mercoledì 27 ottobre 2010


Fedeltà e giuramenti

Nelle scorse settimane si è discusso a lungo sull’opportunità del giuramento di cittadinanza votato dal governo Netanyahu: secondo la nuova formula per diventare cittadini ci si dovrà dichiarare fedeli allo stato «ebraico e democratico». La novità consiste naturalmente nell’esplicita menzione della matrice religiosa, che alcuni - i ministri laburisti che hanno dissentito dalla maggioranza dei loro colleghi - hanno letto come una provocazione nei confronti dei cittadini arabi-israeliani. Chiaramente non ci sono problemi per gli ebrei che usufruiscono della legge del ritorno in virtù della loro appartenenza religiosa (seppur basata sul principio di sangue e non sull’halachà, la legge ebraica).La questione è evidentemente delicata, e il dibattito in Israele incredibilmente acceso. L’idea di definirsi in base alla religione può essere letta come una conseguenza naturale del sionismo, che aspirava a una patria ebraica, oppure come la sua più compiuta negazione, in quanto i pionieri dello stato d’Israele erano in gran parte laici - di destra e di sinistra - e corroboravano la propria epopea con un afflato nazionalista. Ma se si trattasse soltanto di una controversia culturale non se ne sarebbe parlato così a lungo.Il problema è chiaramente politico, e incide su paure profonde di israeliani e palestinesi: per i primi il timore di perdere la maggioranza all’interno dello stato d’Israele (senza i Territori) a causa dell’esplosione demografica degli arabi-israeliani; per gli altri la sensazione di essere sempre più considerati cittadini di serie B, con minori diritti. Entrambe le paure hanno dei fondamenti di verità. Dal punto di vista degli israeliani l’unica soluzione per evitare di trovarsi in minoranza in casa propria è quella di trovare un accordo territoriale con i palestinesi e separarsi dagli arabi di Gaza e della Cisgiordania: come ricorda Sergio Della Pergola l’Israele del futuro non potrà essere grande, democratico ed ebraico, ma dovrà rinunciare a una delle tre caratteristiche.Per questo il giuramento è un errore politico, che sparge solamente sale su ferite sanguinanti. Se vogliamo che Israele rimanga - come io vorrei! - uno stato ebraico e democratico, il primo passo da compiere è fare la pace, non ribadire ciò che, fortunatamente, per adesso già è.Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas, http://moked.it/

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