Se qualcuno aveva ancora dei dubbi sul fatto che Israele è capace di grandi cose, gli eventi dell’ultima settimana dovrebbero aver sciolto ogni residua perplessità. Da un’estremità all’altra del mondo, i migliori ideali dell’ebraismo e del sionismo hanno trovato evidente espressione, nel momento in cui Israele prendeva parte non a una, ma a due straordinarie missioni cariche di significato.Al di là dell’oceano, in mezzo alle strade di Port-au-Prince cosparse di macerie, le squadre di soccorso delle Forze di Difesa israeliane sono andare scrupolosamente alla ricerca di eventuali sopravvissuti, fra le rovine della capitale di Haiti dopo il devastante terremoto del 12 gennaio. In corsa contro il tempo, questi giovani israeliani in uniforme accompagnati da cani specificamente addestrati, si sono stoicamente sistemati fra cumuli di detriti e rottami per mettere al sicuro i feriti. Durante lo scorso fine settimana i soccorritori in divisa verde hanno estratto un uomo di 58 anni da sotto le rovine della sua casa; lunedì hanno salvato la vita a una studentessa che era rimasta intrappolata per sei giorni sotto l’edificio distrutto dell’università. Nel frattempo l’ospedale da campo creato dalle Forze di Difesa israeliane per curare le vittime del disastro si faceva rapidamente conoscere come il meglio condotto ed equipaggiato nell’area. Montato venerdì scorso in un campo di calcio, il complesso vanta 40 dottori e 24 infermieri specializzati oltre a paramedici, attrezzature e personale per i raggi X, unità di terapia intensiva, reparti pediatrico e maternità, persino una farmacia. Nessun altra missione, nemmeno quella degli Stati Uniti, ha messo in funzione così rapidamente un complesso così avanzato. Non stupisce che la tv americana CBS si sia spinta a definire l’ospedale delle Forze di Difesa israeliane “la Rolls-Royce della medicina ad Haiti”. In effetti le squadre mediche israeliane hanno fatto un lavoro così formidabile che persino la CNN (vale a dire, una tv che non perde occasione di descrivere negativamente Israele) non è riuscita a trovare nulla da criticare nell’opera delle Forze di Difesa israeliane. Benché un’enorme distanza separi Israele da Haiti, con più di 10.500 chilometri di oceano fra i due paesi, il popolo ebraico ha dimostrato che la sua mano tesa può scalcare qualunque lontananza e attraversare qualunque divario quando si tratta di salvare vite umane.Ma gli abitanti dell’isola caraibica non sono stati gli unici a beneficiare dell’intervento umanitario di Israele questa settimana. Più vicino a casa abbiamo assistito all’arrivo in Israele di 82 membri della comunità Falash Mura, i discendenti di ebrei etiopici convertiti al cristianesimo secoli fa. Al loro arrivo all’aeroporto Ben-Gurion, all’alba di martedì scorso, i nuovi immigrati sono stati accolti dal ministro degli interni Eli Yishai e dal ministro per l’assorbimento degli immigrati Sofa Landver. È stata una scena che non può che riempire di orgoglio il cuore di ogni ebreo: i superstiti dell’ebraismo etiopico hanno terminato il loro viaggio millenario facendo ritorno alla terra dei loro progenitori. Centinaia di altri ne arriveranno, nei prossimi mesi, dal momento che il governo israeliano si è infine mosso per completare mantenere la promessa di permettere a ciò che rimane di quella comunità di realizzare la aliyà (ristabilirsi in patria). E così, mentre i nemici di Israele continuano a proclamare rumorosamente che il sionismo è razzismo, Israele si presenta come uno dei pochissimi paesi che accoglie a braccia aperte un’intera comunità di neri africani.Dunque è stata una settimana davvero speciale per la nobiltà d’animo degli israeliani. Nell’arco di pochi giorni lo stato d’Israele ha salvato vite umane di ebrei e non ebrei, da un estremità all’altra del pianeta. È stato, sotto ogni aspetto, uno dei momenti migliori di Israele.Tutto questo servirà a cambiare l’immagine che il mondo ha di noi? Ne dubito. Ma per lo meno dovrebbe contribuire a modificare l’immagine che abbiamo di noi stessi, così spesso presi dalla negatività che sembra inondare i notiziari di ogni giorno, tanto che tendiamo a non vedere trascurare ciò che c’è di bello e di splendido in questo paese e nelle sue imprese. È in momenti come questo che dovremmo fermarci un momento, e dire: grazie al cielo, esiste lo stato di Israele. Senza di esso il mondo sarebbe un posto assai meno nobile.di Michael Freund (Da: Jerusalem Post, 20.1.10)
sabato 23 gennaio 2010
Uno dei momenti migliori di Israele
