Basilica di San Pietro
In ambito cattolico, non sono ancora molti, purtroppo, coloro che si rendono conto di quale sia la reale necessità del concreto dialogo tra Ebrei e Cristiani. Alcuni vedono nella conoscenza dell´Ebraismo una sorta di "archeologia" del Cristianesimo: ne fanno oggetto di studio amoroso e di immensa stima; giudicano tale conoscenza imprescindibile per la comprensione della fede cristiana dal punto di vista delle sue origini, utilissima per la preghiera e la riflessione sulla Scrittura, ma non sempre comprendono che essa è assolutamente irrinunciabile per la vita cristiana di tutti i giorni la nostra, oggi, anche nella nostra città. Degli Ebrei, spesso, parlano con ammirazione, ma al passato: "gli Ebrei dicevano, facevano, credevano, celebravano...". Eppure, gli Ebrei sono vivi e presenti: è con loro che possiamo parlare, qui e oggi. Altri sembrano perdersi d´animo di fronte alle difficoltà del cammino; altri ancora pensano che siano gli Ebrei, alla fine, a essere un po´ troppo suscettibili, poco disposti come sono a tollerare alcune formulazioni delle preghiere dei nostri messali e il decreto sulle virtù eroiche di papa Pio XII, il cui operato è oggetto di contrastanti valutazioni storiche.Non è solo la conoscenza della storia, della tradizione, della lingua e della cultura ebraiche ad essere vitale e imprescindibile per noi cattolici veronesi: piuttosto, è il rapporto con la comunità ebraica di Verona, la vicinanza rispettosa e discreta alla sua vita, la stima verso i suoi membri e i suoi rappresentanti, a essere una necessità assoluta e irrinunciabile.Gesù, ebreo, figlio di Myriyam di Nazareth, discendente di Davide, secondo le parole di Saulo di Tarso (anch´egli "ebreo figlio di ebrei"), "ha abbattuto il muro dell´inimicizia e ha fatto dei due un popolo solo": di noi, "che eravamo i lontani", ha fatto "i vicini" al cuore di Dio. La Promessa si è compiuta in Lui, e non è mai stata revocata, come ha affermato più volte a chiare lettere Giovanni Paolo II (ad esempio, nella *Catechesi*del 28 aprile 1999), anzi: è stata aperta e allargata; coloro che già erano "i vicini", gli Ebrei, sono rimasti tali, e noi che eravamo "i lontani" ci siamo avvicinati a nostra volta - per grazia di Dio, siamo stati posti accanto a loro, "nel seno di Abramo". Gesù stesso ha detto di essere venuto a compiere, non ad abolire ("nemmeno uno *yod* della *Torah* cadrà"); ai cristiani provenienti dall´Ebraismo, nei tempi apostolici, nessuno chiese di rinunciare all´Ebraismo, ed era al Tempio di Gerusalemme che gli Apostoli si recavano per pregare; ai cristiani provenienti dal paganesimo, invece, S.Paolo ottenne che non si chiedesse di abbracciare l´Ebraismo in tutti i suoi aspetti, ma solo nelle linee essenziali - certo com´era che Dio avesse inaspettatamente aperto ai pagani la salvezza, avesse allargato il suo popolo in un modo che nessuno poteva immaginare, avesse accolto "uomini di ogni tribù, razza, popolo e nazione": "tutte le genti verranno a te, Gerusalemme", aveva profetizzato Isaia, e tutti i popoli stavano realmente arrivando al Dio d´Israele, così com´erano, con la loro identità culturale e storica. Paolo, "ebreo figlio di ebrei", ne era stupefatto: la novità di Cristo poneva noi "gentili" accanto a loro, per grazia del loro Dio, in un tempo nuovo per tutti i popoli (gli *Atti degli Apostoli* sono il racconto di questa scoperta e dello stupore che l´ha accompagnata).Gli Ebrei vivono quotidianamente la propria fedeltà alla *Torah*: proclamano ogni giorno, nella preghiera, che il Signore è uno, e combattono con tutte le proprie forze contro il peggiore dei peccati - la fonte di tutti i mali:l´idolatria. Hanno una tale stima della Parola che Dio rivolse a Mosè, che adornano di una corona d´argento il rotolo della *Torah*, e si inchinano al suo passaggio; la scrutano per comprendere la volontà di Dio, e per obbedirle senza esitazioni; sanno che è necessaria una disciplina nella vita dello spirito e nella vita quotidiana, che dà sostanza all´obbedienza della fede e la sostiene, rendendola possibile. Non amano essere "studiati", né osservati con curiosità; accolgono, invece, chi