domenica 14 marzo 2010


Gerusalemme

Hamas non fa più paura: presa in giro anche a teatro

Israele lo tiene nel mirino. Il popolo lo detesta. I commedianti lo irridono. I gruppi più fanatici gli fanno concorrenza. E i suoi capi si disperano. Cinque anni dopo il ritiro israeliano dalla Striscia, quattro anni dopo il trionfo alle elezioni palestinesi, tre anni dopo la conquista di Gaza e la sconfitta dei rivali di Fatah, Hamas è a un passo dal fallimento. L’organizzazione che, solo tre anni fa, sognava d’imprimere una svolta alla lotta palestinese e d’arrivare a controllare anche la Cisgiordania è in crisi nera. E il buco più nero è proprio quella Striscia destinata, nei sogni, a trasformarsi nel prototipo di un nuovo Stato palestinese libero dalla corruzione, saldo nei principi religiosi e inflessibile nella contrapposizione a Israele. Oggi a Gaza si respira invece aria di fallimento. La cartina di tornasole del “disastro Hamas” si chiama Cordone Ombelicale ed è una commedia satirica che da settimane fa il tutto esaurito entusiasmando migliaia di palestinesi decisi a farsi beffe dei loro capi. Le gag di quella commedia irridente - che nessun leader fondamentalista osa ancora a censurare - danno voce al malessere profondo di Gaza. Nei suoi dialoghi riecheggiano la rabbia per una guerra a Israele risoltasi con una strage di civili, il risentimento per le scelte oltranziste che hanno portato a un isolamento insopportabile, il rancore per le condizioni di vita sempre più miserabili.«Una vita da cani, una vita senza elettricità, una vita senza pane e senza lavoro», ripete una protagonista di Cordone Ombelicale interpretando le proteste di chi ormai non vede futuro. E così mentre la commedia attira ogni sera più di mille spettatori le moschee di Hamas si svuotano. Come se non bastasse, l’organizzazione fa i conti con la concorrenza di organizzazioni ancor più estremiste. Perso il consenso dei settori della popolazione più laica, quella che sperava in Hamas solo per farla finita con la corruzione e i fallimenti di Fatah, i signori di Gaza devono fronteggiare l’ascesa dei cosiddetti gruppi salafiti, portabandiera di un integralismo assai vicino a quello di Al Qaida. I primi segnali del truce scontro tra fanatismi erano già emersi la scorsa estate. Il 15 agosto Hamas aveva attaccato una moschea considerata il quartier generale di un’organizzazione “qaidista” uccidendo - dopo un violento scontro a fuoco - il predicatore Abdel Latif Moussa e una ventina di suoi militanti. Il sanguinoso blitz ha solo moltiplicato la rabbia dei nuovi integralisti. Così - mentre Hamas fatica ad attirare nuovi militanti - le organizzazioni salafite reclutano centinaia di giovani e non esitano a minacciare i leader della Striscia.«Non la smetteremo di colpire i capi di questo governo pervertito e corrotto», spiegava il comunicato diffuso da un gruppo denominatosi “Soldati della Brigata Monoteista” subito dopo l’attentato a un influente comandante di Hamas. «Se questo fenomeno è veramente diffuso allora dovremo affrontarlo parlandone con nostri giovani», ha detto di recente l’ex premier di Hamas Ismail Haniyeh ammettendo l’esistenza del problema.L’emorragia di militanti preoccupa soprattutto l’ala militare dell’organizzazione. Ahmed Jabri, capo del braccio militare del movimento a Gaza, ha indirizzato un’allarmata lettera al suo capo Khaled Meshaal - in esilio a Damasco – descrivendo i recenti attacchi e parlando di «situazione in rapido deterioramento, molto vicina all’anarchia». Sul piano militare non va meglio. La distruzione e la chiusura di molti tunnel sotterranei che collegavano il sud della Striscia all’Egitto ha reso più difficile il rifornimento di armi in arrivo dall’Iran. E l’uccisione a Dubai di Mahmoud al-Mabhouh, il grande armiere caduto vittima del Mossad mentre cercava nuovi canali per far arrivare le armi iraniane a Gaza, ha inferto un altro micidiale colpo all’organizzazione. Assediata da Israele, priva di collegamenti certi con gli iraniani, abbandonata dalla sua popolazione, insidiata dalla concorrenza salafita Hamas rischia insomma di scomparire nelle stesse sabbie di Gaza da cui era venuto alla luce nel lontano dicembre 1987. 14 marzo 2010

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