lunedì 8 marzo 2010



Tel Aviv

Se Israele ha ucciso Mahmoud al-Mabhouh, aveva il diritto di farlo?

Non so se Israele abbia assassinato o meno il leader dell’ala militare di Hamas, Mahmoud al-Mabhouh. Ma ponendo, per il gusto di discutere, che il Mossad sia il vero responsabile, aveva il diritto di compiere un “omicidi extragiudiziale”?Non tutti gli omicidi extragiudiziali sono illegali. Ogni soldato che uccide un nemico in combattimento commette un omicidio extragiudiziale, così come ogni poliziotto che spara a un criminale in fuga. Sono molte le complesse questioni legali implicate nella valutazione di simili situazioni.In primo luogo, chi è stato ucciso era un avversario che combatteva contro coloro che lo hanno assassinato? Se Israele ha ucciso Mabhouh, non può esserci alcun dubbio sul fatto che fosse un combattente. Stava partecipando attivamente alla guerra in atto, scatenata da Hamas contro i civili israeliani. Infatti, è probabile che sia stato ucciso durante una missione militare in Iran, tesa ad assicurarsi missili antiuomo illegali, destinati a colpire civili israeliani. Sia gli Stati Uniti che la Gran Bretagna durante la Seconda Guerra Mondiale uccidevano sistematicamente simili combattenti, sia che fossero in uniforme o meno. Oltretutto, i combattenti di Hamas si tolgono volutamente le divise quando prendono parte al combattimento.Quindi se l’Air Force israeliana avesse ucciso Mabhouh mentre si trovava a Gaza, non dovrebbe esserci alcun dubbio sul fatto che si trattasse di un’azione legale. Uccidere un combattente non costituisce una violazione del diritto internazionale, indipendentemente dal luogo dove si trovi il soggetto, se sia sveglio o addormentato e se sia impegnato o meno in un combattimento in corso quando viene ucciso.Ma Mabhoud non è stato assassinato a Gaza, bensì a Dubai. E per un agente israeliano uccidere un avversario di Israele mentre si trova a Dubai è una violazione della legge di quel paese. Quindi coloro che hanno preso parte all’omicidio hanno presumibilmente violato il diritto interno di Dubai, a meno che non esista la possibilità di difendersi basandosi su principi di diritto internazionale relativi ai nemici combattenti. E’ improbabile che si riesca a trovare una qualche forma di difesa per un israeliano o per chiunque agisca in nome di Israele, dal momento che Dubai non riconosce il diritto di Israele di uccidere i combattenti avversari sul suo territorio. Se ci fossero le prove della responsabilità di Israele per l’omicidio – ipotesi estremamente improbabile – allora solamente Dubai potrebbe legalmente portare Israele in giudizio. Gli imputati non sarebbero sottoposti correttamente a un procedimento giudiziario davanti a un tribunale internazionale. Ma cosa accadrebbe se un sospettato venisse arrestato in Inghilterra, negli Stati Uniti o in qualche altro paese occidentale e Dubai ne richiedesse l’estradizione? Si verrebbe a creare un interessante dilemma sul piano legale, diplomatico, politico e morale. I trattati di estradizione tradizionali non prevedono esplicitamente situazioni di questo genere. Non si è trattato di un comune omicidio. E’ stato un atto commesso per questioni di politica nazionale, collegato alla guerra in corso. Una democrazia occidentale avrebbe sicuramente il diritto e il potere di rifiutare l’estradizione. Ma potrebbe decidere, per ragioni politiche o diplomatiche, di consegnare l’imputato a Dubai.
Se passiamo poi alle considerazioni morali, che potrebbero influenzare la decisione sul concedere o meno l’estradizione, la situazione diventa ancor più intricata. Il rapporto Goldstone suggerisce che Israele non può combattere legalmente contro i missili di Hamas attraverso attacchi aerei indiscriminati. Richard Goldstone, nelle varie interviste, ha sostenuto che Israele dovrebbe proteggersi da questi attacchi illeciti adottando misure al dettaglio più proporzionate, come incursioni a sorpresa e omicidi mirati di terroristi impegnati nel lancio dei missili. Beh, non potrebbe esserci un esempio migliore di attacco proporzionato, mirato e concentrato su un combattente profondamente coinvolto nel lancio dei missili su Israele, di quanto lo sia stato l’assassinio di Mahmoud al-Mabhouh. Questi, nel momento in cui è stato ucciso, non era solamente il comandante responsabile delle illecite azioni militari di Hamas, ma era anche personalmente responsabile del rapimento e dell’omicidio a sangue freddo di due soldati israeliani, avvenuto molti anni prima. Ovviamente sarebbe stato meglio avere la possibilità di catturarlo e sottoporlo a un procedimento giudiziario. Ma la sua cattura era impossibile, soprattutto quando si trovava a Dubai. Se Israele fosse responsabile per l’omicidio, aveva solamente due opzioni: lasciare che Mobhouh andasse per la sua strada e continuasse a mettere in pericolo le vite dei civili israeliani trasferendo armi antiuomo dall’Iran a Gaza, oppure ucciderlo. Non esisteva una terza alternativa. Di fronte a quelle due opzioni, la seconda è sembrata la scelta meno tragica, tra quelle a disposizione.Lascio valutare ad altri, più esperti in merito, se, qualora Israele abbia ordinato l’omicidio, questa fosse strategicamente la scelta giusta, o se sia stata realizzata in modo intelligente. Ma per quanto riguarda il diritto legale e morale di porre fine alla minaccia rappresentata da questo assassino di massa, sembrerebbe che il suo omicidio extragiudiziale, vista l’alternativa, rappresenti il male minore.
di Alan M. Dershowitz 6 Marzo 2010, http://www.loccidentale.it/

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