Se qualcuno aveva ancora dei dubbi sul fatto che Israele è capace di grandi cose, gli eventi dell’ultima settimana dovrebbero aver sciolto ogni residua perplessità. Da un’estremità all’altra del mondo, i migliori ideali dell’ebraismo e del sionismo hanno trovato evidente espressione, nel momento in cui Israele prendeva parte non a una, ma a due straordinarie missioni cariche di significato.Al di là dell’oceano, in mezzo alle strade di Port-au-Prince cosparse di macerie, le squadre di soccorso delle Forze di Difesa israeliane sono andare scrupolosamente alla ricerca di eventuali sopravvissuti, fra le rovine della capitale di Haiti dopo il devastante terremoto del 12 gennaio. In corsa contro il tempo, questi giovani israeliani in uniforme accompagnati da cani specificamente addestrati, si sono stoicamente sistemati fra cumuli di detriti e rottami per mettere al sicuro i feriti. Durante lo scorso fine settimana i soccorritori in divisa verde hanno estratto un uomo di 58 anni da sotto le rovine della sua casa; lunedì hanno salvato la vita a una studentessa che era rimasta intrappolata per sei giorni sotto l’edificio distrutto dell’università. Nel frattempo l’ospedale da campo creato dalle Forze di Difesa israeliane per curare le vittime del disastro si faceva rapidamente conoscere come il meglio condotto ed equipaggiato nell’area. Montato venerdì scorso in un campo di calcio, il complesso vanta 40 dottori e 24 infermieri specializzati oltre a paramedici, attrezzature e personale per i raggi X, unità di terapia intensiva, reparti pediatrico e maternità, persino una farmacia. Nessun altra missione, nemmeno quella degli Stati Uniti, ha messo in funzione così rapidamente un complesso così avanzato. Non stupisce che la tv americana CBS si sia spinta a definire l’ospedale delle Forze di Difesa israeliane “la Rolls-Royce della medicina ad Haiti”. In effetti le squadre mediche israeliane hanno fatto un lavoro così formidabile che persino la CNN (vale a dire, una tv che non perde occasione di descrivere negativamente Israele) non è riuscita a trovare nulla da criticare nell’opera delle Forze di Difesa israeliane. Benché un’enorme distanza separi Israele da Haiti, con più di 10.500 chilometri di oceano fra i due paesi, il popolo ebraico ha dimostrato che la sua mano tesa può scalcare qualunque lontananza e attraversare qualunque divario quando si tratta di salvare vite umane.Ma gli abitanti dell’isola caraibica non sono stati gli unici a beneficiare dell’intervento umanitario di Israele questa settimana. Più vicino a casa abbiamo assistito all’arrivo in Israele di 82 membri della comunità Falash Mura, i discendenti di ebrei etiopici convertiti al cristianesimo secoli fa. Al loro arrivo all’aeroporto Ben-Gurion, all’alba di martedì scorso, i nuovi immigrati sono stati accolti dal ministro degli interni Eli Yishai e dal ministro per l’assorbimento degli immigrati Sofa Landver. È stata una scena che non può che riempire di orgoglio il cuore di ogni ebreo: i superstiti dell’ebraismo etiopico hanno terminato il loro viaggio millenario facendo ritorno alla terra dei loro progenitori. Centinaia di altri ne arriveranno, nei prossimi mesi, dal momento che il governo israeliano si è infine mosso per completare mantenere la promessa di permettere a ciò che rimane di quella comunità di realizzare la aliyà (ristabilirsi in patria). E così, mentre i nemici di Israele continuano a proclamare rumorosamente che il sionismo è razzismo, Israele si presenta come uno dei pochissimi paesi che accoglie a braccia aperte un’intera comunità di neri africani.Dunque è stata una settimana davvero speciale per la nobiltà d’animo degli israeliani. Nell’arco di pochi giorni lo stato d’Israele ha salvato vite umane di ebrei e non ebrei, da un estremità all’altra del pianeta. È stato, sotto ogni aspetto, uno dei momenti migliori di Israele.Tutto questo servirà a cambiare l’immagine che il mondo ha di noi? Ne dubito. Ma per lo meno dovrebbe contribuire a modificare l’immagine che abbiamo di noi stessi, così spesso presi dalla negatività che sembra inondare i notiziari di ogni giorno, tanto che tendiamo a non vedere trascurare ciò che c’è di bello e di splendido in questo paese e nelle sue imprese. È in momenti come questo che dovremmo fermarci un momento, e dire: grazie al cielo, esiste lo stato di Israele. Senza di esso il mondo sarebbe un posto assai meno nobile.di Michael Freund (Da: Jerusalem Post, 20.1.10)
