sabato 12 giugno 2010


Ancora Nabucco a Masada

Il ruolo degli ebrei

Dopo la Shoah, in seguito al dibattito infinito prodotto dalla creazione dello Stato d’Israele nel 1948 e da tutto ciò che ne è conseguito, l’ebreo, soprattutto nella diaspora, ha trovato assai difficile definire il proprio ruolo nel mondo. Il suo ruolo è stato rimesso in discussione dalla società e dalla storia. Il suo spirito cosmopolita è stato contestato e l’ebreo si è spesso sentito tirare per la giacca da chi, diffidando della sua fedeltà di suddito di una sola nazione, gli chiedeva reiteratamente di prendere posizione, di giustificarsi. Di giustificare la sua caparbia memoria antica, da un lato, e la divisione dei suoi affetti presenti, dall’altro. In questa crisi di identità, una parte non minore l’hanno sempre giocata i mille diversi modi in cui l’ebreo sceglie di vivere il suo ebraismo. Un popolo che appare all’esterno compatto e unito vive la propria identità nel più variegato e frammentato dei modi, religioso o laico, sionista o antisionista, religioso-sionista, religioso ma non sionista, sionista ma non religioso, e così di seguito, in una serie infinita di variabili.A questo punto, sospettare che l’ebreo abbia tutto il diritto di chiedersi: chi sono e che cosa significa essere ebreo? non sembra uno scandalo, e non dovrebbe sorprendere nessuno. Ma l’ebreo è dotato di tanto spirito critico da ritrovarsi spesso in disaccordo anche con se stesso, soprattutto sulla definizione da dare al suo essere ebreo. Per sfuggire alla crisi, a cui peraltro dovrebbe essere da tempo abituato, non resta all’ebreo che porsi non tanto il problema dell’identità quanto quello del suo scopo nella vita e del suo ruolo nella società moderna. La risposta alla domanda o, nella migliore tradizione ebraica, una vasta scelta di risposte, la possiamo trovare in un recente servizio della rivista americana Moment, che pone la domanda a 70 personaggi di spicco dell’ebraismo americano.Come l’irriverente regista e attore Mel Brooks, all’anagrafe Melvin Kaminsky, che racconta di come dovette cambiare il suo nome per non essere discriminato dall’establishment culturale dell’epoca. Il mestiere del comico, secondo il regista, è connaturato al destino degli ebrei: “Forse perché gli ebrei - dice Brooks - hanno sofferto e pianto per così tanto tempo che è per loro giunto il tempo di ridere”. Detto questo, Brooks snocciola una delle sue prime battute, ideata quando ancora era un artista in erba, non proprio una delle migliori ammette: ”You can’t keep Jews in jail, they eat lox.” “Non puoi tenere gli ebrei in gabbia, perché mangiano salmone” (con un gioco di parole tra “lox”, filetto di salmone e “locks”, serrature). Cosa possano offrire gli ebrei al mondo? A detta di Brooks, in primis ciò che è stato tramandato da Mosè e da Maimonide: “Possiamo offrire un vasta gamma di leggi che regolano il comportamento umano. Siamo stati il primo popolo a creare quella cosa definita legge, a distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato secondo i principi della Torah. Se poi volessero qualcosa di più gustoso, possiamo comunque offrire dell’ottima matzo brei (pane azzimo fritto insieme a uova)”.L’ebraismo può avere inoltre un ruolo fondamentale nella promozione e nella difesa dei diritti umani, come spiega Elie Wiesel, scrittore, premio Nobel per la pace nel 1986 e cofondatore di Moment magazine.Per Wiesel gli ebrei devono aiutare il mondo a comprendere che quando a una comunità di persone vengono negati i diritti, ne rimaniamo colpiti tutti: “Come ebrei dobbiamo prestare soccorso a coloro che ne hanno bisogno, ovunque essi siano. Dobbiamo comprendere le loro necessità, le loro paure, le loro gioie, e attraverso queste trovare noi stessi. Questa è una missione essenziale per noi ebrei, perché è quello che facciamo da quando siamo diventati un popolo. Sì, Dio ha donato la Torah agli ebrei, ma in un certo senso essa è un dono per tutti.”Il Rabbino Shmuley Boteach, autore del libro di successo Kosher sex, è decisamente più pragmatico: “Il nostro errore più grande è credere che l’ebraismo sia solo per gli ebrei. Mentre il cristianesimo e l’Islam si concentrano sulle questioni macrocosmiche: dove andrò quando morirò? com’è il paradiso? come posso essere salvato?, l’ebraismo si concentra sulle questioni microcosmiche: come posso imparare a non fare maldicenza? come posso creare una famiglia stabile ed evitare il divorzio? Noi ebrei siamo riusciti a definire alcune problematiche con cui la società moderna non è ancora riuscita a confrontarsi. Come creare un matrimonio appassionato. Come crescere e ispirare i figli. Dovremmo condividere ciò che abbiamo imparato con il resto del mondo.”Anche riguardo alle riflessioni etiche, Michael Broyde, rabbino e professore di legge alla Emory University, ritiene che gli ebrei possano fare molto: “Nella tradizione ebraica non si parla mai di bianco e nero, piuttosto di infinite sfumature di grigio, qualcosa può essere permesso, ma poco consigliato, disapprovato, ma non proibito”. Anche la bioetica è fatta di infinite sfumature e l’ebraismo negli Stati Uniti ha esercitato una forte influenza in questo ambito: “In contrasto con i paletti posti dalla chiesa cattolica - spiega Broyde - tutte le maggiori correnti dell’ebraismo si sono schierate a favore della ricerca sulle cellule staminali utilizzate in campo medico con scopi terapeutici. Come ebrei dobbiamo continuare a offrire al mondo, risposte ragionevoli a problemi, seppur complessi, che investono la sfera etica e che ci coinvolgono tutti”. Ma come discutere tali problematiche? Per Adam Berger, Amministratore delegato della Spark Networks, compagnia che possiede il celeberrimo sito di incontri Jdate, nel mondo ebraico le scelte vengono sempre fatte in seguito a un serrato confronto: “Le decisioni – afferma Berger –, che siano quelle della Knesset in Israele o di un’organizzazione caritatevole negli Stati Uniti, vengono prese solo dopo un’accesa discussione, ascoltando e valutando tutte i diversi pareri. Se ci fossero state più persone con il coraggio di mettere in discussione ciò che veniva prospettato dalla repubblica di Weimar in Germania, la storia sarebbe stata diversa. Noi offriamo al mondo il modello di una comunità in cui ogni membro ha la possibilità di intervenire in un dibattito e di fornire il proprio contributo alla discussione. Una vera e propria famiglia che non solo tollera le diverse opinioni, ma che ne apprezza le varie sfumature”. E in definitiva gli ebrei sono questo. Come in una famiglia, si è spesso in disaccordo. Si discute di frequente e si tende a essere ipercritici gli uni verso gli altri. Ma state pur certi che, quando qualcuno al di fuori della famiglia critica ingiustamente un membro o l’intero nucleo familiare, si è sempre pronti a schierarsi in difesa di chi è stato colpito.Michael Calimani, http://www.moked.it/