voglia pregare, comprendere, ascoltare e onorare la *Torah*. Sanno che ci sono strade diverse per arrivare a Dio, e che la loro è la prima - e hanno perfettamente ragione:noi siamo stati chiamati per ultimi, e una nuova via ci è stata aperta per grazia di Dio, in Cristo, nell´alveo della Promessa fatta ad Abramo. Sono fieri di essere se stessi, benché ne avvertano tutta la difficoltà in un mondo disattento quando non minaccioso o addirittura pregiudizialmente ostile, che è arrivato, non molti decenni fa, fino allo sterminio organizzato. Scrive la Commissione vaticana presieduta dal card. Edward Idris Cassidy, nel 1998: "Nel dare la sua singolare testimonianza al Santo di Israele ed alla *Torah*, il popolo ebraico ha grandemente patito in diversi tempi e in molti luoghi. Ma la *Shoa* fu certamente la sofferenza peggiore di tutte" (*Noi ricordiamo. Una riflessione sulla Shoa*). E´ incredibile, alla luce di tutto ciò, che proprio qui e oggi, sul muro che fiancheggia la tangenziale sud-est di Verona, poco dopo lo svincolo per Belfiore, qualcuno abbia scritto a caratteri cubitali: "Padania cristiana né giudea né musulmana"...La nostra Chiesa ha tesori inestimabili d´arte, di cultura e di spiritualità; anche la Sinagoga li ha, altrettanto inestimabili. Ciascuno secondo la propria identità: ciascuno secondo la volontà dell´Unico Dio.Ogni giorno, tutti preghiamo con i *Salmi*: i canti di Davide, i canti del Tempio di Gerusalemme. Ebrei e Cristiani sono uniti agli occhi di Dio dalla stessa preghiera quotidiana. Tra il *Padre nostro* e il *Kaddish* (la preghiera ebraica del lutto) le consonanze non sono casuali: "sia santificato il Tuo nome... il Tuo regno venga... la Tua volontà si compia".
Della *Birkhat ha-mazon* ("benedizione del calice", o anche *Kiddush*) Gesù, che la celebrava da quando era nato, nella sua famiglia, con la madre e i familiari, ha fatto il nostro rito; ogni venerdì sera e ogni Sabato, gli Ebrei di Verona celebrano la benedizione del calice; ogni Sabato spezzano il pane, benedicendo Dio, di fronte alla tavola su cui ardono le candele della festa.
Da loro possiamo imparare la fedeltà, e anche l´umiltà: tutto è grazia, elezione, dono - la loro, che fu la prima; la nostra, che fu annunciata dai profeti. Come noi, essi obbediscono a Dio: prima di noi furono chiamati, e gli obbedirono prima di noi; continuano a farlo, un giorno dopo l´altro.Sono loro "l´olivo buono" sul quale noi siamo stati innestati: un olivo forte e puro, ferito e martoriato ma fecondo sempre. C´è una reciprocità tra noi e loro, ed è ancora tutta da scoprire, tutta da vivere - per entrambi: è nella volontà stupefacente di Dio, e ancora non ci ha sorpreso con la propria bellezza.Ci siamo creduti superiori, migliori, addirittura unici nel possesso della legittimità secondo la volontà di Dio; li abbiamo creduti un relitto del passato, un errore della storia, il rimasuglio illegittimo di una realtà finita; abbiamo disprezzato la loro obbedienza, la loro sapienza, la loro preghiera. Di questo Giovanni Paolo II ha chiesto perdono; di questo, spesso, ci dimentichiamo, e ci stupiamo se ancora non siamo riusciti a cancellare le ferite di secoli di diffidenza, di violenza e di odio. Ci vorrà tempo, pazienza, preghiera - e vicinanza discreta, rispettosa, orante, delicata, attenta. Ci vorrà la disponibilità della mente e del cuore a contemplare le meraviglie inimmaginabili che vengono da Dio.Sono due i polmoni della Chiesa, insegnò Giovanni Paolo II: l´Oriente ortodosso e l´Occidente cattolico. E il cuore del popolo di Dio pellegrino sulla terra, qual è? Personalmente, non ho dubbi: è quello pulsante della Comunità Ebraica. A coloro che riconoscono l´unico Dio, è chiesto di amarlo in un modo assoluto: "con tutto il tuo cuore", "con tutta la tua anima" e, nella esatta formulazione della Scrittura, "con tutto il tuo molto" (*ve khol mehodékha*). Loro sono "il cuore"; noi, invece, siamo "il molto" che nacque dalla stupefacente, imprevedibile carità di Dio, "nella pienezza dei tempi", "sotto la Legge", "dalla stirpe di Davide".Lasciamoci stupire da Dio!

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