Se qualcuno aveva ancora dei dubbi sul fatto che Israele è capace di grandi cose, gli eventi dell’ultima settimana dovrebbero aver sciolto ogni residua perplessità. Da un’estremità all’altra del mondo, i migliori ideali dell’ebraismo e del sionismo hanno trovato evidente espressione, nel momento in cui Israele prendeva parte non a una, ma a due straordinarie missioni cariche di significato.Al di là dell’oceano, in mezzo alle strade di Port-au-Prince cosparse di macerie, le squadre di soccorso delle Forze di Difesa israeliane sono andare scrupolosamente alla ricerca di eventuali sopravvissuti, fra le rovine della capitale di Haiti dopo il devastante terremoto del 12 gennaio. In corsa contro il tempo, questi giovani israeliani in uniforme accompagnati da cani specificamente addestrati, si sono stoicamente sistemati fra cumuli di detriti e rottami per mettere al sicuro i feriti. Durante lo scorso fine settimana i soccorritori in divisa verde hanno estratto un uomo di 58 anni da sotto le rovine della sua casa; lunedì hanno salvato la vita a una studentessa che era rimasta intrappolata per sei giorni sotto l’edificio distrutto dell’università. Nel frattempo l’ospedale da campo creato dalle Forze di Difesa israeliane per curare le vittime del disastro si faceva rapidamente conoscere come il meglio condotto ed equipaggiato nell’area. Montato venerdì scorso in un campo di calcio, il complesso vanta 40 dottori e 24 infermieri specializzati oltre a paramedici, attrezzature e personale per i raggi X, unità di terapia intensiva, reparti pediatrico e maternità, persino una farmacia. Nessun altra missione, nemmeno quella degli Stati Uniti, ha messo in funzione così rapidamente un complesso così avanzato. Non stupisce che la tv americana CBS si sia spinta a definire l’ospedale delle Forze di Difesa israeliane “la Rolls-Royce della medicina ad Haiti”. In effetti le squadre mediche israeliane hanno fatto un lavoro così formidabile che persino la CNN (vale a dire, una tv che non perde occasione di descrivere negativamente Israele) non è riuscita a trovare nulla da criticare nell’opera delle Forze di Difesa israeliane. Benché un’enorme distanza separi Israele da Haiti, con più di 10.500 chilometri di oceano fra i due paesi, il popolo ebraico ha dimostrato che la sua mano tesa può scalcare qualunque lontananza e attraversare qualunque divario quando si tratta di salvare vite umane.Ma gli abitanti dell’isola caraibica non sono stati gli unici a beneficiare dell’intervento umanitario di Israele questa settimana. Più vicino a casa abbiamo assistito all’arrivo in Israele di 82 membri della comunità Falash Mura, i discendenti di ebrei etiopici convertiti al cristianesimo secoli fa. Al loro arrivo all’aeroporto Ben-Gurion, all’alba di martedì scorso, i nuovi immigrati sono stati accolti dal ministro degli interni Eli Yishai e dal ministro per l’assorbimento degli immigrati Sofa Landver. È stata una scena che non può che riempire di orgoglio il cuore di ogni ebreo: i superstiti dell’ebraismo etiopico hanno terminato il loro viaggio millenario facendo ritorno alla terra dei loro progenitori. Centinaia di altri ne arriveranno, nei prossimi mesi, dal momento che il governo israeliano si è infine mosso per completare mantenere la promessa di permettere a ciò che rimane di quella comunità di realizzare la aliyà (ristabilirsi in patria). E così, mentre i nemici di Israele continuano a proclamare rumorosamente che il sionismo è razzismo, Israele si presenta come uno dei pochissimi paesi che accoglie a braccia aperte un’intera comunità di neri africani.Dunque è stata una settimana davvero speciale per la nobiltà d’animo degli israeliani. Nell’arco di pochi giorni lo stato d’Israele ha salvato vite umane di ebrei e non ebrei, da un estremità all’altra del pianeta. È stato, sotto ogni aspetto, uno dei momenti migliori di Israele.Tutto questo servirà a cambiare l’immagine che il mondo ha di noi? Ne dubito. Ma per lo meno dovrebbe contribuire a modificare l’immagine che abbiamo di noi stessi, così spesso presi dalla negatività che sembra inondare i notiziari di ogni giorno, tanto che tendiamo a non vedere trascurare ciò che c’è di bello e di splendido in questo paese e nelle sue imprese. È in momenti come questo che dovremmo fermarci un momento, e dire: grazie al cielo, esiste lo stato di Israele. Senza di esso il mondo sarebbe un posto assai meno nobile.di Michael Freund (Da: Jerusalem Post, 20.1.10)
Filmato delle quadre di soccorso israeliane che traggono in salvo un uomo rimasto intrappolato sotto le macerie ad Haiti http://www.youtube.com/watch?v=oSsCBuBVzQw&feature=player_embedded L’ospedale dal campo delle Forze di Difesa israeliane ad Haiti in un servizio della CNN http://www.youtube.com/watch?v=yz44iZKUMng http://www.israele.net/
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