1 commento:

cabbagejuice ha detto...

Se gli ebrei hanno un problema di identità, quanto più per i non ebrei che non sanno cosa fare con loro? In un modo vago, c'è una coazione a dare un senso dello Stato di Israele e, per estensione, gli interventi in nome della pace e della riconciliazione.

L'antisemitismo è tradizionalmente prosperato in un vuoto, cioè, dove ci sono poco o non sono incontri reali con gli ebrei, invece una dipendenza per propaganda. La mancanza di conoscenza dell'altro è un terreno fertile per il razzismo tipico.

Stranamente, facendo la pace con gli ebrei inesistenti e credito ottenendo per essa, non è inusuale in questi giorni del "business di pace" molto redditizio.

Essi annunciano a gran voce la pace, ma dietro le quinte uno fa poco o niente. O anche il contrario.

Come esempio in corso le iniziative di cosiddetto pace della Chiesa Cattolica a Gerusalemme e la sua "musica per la pace" scuola cadono in quest'ultima categoria.

Per molti anni c'è stata una intensa campagna per diffondere la Scuola di Musica Magnificat, di proprietà e gestito dalla Custodia di Terra Santa, come un raro esempio di tolleranza e convivenza tra i popoli in guerra. Tutto ciò che si deve fare è cercare su Internet per trovare le indicazioni più elaborati realizzati per questo posto. Nessun superlativo è troppo alta o stravaganti.

Ci sono pochissimi ebrei effettivo nella scuola o come studenti o del personale.

Il numero dei non-cristiani nella scuola, per non parlare di ebrei israeliani è ridicolmente bassa rispetto alla percentuale di numerosi premi per la pace ricevuto (non senza attivamente adescamento), Cavalierato della Repubblica Italiana, onorari vari e ampiamente pubblicizzato. Il fondo abbastanza aggressiva campagna di raccolta fino a tutto il mondo compresa la raccolta quaresimale provenienti dal Vaticano si basa sul presupposto discutibile di fare la pace per musica.

L'altro grande business presunto di "musica per la pace" è la sponsorizzazione di "concerti di pace". In un precedente articolo è menzione di un viaggio della Filarmonica Marchigiana in Gerusalemme per un importante concerto per la pace. Spiacente, ma questo era praticamente un non-evento.*

Concerti con partecipazione di gruppi è una proposta altamente costoso e si dovrebbe ottenere il risultato massimo per le tariffe aereo e alloggio per orchestre e cori.

Se l'orchestra è portata da Italia per un evento di pace, non ci si aspetterebbe di essere infilati in una sala relativamente piccola della Custodia, che non riusciva nemmeno a fornire abbastanza sedie per i suoi presunti 400-500 membri del pubblico.
http://www.custodia.org/magnificat/notizie08/index% 20news.html

Questo è stato praticamente inosservato per gli israeliani che comunque in questi giorni sono riluttanti a entrare nella Città Vecchia di Gerusalemme, e tanto meno di mandare i figli alla "scuola di pace" nel composto della Custodia.. Questa scuola dovrebbe essere spostata in una delle numerose proprietà della Chiesa, nella stessa Città Vecchia che il pubblico italiano si chiede di pagare.

Dopo la seconda guerra mondiale ci fu il fenomeno di antisemitismo senza ebrei. Ora che la pace è il business più grande che mai, i risultati sono praticamente pari a zero, in particolare "pace senza ebrei" se non come opportunità di auto-promozione e attirare denaro.

*“Evento che rafforza la cooperazione culturale e promuove il dialogo e la pace tra i popoli”: http://www.ilquotidiano.it/articoli/2010/05/28/104755/lassessore-marcolini-allapertura-del-festival-adriatico-mediterraneo