sabato 23 ottobre 2010


I falsi dell'odio - Il libro avvelenato, fra avventura e realtà

Ci sono buoni motivi per credere che l’ultimo mercoledì di questo mese d’ottobre sia da considerarsi una giornata particolare. Anche se mancano conferme ufficiali, in quella data è previsto appaia nelle librerie una novità di tutto rispetto, forse il fatto principale di tutta la stagione culturale. L’editore è fra i più apprezzati: Bompiani. Il titolo un tocco di mistero e fascinazione: Il cimitero di Praga. La firma quella del più noto intellettuale italiano vivente: Umberto Eco. E fra gli slogan presi in considerazione prima del lancio spunta un inevitabile richiamo al principale caso letterario della nostra storia recente. A trent’anni da Il nome della Rosa (di cui si calcola siano in circolazione circa nove milioni di copie in tutto il mondo), questo nuovo libro, che sia destinato a ripeterne il successo numerico o meno, segna una scadenza importante. Ovviamente sul contenuto dell’ultima opera dello scrittore e semiologo vige la massima riservatezza. Alla vigilia dell’uscita di un grande romanzo, il fattore sorpresa è d’obbligo e ogni tentativo di violarlo sarebbe sciocco, e anche molto arrischiato. Eppure in questo caso l’autore ha disseminato, forse con qualche malizia, il cammino di segnali che a ben vedere in qualche direzione portano. E c’è pensare che si tratterà di un libro dedicato a temi cui la minoranza ebraica è comprensibilmente molto sensibile. Se l’attesa è alta, l’attenzione in campo ebraico, da noi o altrove, potrebbe esserlo ancora di più. Cerchiamo di mettere assieme i pochi indizi lasciati alla luce del sole. A cominciare dal titolo. Nella città boema esistono diversi cimiteri. Ma quando si dice “il cimitero di Praga” ci sono pochi dubbi: si fa riferimento al cimitero ebraico più famoso del mondo. Un luogo del vecchio ghetto celebrato da leggende che narrano di alchimisti capaci di tramutare ogni metallo in oro, rabbini dai poteri magici, automi potenti e colossali, misteri, fantasmi e storie di ebrei sempre in bilico fra speranza e persecuzioni, successo e disastro. Nessuno può escludere che Eco, sulle orme dei romanzi di Meyrink e del cinema di Wegener, abbia voluto dedicare la sua fatica più recente al mito del Golem e alla Praga del ghetto più misterioso e affascinante. Ma esiste quantomeno un’altra possibile pista. Il cimitero di Praga non è solo un campo sovraffollato di pietre corrose dal tempo. E’ anche un territorio della fantasia collettiva, il luogo dove alcuni grandi falsari dell’odio antiebraico hanno voluto immaginare si svolgessero le cospirazioni di ebrei intenzionati ad assumere il controllo del mondo. Il laboratorio dove si sono costruiti tutti i miti dell’odio, il repellente armamentario culturale e ideologico che ha sostenuto i fautori del razzismo e del genocidio. Lì si incontravano, secondo i demenziali autori dei primi romanzetti antisemiti che facevano apparizione fra la fine dell’Ottocento e il debutto del secolo scorso, i maggiorenti di fantomatiche consorterie di potere per tradire la loro sete di denaro e di dominio. E da lì avrebbero preso le mosse anche i famigerati Protocolli dei savi anziani di Sion, il più clamoroso e tristemente celebre falso dell’odio. Sarebbe solo letteratura di infimo livello, se non fosse stata usata, con un successo molto maggiore delle aspettative nutrite dagli stessi autori, per praticare il genocidio e massacrare milioni di innocenti. La lettura dei libri di Eco mostra come il suo lavoro letterario si inoltri sempre lungo lo stretto passaggio fra la storia, la grande conoscenza e il romanzo, il richiamo dell’avventura. E siano costanti elementi che riportano il lettore a quei territori fra Piemonte e Lombardia legati al vissuto dell’autore e tanto importanti nell’interpretazione della nostra identità. Un’analisi di molti scritti di Eco dimostra anche come il semiologo sia un profondo conoscitore e un’analista raffinato dalla biblioteca dei grandi falsi dell’odio. Sua è la luminosa introduzione a The Plot il capolavoro disegnato da Will Eisner che smaschera attori e agenti della sudicia storia dei Protocolli (edizione italiana Il complotto, Einaudi editore). Sue le coraggiose affermazioni che hanno opposto al mito di un’Italia al riparo dall’antisemitismo il dato di fatto che in presenza di un moderata componente di odio da parte del popolo, proprio gli ambienti intellettuali e religiosi italiani abbiano offerto ai teorici dell’antisemitismo strumenti decisivi. In ogni caso, e senza ovviamente mettere minimamente in dubbio le migliori intenzioni di un intellettuale rigoroso e trasparente, sembra che nelle prossime settimane i protocolli dell’odio torneranno sotto gli occhi di molti lettori. E per quanto la logica, la cultura e un’onesta evidenza dei fatti smontino in modo incontrovertibile qualunque flusso malsano, è sempre meglio restare con gli occhi aperti. Ecco, in attesa di leggere il nuovo romanzo, il motivo di questo dossier. Anche perché, per dirla con lo stesso autore del Cimitero di Praga, “quello che appare incredibile è che questo falso sia rinato dalle proprie ceneri ogni volta che qualcuno ha dimostrato che si trattava di un falso. Al di là di ogni dubbio”. Guido Vitale, Pagine Ebraiche, ottobre 2010

Nessun commento: