giovedì 2 settembre 2010
antiche foto città vecchia di Gerusalemme
Gerusalemme a tutti i costi
Vivere blindati, armati e protetti dai soldati.Vivere blindati, armati e protetti dai soldati. Ma vicini alla cittadella del Re David. Nel mezzo dei quartieri arabi si insediano famiglie di ebrei ortodossi che non disdegnano la provocazione. E tra espulsioni, revoca dei permessi di residenza, espropri, tra la popolazione palestinese cresce la rabbia. Le grate alle finestre e gli uomini della security che controllano i vicoli intorno alle abitazioni fanno pensare più ad un campo di prigionia che a una zona residenziale. I bambini non hanno la libertà di muoversi e giocare come in altri quartieri della città, qui rimangono nel loro cortiletto o escono per mano dei genitori. I loro padri sono spesso armati e non rivolgono mai la parola agli altri abitanti della zona.Siamo nel centro di Gerusalemme. A pochi passi dalla città vecchia. È una vita difficile, piena di tensione. Non è raro vedere automobili colpite da sassi, copertoni d’auto bruciati, l’ostilità del resto dei residenti del quartiere è motivo di continua preoccupazione per alcune famiglie. Eppure c’è chi sceglie di far vivere ai propri figli questa situazione senza alcuna remora. Non solo: qualcuno addirittura, per venire a trasferirsi tra grate e sbarre di ferro, ha lasciato pacifiche abitazioni in quartieri residenziali verdi e tranquilli. Zone cui non mancava nulla, apparentemente. Invece per chi le ha lasciate erano luoghi invivibili perché troppo lontani dall’antica cittadella di David o dalla tomba del venerabile Shimon Ha-Zadik. Verrebbe da pensare: chi se ne importa di abitare nell’area della vecchia città di David, ormai distrutta, o accanto alla tomba di un vecchio saggio morto 2300 anni fa, se le condizioni di vita sono queste. Invece ad alcuni ebrei estremisti importa eccome. Installarsi vicino ai propri luoghi santi, circondati da arabi ostili, è per loro quasi una mitzvà, una buona azione, un dovere di fronte alla storia ebraica, con buona pace della sicurezza dei loro figli e del clima che essi respirano fin dai primi anni di vita.È questo uno dei nodi più intricati della realtà di Gerusalemme. Non esistono solo i quartieri ebraici costruiti oltre la linea verde, non c’è solo il muro che taglia in due alcuni sobborghi arabi della città, non ci sono solo gli equilibri demografici che cambiano sempre più a favore della popolazione araba e ultraortodossa, a complicare la situazione ci sono anche alcune, poche, migliaia di ebrei che hanno deciso di andare a vivere nel bel mezzo dei principali quartieri arabi della città. In zone come Sheik Jarrà o Silwan che rappresentano, insieme al Monte degli Ulivi, il cuore della Gerusalemme araba. La loro presenza, neanche a dirlo, crea scontri e tensione. Anche perché l’amministrazione municipale sembra voler incoraggiare la giudaizzazione di alcune zone. Un esempio per tutti. Alcune famiglie arabe, profughe dalla nascita d’Israele, vivevano dal 1948 in piccole abitazioni di Sheik Jarra, accanto alla tomba di Shimon Ha-Zadik. Erano case una volta abitate da ebrei, lasciate libere dai loro originali proprietari in fuga durante la guerra del 1948-49 e dopo la spartizione di Gerusalemme tra Israele e Giordania. Quelle case si trovarono tra il 1948 e il 1967 in territorio Giordano. Rimaste libere furono quindi concesse a profughi arabi provenienti da altre parti della Palestina diventata Israele. Lo scorso anno Israele ha espulso chi le abitava ormai da 60 anni, perché residente “abusivo” e ha riassegnato le abitazioni ad alcuni ebrei, che si dicono seguaci di Shimon HaZadik. Due famiglie arabe sono rimaste per settimane in una tenda montata in un parcheggio sotto le loro vecchie abitazioni, protestavano contro il provvedimento, e non sapevano dove andare. Il contrario ovviamente a Gerusalemme non sarebbe possibile. Nessun arabo scappato dalla sua casa di Talbye, Baka, o German Colony può pretendere l’espulsione degli attuali residenti andati ad abitarci dopo il 1948. Non solo, ma tutti gli arabi della città, che hanno la carta d’identità israeliana ma non il passaporto dello Stato ebraico, hanno sempre un permesso di fatto temporaneo di residenza. Un giovane può avere radici centenarie a Gerusalemme ed esserci nato, ma se va a studiare all’estero per più di sette anni perde il permesso di residenza. Un ebreo che non ha mai visto la città, può arrivare qui a qualsiasi età, e per la Legge del Ritorno rimanerci per sempre senza limiti o permessi da rinnovare. Altri provvedimenti di espulsione sono invece pronti sul tavolo del sindaco per 20 famiglie arabe di Silwan, il quartiere che si trova dove, secondo gli archeologi, sorgeva un tempo la Gerusalemme di re David. Lì, secondo i piani del comune dovrà nascere un parco turistico e quelle case danno fastidio. Non danno però fastidio al municipio i circa 2000 residenti ebrei del quartiere il cui numero è salito costantemente negli ultimi anni. Una e IndivisibileSe Gerusalemme fosse una città “normale”, aperta ovunque a tutti, non ci sarebbe nulla di strano, ognuno potrebbe o dovrebbe poter abitare ovunque. Ma la città santa, in quanto tale, è al centro di ogni colloquio di pace, è indivisibile per gli ebrei che ora la controllano, deve assolutamente essere divisa per i palestinesi che ne invocano la parte est. Curioso che qualche decennio fa agli ebrei andava bene la divisione e agli arabi no! I palestinesi vivono le enclave residenziali costituite dagli ebrei estremisti nei loro quartieri come atti di arroganza. La presenza ebraica è spesso contrassegnata da bandiere e striscioni. Nessuno pensa a una convivenza pacifica tra le parti. La maggior parte degli ebrei che abitano i quartieri arabi lo fanno col sogno di diventare un giorno maggioranza in onore all’antica storia di quei luoghi, gli arabi sperano che presto quegli stessi luoghi diventino parte dello Stato di Palestina e che gli ebrei siano quindi costretti ad andarsene. Il governo e il comune di Gerusalemme incoraggiano o non si oppongono al trasferimento di famiglie ebree ad est per creare una situazione sul campo che di fatto renda indivisibile la città. E tutto ciò accade mentre la tensione sale e la maggioranza dei cittadini paga il prezzo dell’assenza non solo di una pace ma anche di leader responsabili che consentano alle parti di convivere senza provocazioni.Renato Coen, da Gerusalemme http://www.mosaico-cem.it/
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