martedì 22 dicembre 2009



Gerusalemme - Santo Sepolcro

Pio XII, Israele: «Il Vaticano apra gli archivi, gli storici devono poter giudicare »

di Eric Salerno, http://www.ilmessaggero.it/
ROMA (21 dicembre) - L’avvicinarsi del Natale e i preparativi per le cerimonie a Betlemme dove è previsto l’arrivo di decina di migliaia di pellegrini che dovranno attraversare il Muro eretto da Israele, vede accentuarsi le polemiche tra il mondo ebraico da una parte e il Vaticano dall’altra. Sono anni che i governi israeliani e la Santa Sede tentano invano di raggiungere un accordo sulle questioni concernenti le proprietà economiche e fiscali della Chiesa nel territorio israeliano, a Gerusalemme e nelle zone occupate illegalmente dopo la guerra del 1967.A rendere più cupo il clima è venuto il riconoscimento di «virtù eroiche» a papa Pacelli da Benedetto XVI. In Israele, a livello popolare l’atto che fa parte del processo di canonizzazione di Pio XII non ha suscitato grande interesse. I media si sono limitati a riprendere qualche dichiarazione riguardo il dibattito storico sul comportamento del pontefice di fronte agli orrori dell’Olocausto. Se si vuole chiudere la polemica, sottolineano gli storici non soltanto ebrei, è indispensabile poter accedere agli archivi della Santa Sede.Israele «non intende interferire» nel processo di canonizzazione perché «è un affare interno della Chiesa cattolica», ma questo non significa che si può restare in silenzio di fronte al sospetto ben motivato che Pio XII non abbia fatto abbastanza quando fu informato di ciò che stava accadendo nella Germania nazista. Il portavoce del ministero degli Esteri Ygal Palmor ha esposto con chiarezza la posizione del suo governo: «Crediamo che gli storici debbano essere in grado di determinare e valutare il significato della sua azione nel contesto dei tempi. E per questo riteniamo di vitale importanza per il Vaticano consentire l’accesso agli archivi». Non è la prima volta che questa richiesta viene avanzata senza essere accolta.Sulla base degli elementi finora raccolti, gli storici di Yad Vashem (il memoriale all’Olocausto di Gerusalemme) sono convinti che già verso la fine del 1941 il Vaticano fu informato delle uccisioni sistematiche di ebrei e che nel marzo 1942 il papa non agì in alcun modo per impedire la deportazione ad Auschwitz degli ebrei della Slovacchia. Pio XII si sarebbe limitato a denunciare gli orrori della guerra «in maniera laconica», per usare una frase del direttore di Yad Vashem, evitando di condannare la Germania nazista. La giustificazione della Santa Sede, più volte ripetuta, è che il pontefice mantenendo una linea non troppo critica nei confronti di Hitler è riuscito a evitare che l’Olocausto si estendesse ai cattolici europei.Nel corso di un recente seminario, esperti di Yad Vashem e dello Studium Theologicum Salesianum erano apparsi concordi nel sollecitare la declassificazione degli archivi vaticani. E per la parte ebraica sarebbe stato più giusto sospendere il processo di canonizzazione in attesa di fare luce sulle vicende di quegli anni. «Mentre il processo di beatificazione è una questione interna della Chiesa - ribadisce ora la portavoce del memoriale Iris Rosenberg - noi avevamo inteso che in questa occasione la Chiesa si sarebbe astenuta dal compiere nuovi passi fino all’apertura degli archivi ed è, dunque, spiacevole che il Vaticano abbia scelto di agire prima che tutti i documenti essenziali siano stati messi a disposizione dei ricercatori».

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