Ariel, circa 17 mila abitanti, si trova a quasi 15 chilometri al di là della linea verde, che separa Israele dai territori conquistati nel 1967. Fondato nel 1978, è sede del Centro Universitario della Samaria (termine con cui gli israeliani si riferiscono alla Cisgiordania), nonché di due parchi industriali. Le costruzioni erano state interrotte quando il governo di Benjamin Netanyahu aveva ordinato il “congelamento” scaduto oggi.Signor Zimmerman, voi avete ripreso a costruire?Certo, le ruspe hanno cominciato a scavare proprio questa mattina. Abbiamo bisogno di nuove case, specie per le giovani coppie.Ma non teme che, come ormai dicono quasi tutti, la ripresa delle costruzioni negli insediamenti allontanerà la pace? E’ un ragionamento non ha senso. La pace non ha nulla a che vedere con la costruzione di nuove case. E, anche se fosse, che genere di pace sarebbe? Poi, e ci tengo a sottolinearlo, persino il presidente palestinese Abu Mazen ha detto che i negoziati andranno avanti. Dunque non vedo dove sia il problema.Veramente molti palestinesi vedono gli insediamenti come un problema. Davvero? Forse bisognerebbe ricordare che la nostra università e i nostri due parchi industriali sono tra le principali fonti di lavoro in Cisgiordania. Danno lavoro anche a un discreto numero di palestinesi…Può descrivere che effetto ha avuto il congelamento delle costruzioni per voi ad Ariel? Tanto per cominciare, non è stato il primo congelamento cui siamo stati sottoposti. In passato ce ne sono già stati almeno quattro, che io ricordi. E ogni volta è un problema. Perché per vivere una comunità ha bisogno di crescere: le nuove coppie che si sposano vogliono costruire nuove case vicino a quelle dei genitori, in modo che i nonni possano aiutare con i bambini. Un po’ come succede in Italia. Invece quando c’è di mezzo un congelamento i giovani sono costretti ad andare a vivere da un’altra parte, lontano dalla famiglia.Non pensate che, con un accordo di pace, il governo israeliano sgombererà alcuni insediamenti in Cisgiordania, proprio come ha fatto nel 2005 con le colonie di Gaza? Non possiamo parlare per gli altri insediamenti, ma non c’è alcun dubbio che Ariel è qui per restare. Questo è un posto strategico per l’industria israeliana e anche per la sicurezza: il 99 per cento degli israeliani sanno che Ariel è necessario per ostacolare un attacco dai Paesi arabi confinanti. Persino quando c’era Ehud Barak al governo, che offrì ai palestinesi il 97 per cento della Cisgiordania più alcuni territori israeliani come compensazione, cedere Ariel era fuori discussione.27 Settembre 2010 http://blog.panorama.it/
mercoledì 29 settembre 2010
Un bambino israeliano ad Ariel
Cisgiordania, parla il portavoce dei coloni: “Costruiamo e siamo qui per restare”
Riprendono le costruzioni negli insediamenti israeliani in Cisgiordania, e i colloqui di pace si allontanano: questa è la notizia di oggi. Peccato che i diretti interessati, i coloni, la vedano in modo diametralmente opposto. Mentre le ruspe cominciavano a scavare ad Ariel, uno degli insediamenti più grandi, Panorama.it ha intervistato Avi Zimmerman, il portavoce dei coloni.
