mercoledì 13 ottobre 2010
Lo scandalo dell’amore.La sposa gentile di Lia Levi
Lia Levi, con il romanzo La sposa gentile, ha conquistato il Premio Alghero Donna 2010. L’argomento è legato al tema dell’identità, che condiziona la vita di molte comunità italiane, specie le più piccole, e al matrimonio “misto”. È però anche una bellissima storia d’amore. Com’è nata l’idea di questa vicenda?Uno scrittore francese si è trovato a dire che “il romanzo è una storia vera raccontata da un bugiardo”. Io mi rispecchio in pieno in questa definizione. Quella de La Sposa gentile è la storia di mia nonna e mio nonno, ed è accaduta nella Saluzzo di inizio secolo XX più o meno come l’ho raccontata. Ma questa “verità” è solo lo spunto, il canovaccio di una trama. I fili della tessitura sono tutti d’invenzione. E anche il mio romanzo in definitiva è una invenzione. Certo, il libro non si può limitare a descrivere. Il tentativo di chi scrive è di mettere in moto una serie di riflessioni ed emozioni. Sì, il matrimonio misto, che è poi in ultima analisi il tema dell’identità, è sempre stato ed è centrale per l’anima ebraica. In fondo l’uomo ebreo spesso si trova in bilico fra l’aspirazione ad essere sempre più a pieno titolo inserito nella società in cui vive, e il timore di perdere la propria specifica fisionomia. Molte storie ebraiche oscillano e si dibattono all’interno di questa contraddizione.Il personaggio di Teresa, la Sposa Gentile, desidera imparare e accoglie poi con impegno le regole ebraiche. Trasforma la sua dimora in una vera casa ebraica. Senza svelare la conclusione, tuttavia è importante valutare l’atteggiamento di Teresa alla luce delle ultime pagine. C’è un giudizio implicito, da parte sua, sulla scelta di questa donna? Può una “sposa gentile” diventare una vera ebrea?Dare giudizi non è la funzione di un scrittore. Quello che posso dire sul mio personaggio è che la scelta di Teresa è quella di una accettazione nel senso letterale del termine, cioè non imposta né subita. È un accoglimento sereno e consapevole di una tradizione, finalizzato a che “lui sia contento”, come viene sottolineato più volte nel libro. Insomma, è una scelta d’amore, sempre vissuta però all’insegna della libertà. Alla domanda finale, io risponderei “sì”, ma ribadendo che quella libertà interiore che anima Teresa deve essere autentica e fondamentale.Attraverso la saga della famiglia Segre si percorre la storia dell’ebraismo italiano, quasi dall’emancipazione ai nostri giorni, con il fuoco sull’apporto ebraico al Risorgimento e il “tradimento” delle leggi razziali. La storia e la memoria sono fondamentali in tutte le sue opere. È importante per lei questo contenuto “culturale”?Credo proprio che la mia vera ispirazione sia nutrita non solo dal mio essere nata ebrea, con tutte le contraddizioni a cui accennavo, ma più di tutto dal mio “destino ebraico” che mi ha fatto vivere nel periodo delle discriminazioni razziali, della guerra, delle persecuzioni. Al momento delle leggi antiebraiche del fascismo avevo sei anni e penso di essermi formata all’interno di quelle per me incomprensibili regole. Quel modo speciale e limitato di vivere è stato il mio imprinting, il mio mito personale di conoscenza del mondo. Ed è proprio il mito personale dell’infanzia da cui si parte poi quando ci si mette a scrivere narrativa. Il fatto poi che, essendo bambina, io abbia vissuto quelle traversie senza avere una visione d’insieme, ma frantumandole nelle singole e spicciole esperienze quotidiane, ha forse influenzato il mio modo di raccontare, partendo dal “basso”, cioè dai piccoli dettagli della vita di tutti i giorni. Lei si è ormai affermata anche come scrittrice “per ragazzi”. Come regola il registro narrativo per i suoi lettori, di età anche molto diversa?Per quanto mi riguarda (non per tutti gli autori forse è così) quando scrivo per bambini e per ragazzi, io sono una bambina, sono una ragazza. E devo dire che mi diverto anche molto a creare per loro, perché vivo in presa diretta le loro avventure. E se ti sei calato nel personaggio e nell’età di quel personaggio, il registro narrativo diverso viene quasi in modo automatico.Lei è stata per molti anni Direttore del mensile della Comunità di Roma Shalom. Come giudica il panorama dell’informazione ebraica in Italia?Credo che da qualche tempo a questa parte il panorama offra segni confortanti. La stampa ebraica si è rapportata ai tempi e non solo da un punto di vista tecnologico. Il suo compito mi appare però assai difficile in questo momento in cui la decifrazione - appunto - del “chi è ebreo” e del come lo è, si scontra con una dirigenza ebraica poco propensa a fare i conti veri con la realtà e con i suoi nuovi problemi.Ester Moscati http://www.mosaico-cem.it/
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