giovedì 17 giugno 2010


attività in kibbutz

Rassegna stampa

Nei giorni nei quali si svolgono i mondiali di calcio in Sud Africa, Europa approfitta per dare visibilità a tale Alex Hughes, tifoso ideologizzato che porta il dramma del Medio Oriente negli stadi, ripetendo che i territori palestinesi sono come il Sua Africa dell’apartheid; bisognerebbe invitarlo in Israele per permettergli di vedere coi suoi occhi quella che è la realtà oggettiva. In vista di un importante dibattito che avverrà oggi a Roma a cura della fondazione Fanfani (tra gli oratori Ettore Bernabei, al centro di polemiche pochi giorni or sono), l’Avvenire, in un articolo di Riccardi, fa un excursus sulla politica di colui che fu a lungo ministro degli Esteri; peccato che, fin dall’inizio, cada in errore quando cita la risoluzione 242 scrivendo “del ritiro Dai territori occupati”, e dimenticando, di conseguenza, di parlare anche delle necessarie modifiche dei confini previste dalla stessa 242. E’ comunque interessante il suo ritornare alle parole del ministro degli Esteri Sforza che già nel 47 scriveva che Italia e mondo arabo costituiscono uno degli elementi essenziali della nostra politica estera (fu buon profeta). E fu lo stesso Fanfani, in visita nel 67 in Siria, ad invitare invano gli arabi a dichiarare “pubblicamente” di non volere il genocidio degli israeliani. Sul Corriere troviamo due diversi articoli di Battistini; in quello di cronaca parla delle nuove navi che nei prossimi giorni dovrebbero tentare di forzare il blocco navale arrivando dal Libano e dall’Iran. Su quella libanese sarà, con un gruppo di donne, la moglie di un generale filosiriano arrestato per l’omicidio Hariri. Nel finale dell’articolo Battistini entra nei giochi della politica interna israeliana, severo con la scelta della commissione di inchiesta e con le “leggerezze” di Netanyahu tra l’affare di Dubai e le violenze contro la Flotilla; Battistini appare ora decisamente schierato in favore di un ritorno al governo della Livni. Nel secondo articolo intervista uno dei fondatori di Hamas, Al Zahar, che subito, dalle prime parole, porta la discussione anche sul piano religioso affermando che è un obbligo per ogni musulmano aiutare i fratelli. L’intervista viene effettuata nel salone di casa Zahar, che, pur se non descritta, potrebbe essere uno di quei meravigliosi palazzi che tanto diversi sono dalle catapecchie delle quali sempre si parla; apprendiamo solo che nel salone tirato a lucido sta anche una gigantesca Land Cruiser ancora più lucida. Interessanti le parole di Zahar quando ci dice che Erdogan è l’uomo nuovo che ritorna dopo mezzo millennio di impero ottomano; la Turchia è il nuovo centro dell’Islam. Purtroppo avremmo sperato di leggere delle domande più pungenti, come si devono fare ai potenti, per non diventarne il megafono. Invece leggiamo solo, tra le righe, che sì, anche Hamas avrebbe dovuto proclamare le elezioni, essendo il suo diritto di governare scaduto da 3 mesi. Si può, infine, purtroppo concordare con Zahar quando afferma che il processo di pace è fallito e che ora possiamo aspettarci di tutto. Su La Voce Repubblicana Italico Santoro fa un’accurata analisi del mondo musulmano dove nulla è come appare, e dove la realtà è ben diversa da quanto viene dichiarato ufficialmente, oggi come sempre nel passato. Su Libero Socci parla dei funerali del vescovo dell’Anatolia Luigi Padovese: severa è la critica che muove alla Chiesa di Roma i cui vescovi sono come dei moderni don Abbondio. La Turchia, prima terra a diventare cristiana, venne islamizzata con la forza (la presa di Bisanzio avvenne con un bagno di sangue). I cristiani nel paese si riducono velocemente, da due milioni a poco più di centomila, e nonostante il fatto che, prima di Padovese, sia stato ucciso don Santoro, e che da quella terra provenisse pure Ali Agca, oggi Tettamanzi esita ad usare il termine martirio. Preferisce parlare di violenza insensata e tragica, ma purtroppo non si può davvero considerarla senza senso. Il martirio, in Turchia, va avanti da secoli, e monsignor Padovese lo aveva capito benissimo se in un suo scritto premonitore leggiamo: nessun paese ha avuto tanti martiri come la Turchia. Il papa lo ha capito bene, scrive Socci, ma la Segreteria di Stato no; infatti ha preferito restare assente dai funerali, così come è stata notata l’assenza del governo italiano, pur di solito così presenzialista. Non lontano l’argomento che troviamo sul Foglio che, non a caso, si reca a Cordoba (questa città è stata scelta per dare il nome alla enorme moschea che si vorrebbe costruire nei pressi di Ground Zero). Il papa chiese ai suoi vescovi che cosa intendessero fare coi musulmani, e questi risposero di non saperlo. Ma il nuovo vescovo di Cordoba, d’accordo col cardinale di Madrid, ben deciso a non concedere ai musulmani, per le loro preghiere, la cattedrale, si oppone al piano di Zapatero che vuole fare della città il nuovo centro dell’alleanza tra le civiltà; progetto che Zapatero porta avanti coi turchi e coi musulmani senza comprendere il significato che riveste, per loro, la città di Cordoba. Accogliere i musulmani, sì, ma nel modo giusto. Attenta l’analisi da Mosca di Felix Stanevskiy: la Russia, che fu definita da Khomeini il piccolo satana, teme che prima o poi si stabilisca un legame tra l’Iran e l’occidente che vuole controllarne le risorse energetiche; la Russia rischia di restare tagliata fuori. Tra le tante voci raccolte vi è chi pensa che Mosca abbia perso l’occasione unica di costituire un asse con Teheran ed Ankara. Le sanzioni comunque, a detta di molti, non potranno funzionare, e nessuno intuisce quali saranno le sorti dei sistemi antimissile S300 promessi dalla Russia all’Iran; una fornitura questa che rischia di avere pesanti ripercussioni sugli equilibri del MO. Su il Riformista trova spazio la polemica che dilania in questi giorni l’associazione della stampa estera che, ben foraggiata da importanti finanziamenti dello stato italiano, protegge l’attività di un giornalista iraniano arrestato per traffico di armi e spionaggio, ma nel contempo ha espulso prima l’israeliano Menachem Gantz, che non ha voluto lasciarsi imbavagliare, e poi la francese Ariel Dumont che lo aveva difeso. La polemica, già trattata da par suo da Meotti nei giorni scorsi, appare come uno dei tanti giochi sporchi che avvengono nei nostri palazzi. Fa piacere trovare sul Resto del Carlino un articolo, a firma di Gatti, che per una volta non è aprioristicamente schierato contro Israele come lo sono di solito gli articoli di questa testata. Se sarà seguito da altri simili sarà una piacevole sorpresa. Da leggere con attenzione, infine, su l’Avanti, dure parole contro l’editoriale pubblicato da La Stampa a firma di Barbara Spinelli che, ancora domenica scorsa, non ha mancato di scagliarsi contro Israele (e, naturalmente, solo contro questo stato), in un editoriale da tanti severamente criticato.
Emanuel Segre Amar, http://www.moked.it/

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