Ariel, circa 17 mila abitanti, si trova a quasi 15 chilometri al di là della linea verde, che separa Israele dai territori conquistati nel 1967. Fondato nel 1978, è sede del Centro Universitario della Samaria (termine con cui gli israeliani si riferiscono alla Cisgiordania), nonché di due parchi industriali. Le costruzioni erano state interrotte quando il governo di Benjamin Netanyahu aveva ordinato il “congelamento” scaduto oggi.Signor Zimmerman, voi avete ripreso a costruire?Certo, le ruspe hanno cominciato a scavare proprio questa mattina. Abbiamo bisogno di nuove case, specie per le giovani coppie.Ma non teme che, come ormai dicono quasi tutti, la ripresa delle costruzioni negli insediamenti allontanerà la pace? E’ un ragionamento non ha senso. La pace non ha nulla a che vedere con la costruzione di nuove case. E, anche se fosse, che genere di pace sarebbe? Poi, e ci tengo a sottolinearlo, persino il presidente palestinese Abu Mazen ha detto che i negoziati andranno avanti. Dunque non vedo dove sia il problema.Veramente molti palestinesi vedono gli insediamenti come un problema. Davvero? Forse bisognerebbe ricordare che la nostra università e i nostri due parchi industriali sono tra le principali fonti di lavoro in Cisgiordania. Danno lavoro anche a un discreto numero di palestinesi…Può descrivere che effetto ha avuto il congelamento delle costruzioni per voi ad Ariel? Tanto per cominciare, non è stato il primo congelamento cui siamo stati sottoposti. In passato ce ne sono già stati almeno quattro, che io ricordi. E ogni volta è un problema. Perché per vivere una comunità ha bisogno di crescere: le nuove coppie che si sposano vogliono costruire nuove case vicino a quelle dei genitori, in modo che i nonni possano aiutare con i bambini. Un po’ come succede in Italia. Invece quando c’è di mezzo un congelamento i giovani sono costretti ad andare a vivere da un’altra parte, lontano dalla famiglia.Non pensate che, con un accordo di pace, il governo israeliano sgombererà alcuni insediamenti in Cisgiordania, proprio come ha fatto nel 2005 con le colonie di Gaza? Non possiamo parlare per gli altri insediamenti, ma non c’è alcun dubbio che Ariel è qui per restare. Questo è un posto strategico per l’industria israeliana e anche per la sicurezza: il 99 per cento degli israeliani sanno che Ariel è necessario per ostacolare un attacco dai Paesi arabi confinanti. Persino quando c’era Ehud Barak al governo, che offrì ai palestinesi il 97 per cento della Cisgiordania più alcuni territori israeliani come compensazione, cedere Ariel era fuori discussione.27 Settembre 2010 http://blog.panorama.it/
Ariel, circa 17 mila abitanti, si trova a quasi 15 chilometri al di là della linea verde, che separa Israele dai territori conquistati nel 1967. Fondato nel 1978, è sede del Centro Universitario della Samaria (termine con cui gli israeliani si riferiscono alla Cisgiordania), nonché di due parchi industriali. Le costruzioni erano state interrotte quando il governo di Benjamin Netanyahu aveva ordinato il “congelamento” scaduto oggi.Signor Zimmerman, voi avete ripreso a costruire?Certo, le ruspe hanno cominciato a scavare proprio questa mattina. Abbiamo bisogno di nuove case, specie per le giovani coppie.Ma non teme che, come ormai dicono quasi tutti, la ripresa delle costruzioni negli insediamenti allontanerà la pace? E’ un ragionamento non ha senso. La pace non ha nulla a che vedere con la costruzione di nuove case. E, anche se fosse, che genere di pace sarebbe? Poi, e ci tengo a sottolinearlo, persino il presidente palestinese Abu Mazen ha detto che i negoziati andranno avanti. Dunque non vedo dove sia il problema.Veramente molti palestinesi vedono gli insediamenti come un problema. Davvero? Forse bisognerebbe ricordare che la nostra università e i nostri due parchi industriali sono tra le principali fonti di lavoro in Cisgiordania. Danno lavoro anche a un discreto numero di palestinesi…Può descrivere che effetto ha avuto il congelamento delle costruzioni per voi ad Ariel? Tanto per cominciare, non è stato il primo congelamento cui siamo stati sottoposti. In passato ce ne sono già stati almeno quattro, che io ricordi. E ogni volta è un problema. Perché per vivere una comunità ha bisogno di crescere: le nuove coppie che si sposano vogliono costruire nuove case vicino a quelle dei genitori, in modo che i nonni possano aiutare con i bambini. Un po’ come succede in Italia. Invece quando c’è di mezzo un congelamento i giovani sono costretti ad andare a vivere da un’altra parte, lontano dalla famiglia.Non pensate che, con un accordo di pace, il governo israeliano sgombererà alcuni insediamenti in Cisgiordania, proprio come ha fatto nel 2005 con le colonie di Gaza? Non possiamo parlare per gli altri insediamenti, ma non c’è alcun dubbio che Ariel è qui per restare. Questo è un posto strategico per l’industria israeliana e anche per la sicurezza: il 99 per cento degli israeliani sanno che Ariel è necessario per ostacolare un attacco dai Paesi arabi confinanti. Persino quando c’era Ehud Barak al governo, che offrì ai palestinesi il 97 per cento della Cisgiordania più alcuni territori israeliani come compensazione, cedere Ariel era fuori discussione.27 Settembre 2010 http://blog.panorama.it/
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