domenica 22 novembre 2009
Yuri Foreman
Yuri Foreman: campione del mondo e futuro rabbino
Il pugilato è uno sport per immigrati, per uomini duri che devono sbarcare il lunario. Per questo era lo sport degli ebrei americani. Prima della Seconda Guerra Mondiale, c’era un bel gruppo di grandi boxeurs ebrei, come Benny Leonard, Barney Ross e Maxie Rosenbloom. Ai giorni nostri, gli ebrei della Boxe sono generalmente i manager.Tuttavia, siamo testimoni di un piccolo rinascimento. Pensiamo soltanto al moldavo ora americano Roman Greenberg e a Dimitry Salita, nato in Ucraina, che combatterà per il titolo welterweight contro il britannico Amir Khan il 5 Dicembre. E c’è l’amico di Salita, Yuri Foreman, israeliano nato in Bielorussia e futuro rabbino che, nella notte di sabato scorso a Las Vegas, ha battuto Daniel Santos vincendo il titolo super welterweight della World Boxing Association. L’incontro si è rivelato una grande opportunità per Foreman. Il match Foreman-Santos, infatti, ha preceduto il più grande evento pugilistico a pagamento dell’anno, Manny Pacquaio contro Miguel Cotto. In palio il WBO welterweight. La vittoria di Foreman può diventare un’occasione per far salire le sue quotazioni e, forse, anche per cambiare la percezione che alcune persone hanno di lui.Foreman riceve l’attenzione della stampa più per i suoi studi rabbinici che per le sue imprese sul ring. Anche se è imbattuto da 28 incontri gli addetti lo considerano noioso da vedere, perché generalmente vince ai punti piuttosto che con un bel KO. Nella settimana precedente all’evento, i siti di box sul web erano pieni di triti commenti su quanto noioso sarebbe stato l’incontro Foreman-Santos. Io, invece, ho sempre pensato che sarebbe stato un bel match. Mi chiedevo come un tattico, Foreman, si sarebbe comportato con Santos, un mancino che sa picchiare. La mia idea era che Foreman avrebbe potuto gestire Santos, che era più vecchio e non aveva combattuto da un anno.Naturalmente, Foreman-Santos non era l’incontro che orde di tifosi avevano invaso Las Vegas per vedere. Così, quella notte, mi sono sentito un po’ solo mentre mi incamminavo verso la MGM Gran Garden Arena. E non perché tutti, lungo la via, erano ubriachi, tranne me. Spingendomi attraverso la folla, vedevo dozzine di bandiere Filippine (per Pacquaio) e Portoricane (per Cotto). Era lo stesso lungo i corridoi labirintici dell’MGM Grand Hotel e del casinò: tifosi di Pacquaio e Cotto erano raggruppati all’entrata dell’arena, sventolando le loro bandiere e inneggiando ai loro eroi. L’entusiasmo era dilagante, e il mio orgoglio ebraico mi faceva immaginare che quell’entusiasmo fosse per Foreman.Dentro l’arena, gli unici ebrei visibili erano i sempre presenti gran signori della boxe e un paio di ragazzi che lavoravano per le pubbliche relazioni. Non c’era neanche un giornalista di Haaretz, cosa che sorprende considerato il seguito che Foreman ha in Israele.Forse ci sarebbe stata qualche presenza ebraica in più se l’incontro fosse avvenuto sulla East Coast. O se Foreman avesse picchiato di più. È intrigante che tra gli appassionati di boxe l’ebraismo di Foreman non sia un argomento d’interesse. I suoi tifosi lo amano per la sua tecnica mentre i suoi detrattori trovano quella tecnica noiosa. Lui è un pugile, non un combattente, e nessuna formazione rabbinica renderà questo fatto più interessante per un tifoso che vuole vedere qualcuno stendere al tappeto il suo avversario.Secondo uno degli uomini della sicurezza erano più di 15000 i biglietti venduti, ma quasi la metà dei posti era vuota quando Foreman ha fatto il suo ingresso, anche se nella zona stampa c’erano abbastanza giornalisti. Molti, però, non sembravano tali, come il trio di spagnoli vicino a me. Per prima cosa erano vestiti troppo bene; secondo, non stavano prendendo note, a meno che, i messaggi che stavano