sabato 2 ottobre 2010


L'Intifada e la realtà distorta dai media

http://www.agenziaradicale.com/mercoledì 29 settembre 2010 di ELENA LATTES
Il 28 settembre di 10 anni fa cominciava la cosiddetta seconda intifada che ha causato complessivamente oltre cinquemila morti. Due giorni dopo l'inizio, il 30 settembre, il New York Times pubblicò una fotografia di un giovane sanguinante davanti ad un soldato israeliano con la seguente didascalia: "Un poliziotto israeliano e un palestinese sul Monte del Tempio", dando l'impressione, quindi che fosse un povero ragazzo picchiato dai perfidi militari. In realtà il giovane era uno studente ebreo americano quasi linciato da una folla di palestinesi e salvato da un soldato israeliano druso. Tuvia Grossman, la vittima, non ricorda molto di cosa successe dopo il suo svenimento tra le braccia del poliziotto. Aveva molte ferite alla testa e riprese i sensi soltanto nell'ambulanza, mentre lo portavano in ospedale. "Ero stato picchiato dalla folla, ma ero riuscito ad urlare e per un momento essi indietreggiarono, così io riuscii a scappare. Corsi su per la collina e vidi un poliziotto che veniva verso di me... Avevo perso così tanto sangue quando lo raggiunsi, che caddi a terra svenuto." Racconta ora Tuvia in un'intervista al Jerusalem Post. Mentre il poliziotto, Gidon Tzfadi del villaggio di Kfar Sumei, riuscì a portare Grossman nell'ambulanza, salvandogli la vita, un fotografo dell'Associated Press riprese la scena, interpretandola in maniera del tutto differente. Il giorno dopo uscì quello scatto in diversi giornali e in particolare sul New York Times con la descrizione di cui sopra. Il padre di Tuvia vide suo figlio in prima pagina scambiato per un palestinese e telefonò alla redazione del noto quotidiano. La foto venne immediatamente ritirata, ma il danno era ormai fatto: l'icona della (presunta) brutalità israeliana aveva già fatto il giro del mondo. "Ero appena uscito da un terribile attacco, ero un ebreo che viveva in Israele e la foto sembrava mostrare l'esatto contrario di quello in cui io credo. - ricorda il ragazzo di 10 anni fa che nel frattempo è diventato un avvocato e ora lavora in uno studio a Tel Aviv - Arrabbiato e sconvolto non sono gli aggettivi più adatti a descrivere il mio stato d'animo. Piuttosto mi sono sentito frustrato perché non potevo cambiare le cose nonostante fossi stato ripreso in una foto di cui tutti parlavano, ma della cui veridicità nessuno si curava. Quell'immagine si trova ancora in alcuni siti egiziani difensori della "causa palestinese", insieme ad altre falsificazioni, come le foto taroccate che furono pubblicate dalla Reuters durante la guerra del Libano nel 2006 e quelle del conflitto di Gaza del 2008/09. Il direttore di Honest Reporting, Simon Plosker, ha segnalato una lunga lista di casi in cui i media internazionali hanno pubblicato fotografie che in qualche modo distorcevano fatti riguardanti il conflitto arabo-israeliano. Il Daily Telegraph, per esempio, ha usato recentemente le foto di Gaza del 2008-09 per mostrare l'attuale vita nella Striscia, mentre la Reuters ha tagliato ad arte immagini che ritraevano gli avvenimenti della Mavi Marmara "censurando" i soldati israeliani feriti. Gli errori sono stati ammessi, ma, come in altri casi, il danno diventa ormai irrimediabile. "Diverse possono essere le cause alla base di queste distorsioni - spiega Plosker - a volte dipende dal fotografo, altre dalla redazione o da un solo redattore. Il nostro scopo in Honest Reporting è quello di far sapere ai lettori che ciò che vedono non rappresenta sempre la realtà. Ammetto che noi siamo a favore di Israele, ma questo non entra in conflitto con la richiesta di parametri più professionali".
Tutto questo succede anche in altri contesti ma, per esempio in confronto alle guerre in Iraq e Afghanistan, ci sono molte più immagini false provenienti dal conflitto israelo-palestinese.
"È ben noto che quest'ultimo ha una copertura mediatica sproporzionata rispetto a simili situazioni in altre aree del mondo" commenta Miri Eisen, già consulente del ministero delle telecomunicazioni. Il ruolo delle organizzazioni come HR è oggi ben più importante che in passato, poiché la diffusione di immagini e notizie distorte è più larga e veloce con i nuovi mezzi tecnologici e sfugge facilmente al controllo. "Grazie al lavoro come il nostro - prosegue Plosker - la gente ora sa che non può credere a tutto quello che legge, vede e sente nei media. Ovviamente resta il fatto che una foto vale più di mille parole e non c'è dubbio che queste potenti immagini vengono ricordate senza grandi difficoltà." Tuvia Grossman concorda in pieno: "Sebbene il Times stampò una correzione, alcuni miei cugini in Brasile hanno assistito a manifestazioni in cui venivano esposti poster con il mio ritratto per dimostrare la brutalità israeliana. In ogni caso quel che lascia più perplessi è il fatto che nonostante l'ammissione, i media sembrano non imparare dai propri errori e continuano a commetterne".

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