venerdì 17 settembre 2010



Tutta la pubblicistica del nazionalismo irredentista palestinese ripropone invariabilmente la mappa esplicita delle sue rivendicazioni territoriali: lo stato di Israele è cancellato dalla carta geografica

Riconoscere Israele come stato nazionale del popolo ebraico

Ultimamente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu insiste nel dire che un accordo sullo status finale coi palestinesi esigerà che essi approvino non solo il concetto di “due stati”, ma anche la più esplicita formulazione “due stati per due popoli”. In altre parole, dovranno accettare il concetto che, così come lo stato palestinese sarà lo stato nazionale del popolo palestinese, allo stesso modo lo stato di Israele dovrà essere riconosciuto come lo stato nazionale del popolo ebraico.Prima di Netanyahu, si era già pronunciata nello stesso senso l’allora ministro degli esteri Tzipi Livni, e a quanto pare una consistente maggioranza degli ebrei israeliani appoggia questa richiesta di principio, benché ve ne siano alcuni altri che sembrano non capire “come mai è così importante”. Eppure la richiesta formulata dal primo ministro è più importante di quanto possa apparire a prima vista. Non si tratta di una questione meramente semantica. Si tratta anzi di una condizione necessaria (sebbene non necessariamente sufficiente) per garantire un accordo che sia stabile.Vi sono almeno due motivi per questo. Il primo ha a che fare con la richiesta israeliana che l’accordo ponga definitivamente fine al conflitto e alle rivendicazioni arabe. I palestinesi distinguono fra riconoscere che lo stato di Israele esiste di fatto e riconoscere il suo diritto ad esistere. Il campo che sostiene il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) non ha problemi con la prima formulazione: “Israele esiste ed evidentemente vale la pena riconoscere il dato di fatto sul piano diplomatico, giacché è in questo modo che i palestinesi possono assicurarsi ciò che solo Israele può dare. È una convenzione che va bene per il presente, poi per il futuro, chi lo sa…”. L’intero concetto di “hudna” (tregua a lungo termine) si fonda su un approccio che abbraccia il compromesso nello sforzo di strappare ciò che si può ottenere al momento, senza abbandonare il proposito di combattere per ottenere di più in futuro. Per tenere a freno tali pretese future, soprattutto riguardo alla questione dei profughi (e al loro cosiddetto “diritto al ritorno”, di fatto un diritto di invasione), bisogna affermare l’impegno dei palestinesi ad accettare il diritto di Israele ad esistere come stato nazionale ebraico. Inoltre, l’iniziativa della Lega Araba impegna tutti gli stati arabi a riconoscere Israele una volta che questi abbia firmato un trattato di pace coi palestinesi (e con la Siria). Che genere di riconoscimento sarebbe? Israele ha un chiaro interesse a ricevere un pieno riconoscimento: vale a dire il riconoscimento del suo diritto a preservare, in quest’angolo del mondo, uno stato nazionale ebraico. Se questo non si può ottenere dai palestinesi, non si potrà certamente ottenere dagli altri stati arabi.Il secondo motivo ha a che fare con lo status degli arabi israeliani (o palestinesi israeliani, come oggi preferiscono definirsi). Agli occhi dei palestinesi, lo stato d’Israele è lo stato “di tutti i suoi cittadini”: non ha e non deve avere alcun carattere nazionale. Se, in base a un compromesso, avrà un carattere nazionale, esso dovrà rappresentare allo stesso modo le due “nazionalità” che vi vivono: ebrei e (arabo-)palestinesi. Se il futuro stato palestinese non riconoscerà lo stato di Israele come stato nazionale del popolo ebraico, non vi sarà alcuna possibilità che lo accettino come tale i palestinesi che vivono dentro Israele. Se non insisteremo su questo punto, nel giro di una o due generazioni ci ritroveremo con una situazione in cui gli arabi israeliani rivendicheranno (magari anche con la violenza) non solo eguali diritti civili (che è legittimo), ma anche eguali diritti “nazionali”. E lo stato palestinese li appoggerà automaticamente in questa loro pretesa (che equivarrebbe a porre fine all’autodeterminazione ebraica), magari anche facendone motivo per rompere il trattato di pace. Per ridurre questo rischio, o perlomeno creare una situazione in cui gli stati del mondo capiscano e appoggino la posizione di Israele di fronte a questo rischio, bisogna chiaramente definire (in modo concordato da tutte le parti in causa) lo stato di Israele come stato nazionale del popolo ebraico.(Da Ynet News, 15.09.10) http://www.israele.net/

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