venerdì 1 ottobre 2010


kibbutz Ruhama

Una tregua sulle colonie per sperare l'impossibile

Nel Medio Oriente, dove tutto è paradossale e dove talvolta ci si affida all’empirismo più estremo, la decisione più importante è che israeliani e palestinesi hanno deciso di non decidere, regalando un’altra settimana di tempo alla diplomazia, e così scongiurando una possibile catastrofe. In realtà qualche decisione era stata presa, ma entrambe le parti hanno per ora fatto finta che non fosse stata presa. Potremmo definirla ipocrisia della sopravvivenza politica. Israele si è rifiutata di prolungare la moratoria sugli insediamenti, e i coloni già si preparano ad attivare le ruspe per riprendere le costruzioni di case in terra araba. Ma se da una parte il governo ha accontentato i suoi estremisti, dall’altra il premier Benjamin Netaniahu non ha lanciato proclami e ha risposto con sussurri imbarazzati, lasciando intendere di avere gravi difficoltà interne ma non volendo irritare oltremisura gli americani (già infastiditi, per la verità) e non volendo umiliare il «mio partner», cioè il presidente dell’Anp Abu Mazen. Sul fronte palestinese l’atteggiamento è quasi simmetrico. Abu Mazen aveva detto che se non vi fosse stato il prolungamento della moratoria, scaduta alla mezzanotte di domenica, avrebbe abbandonato subito i colloqui diretti con la controparte, voluti fortemente dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Ma ieri, quando il rischio di veder crollare tutto è diventato reale, ha deciso di prendere e concedere tempo, sostenendo che la reazione ufficiale verrà presa il 4 ottobre, dopo un vertice della Lega araba e dopo la riunione del comitato esecutivo palestinese. In sostanza, il risultato è che le parti non hanno voluto smantellare la paziente tessitura dell’Amministrazione americana. I colloqui sono ovviamente sospesi ma non tutto è perduto. Una settimana è poco più del tempo di qualche sospiro, tuttavia si sa che nella tribolata regione mediorientale i problemi non si risolvono, ma qualche sorpresa per far rinascere la speranza è possibile, anche all’ultimo momento. Almeno si è capito che sia Netaniahu sia Abu Mazen hanno ben presenti i rischi di un collasso e cercano, come possono, di scongiurarlo. Abu Mazen ha almeno un vantaggio su Netaniahu. Non voleva andare ai colloqui perché non si fidava della controparte, ed è stato convinto a cambiare idea non soltanto dalla volontà del presidente Obama ma dall’incoraggiamento di due leader arabi moderati come l’egiziano Hosni Mubarak e il re giordano Abdallah, e della stessa Lega araba. Alla quale, appunto, potrebbe essere riservata la responsabilità dell’ultima parola. C’è di più. L’Egitto, che teme non soltanto il fallimento dei negoziati, ma anche la radicalizzazione dell’estremismo islamico a Gaza, che i più moderati di Hamas non riescono a controllare, sta tentando una vera rappacificazione tre i laici del Fatah e i fondamentalisti. La visita alla Mecca, dopo il Ramadan, del potente capo dell’intelligence del Cairo Omar Suleyman, e l’incontro con il falco di Hamas Khaled Meshal, che vive a Damasco, è il primo passo di una convinta strategia egiziana: aiutare Abu Mazen, riavvicinare le due anime palestinesi, scongiurare il collasso di Gaza e impedire gravi turbative alle sue frontiere ormai a ridosso dalle elezioni presidenziali, nelle quali Mubarak potrebbe passare il testimone al figlio Gamal. Netaniahu, cui non fanno certo difetto doti di equilibrista, stavolta corre il rischio di venir travolto dai suoi stessi (e imbarazzanti) alleati: sia l’estrema destra di Lieberman sia i religiosi. Per rendersi credibile, soprattutto con l’irrinunciabile alleato americano, deve compiere passi e accettare compromessi, anche contro la sua stessa coalizione. Ecco perché in questa partita tripla o quadrupla entrano tutti, anche la Siria. Ed ecco perché accanto a chi ha deciso di non decidere, la diplomazia si muove a tutto campo. In Medio oriente. Negli Stati Uniti. E in Europa. Nella speranza di dilatare la settimana, e di evitare che la parola torni alle armi. CORRIERE della SERA,28/09/2010

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