se Israele sarà lasciato solo, a difendere se stesso, ma anche la società occidentale nel suo complesso, malgrado l’obietto Iran sia condiviso persino da buona parte degli stati musulmani della regione, e, soprattutto, se Obama non si sarà stufato dei continui insuccesi internazionali che continua ad accumulare. 20/11/09, http://www.libero-news.it/

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