venerdì 5 marzo 2010


"Noi Göring, sterilizzati per evitare altri mostri"

Un regista israeliano racconta in un documentario le vite dei discendenti dei criminali nazisti
Dice Bettina Göring: «Ho gli stessi occhi, zigomi e profilo del mio prozio Hermann. Gli assomiglio più di sua figlia». Che fardello, condividere il cognome e i geni del feldmaresciallo di Hitler responsabile della «soluzione finale al problema ebraico». Bettina è nata dieci anni dopo il processo di Norimberga, vive a Santa Fe, nel New Mexico, si occupa di medicina alternativa e, come il fratello, a trent’anni si è fatta sterilizzare: «Non volevamo produrre nuovi Göring». La sua storia, insieme ad altre di figli di gerarchi nazisti, è stata raccolta dal regista israeliano, Chanoch Zeevi, che ha realizzato il documentario «Hitler’s Children», i bambini di Hitler, in uscita la prossima estate. Il padre di Bettina, Heinz, era stato adottato dal potente zio dopo essere rimasto orfano. Pilota della Luftwaffe, abbattuto e poi fatto prigioniero dai sovietici, tornato in Germania non parlò mai di lui. La nonna, invece, «lo adorava». Era la responsabile delle crocerossine della Germania nazista, in rapporti di amicizia con i vertici del regime: «Aveva un sacco di foto che la ritraevano con Hitler - ha raccontato Bettina -. Negava i crimini. Un giorno guardavamo insieme un documentario tv sull’Olocausto e lei si mise a gridare: tutte bugie, non è vero niente». Bettina è cresciuta dilaniata dai sensi di colpa: «Mi sono sentita responsabile dell’Olocausto, responsabile della mia famiglia che vi aveva partecipato così attivamente». Un altro Göring, Matthias - figlio di Ernst Wilhelm, cugino di Hermann, medico di guerra e prigioniero in Unione Sovietica - oggi vive in Israele, dove si occupa dei sopravvissuti agli attentati kamikaze. Porta la kippah, mangia Kosher, celebra lo Shabbat e studia l’ebraico per convertirsi. La famiglia pensa che sia diventato matto, lui racconta al regista: «Dopo decenni passati a soffrire per il mio cognome e a disprezzare gli ebrei, ho trovato la mia strada». Della sua infanzia dice solo: «Non è stata delle più felici, ci angariavano senza pietà». Prima della guerra i Göring erano una famiglia ricca e unita. Crollato il Terzo Reich, crollarono pure loro. Il padre di Matthias aveva aperto un ambulatorio vicino ad Heidelberg, ma gli facevano trovare lungo. Così erano poveri: «Quando noi figli chiedevamo qualcosa, mia madre ci diceva: non potete averla, perché tutti i nostri soldi sono andati agli ebrei. Erano diventati il simbolo di tutto quello che non potevamo avere». Come lui, anche Katrin Himmler, pronipote di Heinrich, il capo delle SS, ha trovato la salvezza in Israele: ha sposato il figlio di un sopravvissuto all’Olocausto: «Eravamo predestinati». Del prozio dice: «Non ho mai avuto paura di avere “il sangue dell’ Himmler malvagio”». Infatti ha avuto un figlio e adesso pensa a come «un giorno gli racconterò la storia del suo avo». Nel documentario c’è poi Monika Hertwig, 65 anni, figlia del comandante del lager di Cracovia, Amon Goeth. Al regista racconta dettagli raccappriccianti: «Gli piaceva sparare dal balcone sulle madri con il figlio in braccio, per vedere se con una pallottola riusciva a ucciderne due». E’ una donna disperata: «E’ possibile separare il padre dall’assassino? Quanto dell’assassino è in me?». Racconta di quando - aveva 12 anni - entrò in un caffè e fissò l’uomo che lavava le tazze: «Aveva le maniche arrotolate e si vedeva un numero tatuato. Mi disse che era stato nel lager di Cracovia. Oh! gli dissi, mio padre era il capo. Lui rabbrividì e mi chiese: “Tuo padre era Amon Goeth?». Lei gli sorrise, contenta di aver trovato qualcuno che avrebbe potuto raccontarle qualcosa di lui. «Lui mi indicò la porta e mi intimò di non farmi vedere mai più». Sua madre, Ruth, era stata l’amante di Goeth. Si suicidò nel 1983, non riuscendo a convivere con il pensiero che l’uomo che un tempo aveva amato fosse un criminale. E avendo sentimenti ambigui anche verso la loro figlia. Monika aveva 11 anni quando le disse: «Sei come tuo padre e morirai come lui». Goeth era stato impiccato vicino al lager che aveva diretto.

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