mercoledì 22 settembre 2010



kibbutz Baram

Qualche domanda aspettando il Congresso

Tra poche settimane l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane si riunirà in congresso; tra gli argomenti più importanti c’è una possibile riforma dello statuto che ridefinisce Consiglio e Giunta, ripensa i rapporti con il rabbinato, riforma la legge elettorale nelle comunità di Roma e Milano. Al momento si discute soprattutto sul primo punto, per via della consueta diatriba tra le «grandi» e le «piccole» comunità. Vorrei a questo proposito sottolineare tre aspetti.Primo. Parlare di comunità grandi e piccole come se fossero un monolite rischia di essere fuorviante. Mentre a Roma e Milano la competizione elettorale sempre più politicizzata acuisce divisioni e contrasti, e rende così difficile l’elaborazione di un obiettivo comune, nelle realtà più piccole i problemi sono spesso assai specifici e dunque difficilmente condivisibili con altre realtà.Secondo. I soldi garantiti dall’otto per mille non sono un patrimonio degli ebrei italiani. Sono una spia del rapporto tra la nostra minoranza e la società circostante: non a caso i dati delle dichiarazioni dei redditi forniscono un quadro interessante e complesso. In molte aree di Italia prive di comunità ebraioche vi sono numeri significativi di persone che scelgono l’UCEI, mentre, per esempio, a Roma la quota è sensibilmente più bassa. Il primo problema per un leader ebreo è di ampliare complessivamente il gettito dell’otto per mille, ovvero di migliorare il rapporto tra ebrei e società. Solo in un secondo momento ha senso discutere della ripartizione.Terzo. Uno degli argomenti «contro» le piccole comunità è che queste siano ormai piene di monumenti e prive di ebrei. In alcuni casi purtroppo è vero. Ma siamo sicuri che sia questa la prospettiva da assumere? Un ebraismo italiano senza piccole comunità potrebbe ancora definirsi «italiano»? I rapporti tra istituzioni ebraiche e istituzioni civili non sarebbero compromessi da una riduzione del numero delle comunità, poniamo, del cinquanta per cento? In un discorso di sistema – che dovrebbe valere anche sul piano della comunicazione, del peso politico, della diffusione di idee e valori – l’interazione tra comunità grandi e piccole è fondamentale, e in questa direzione sembrerebbe andare la proposta di riforma. Una divisione di campanile è deleteria, tanto più che anche Roma e Milano, purtroppo, non sono poi così grandi.Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas

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