scrivendo ai loro amici non fossero in verità indirizzati alla redazione sportiva de El Paìs. Forse erano dei marranos.Gli attimi prima dell’incontro possono rivelarsi strani. Foreman e il suo entourage entrano nell’arena con, in sottofondo, una canzone molto heavy metal accompagnata dal suono dello shofar. A questa segue una salsa superveloce per l’entrata di Santos e i suoi. Entrambi i gruppi sfilano intorno al ring: mentre Foreman scioglie un accappatoio bianco, Santos ha un mantello a collo alto con un cappuccio a punta. Una gigantesca bandiera israeliana viene sventolata ma gli spettatori rispondono con indifferenza; una più piccola bandiera portoricana appare e i tifosi di Cotto esultano. L’intera faccenda mi rende impaziente. Finalmente il presentatore, il veterano Michael Buffer, urla i nomi dei due pugili, il ring è liberato e l’incontro può iniziare.Per gran parte del primo round entrambi i boxeurs si mostrano cauti, specialmente Foreman, che gira in senso orario, tenendosi a distanza dal sinistro pericoloso di Santos. Hanno lo stesso peso, ma Foreman sembra più snello e veloce. Santos riesce a tirare un paio di sinistri prima del suono della campana. Ma nel secondo round è più lento, inconsistente (“Que pasa, Santos?” grida qualcuno). Poi Foreman colpisce Santos con un gancio sulla testa. Lui si rialza ma il colpo mette Foreman in buona posizione. Si scambiano colpi a vicenda: spesso Foreman avanza per colpire e tornare subito indietro, ogni volta che Santos glielo permette.Nei primi cinque round, Foreman è in vantaggio ai punti. Un match dove combatte meglio dell’avversario, con l’eccezione del terzo round, quando Santos colpisce Foreman sulla faccia con un diretto. Me l’ero perso perché avevo davanti la schiena tatuata di Santos. Ho visto solamente Foreman barcollare, come se fosse inciampato sulla strada e poi avesse riacquistato l’equilibrio. Ecco la differenza tra vedere un incontro in TV e vederne uno dal vivo: essere lì vuol dire essere pronti a perdersi qualcosa. Ma anche a fare certe considerazioni. Le facce dei pugili diventano sempre più piatte, round dopo round; senti il colpo del guanto sulla pelle; Foreman ha un grosso taglio sopra l’occhio sinistro e il sangue scende copioso. Come sempre è tutto spaventoso ed eccitante allo stesso tempo.Foreman è ferito per primo ma io provo pietà per Santos. Negli intervalli tra i round la sua faccia sul maxi schermo sembra quella di un uomo che ha perduto il cane, specialmente dopo essere andato sotto di nuovo nel sesto round. Apparentemente è scivolato. Ma è messo giù di nuovo nel settimo. E ancora mi perdo il colpo, perché uno degli spagnoli si mette davanti a me. Non sono sicuro che abbia capito come l’ho apostrofato ma di sicuro ha compreso il messaggio ed è stato lontano da me per tutto il resto dell’incontro.L’ultima azione di Santos arriva nel nono round, tre colpi rapidi e impressionanti. Il decimo e l’undicesimo sono tutti di Foreman. Il suo destro, le combinazioni e le gambe continuano a muoversi veloci. Nel dodicesimo entrambe le facce sono sanguinanti: ai colpi seguono i clinch e poi di nuovo i colpi, mentre una mezza dozzina di persone in coro cantano “Yuri, Yuri, Yuri”. Quindi, forse c’erano degli ebrei tra il pubblico!Un sinistro di Foreman stende Santos per l’ultima volta: la campana suona e Foreman si arrampica sulle corde, il pugno alzato, e il ring pieno della solita mischia del dopo - incontro. Sventola una bandiera israeliana e Buffer annuncia che il verdetto è unanimemente a favore di Foreman, il primo israeliano campione del mondo. Adesso sento un ruggito dalla folla, o forse viene solo da me, che grido e mando via gli ultimi rimasugli di obbiettività giornalistica.Gordon Haber, The Forward(versione italiana di Rocco Giansante)http://www.moked.it/
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