giovedì 25 novembre 2010


parte nord di Ghajar, delimitata dai recinti israeliani, vista dal Libano subito dopo la guerra dell'estate 2006 (foto di L. Trombetta)
Ghajar: meglio occupati che libanesi

RUBRICA DAMASCO-BEIRUT. Siriani che ricevono acqua e luce da Israele e che lavorano in aziende nemiche, occupano il suolo libanese protetti dai soldati Onu. Questo lo scenario che si rischia in caso di ritiro israeliano.
BEIRUT - Il consiglio di Difesa israeliano ha deciso il 17 novembre il ritiro dalla parte nord di Ghajar, località siriana occupata nel 1967 che negli anni si è estesa verso nord in Libano, e che dal 2000 è formalmente divisa in due dalla Linea Blu di demarcazione tra lo Stato ebraico ed il paese dei Cedri (sullo status di Ghajar si veda quanto scritto su Limes lo scorso 8 novembre). Dalla Francia, dagli Usa, dall'Onu e dalla Russia plaudono alla decisione di Israele, che si avvia così a rispettare, con un ritardo di soli quattro anni, una delle numerose risoluzioni Onu (nel caso specifico un articolo della n.1701 del 2006) che le impongono il ritiro dalle varie terre arabe occupate. Le cancellerie straniere sembrano però ignorare la complessità del rebus di Ghajar, e il politicamente corretto impone a tutti di gioire della decisione di Israele. Osservando la questione più da vicino viene da pensare che il mantenimento dello status quo sia forse la soluzione migliore. Che, almeno per il momento, sarebbe meglio che le truppe dello Stato ebraico rimangano a occupare illegalmente quel mini fazzoletto di terra libanese. Ma si proceda con ordine, partendo dalle certezze: 1) Il Libano non accetterà di cedere a Israele quella parte di territorio.2) Gli abitanti di Ghajar, che si oppongono fermamente alla divisione del loro villaggio, non accetteranno di ritirarsi dalle case da loro abusivamente costruite in Libano negli anni dell'occupazione israeliana del sud del Paese dei Cedri (1978-2000). 3) La parte sud del villaggio è invece indissolubilmente legata alla questione delle alture siriane del Golan e rimarrà sotto occupazione israeliana ancora per molto altro tempo.
Stando così le cose, per gli abitanti di Ghajar solo l'occupazione israeliana di entrambe le parti del villaggio garantisce la sua indivisibilità, nonché la continuità territoriale tra il centro abitato, i servizi pubblici, i luoghi istituzionali e le terre coltivate. Ancora non si conoscono i dettagli del piano di ridispiegamento, ma da quanto trapelato dai mezzi d'informazione di Tel Aviv e Beirut, e dalle ultime affermazioni dei responsabili di Unifil e del ministero degli Esteri dello Stato ebraico, lo scenario più probabile è il seguente: 1) Israele continuerà a fornire i servizi essenziali (acqua, luce, gas, assistenza sanitaria) ai residenti della parte nord. 2) Tra questi, chi non vive dei frutti della propria terra continuerà a lavorare presso le aziende israeliane dove è attualmente impiegato, e vedrà quindi assicurata la propria mobilità tra la parte nord e il resto della Galilea israeliana.3) Tutti i residenti di Ghajar avranno libertà di movimento tra la porzione nord e quella sud, dove si concentrano tra l'altro la scuola, il pronto soccorso, il centro sportivo. 4) Circa 150 caschi blu dell'Unifil si sostituiranno agli israeliani per assicurare la sicurezza della parte nord ed erigeranno un reticolato tra le due porzioni, lasciando un unico ingresso aperto ma sorvegliato all'altezza della sede del Comune, che si trova al limite delle due zone. Se ritiro sarà, quale titolo fareste all'ipotetico vostro giornale? Ispirato da Lina Wertmüller, ho pensato a questo: "Abitanti siriani di Ghajar, che ricevono acqua e luce da Israele e che lavorano in aziende israeliane, occupano il suolo libanese protetti dai soldati Onu". In quanti lo leggerebbero?In ogni caso, a Tel Aviv, Beirut, Parigi, Washington e New York sembrano dimenticare che le duemila anime di Ghajar, dopo quarant'anni in Israele, non hanno alcuna intenzione di perdere i loro servizi - essenziali - per far piacere ai politici. Professano la loro appartenenza alla Siria perché sanno che per ora, come per il prossimo futuro, non c'è nessuna speranza che il Golan torni sotto la sovranità di Damasco. Sulla carta sono leali alla madrepatria siriana, ma dal 1981 (anno dell'approvazione alla Knesset della legge sull'annessione delle terre del Golan) sono di fatto cittadini israeliani. Viene in mente, a proposito, una nota barzelletta diffusa a Damasco sin dagli anni Ottanta. Un soldato siriano e uno israeliano si incontrano lungo il confine. L'israeliano deride il siriano: "Noi abbiamo luce 24 ore su 24, telefoni sempre funzionanti, televisori a colori…". Il siriano riflette e poi risponde fiero: "Ma noi abbiamo il partito Baath!". L'israeliano, pensieroso, lascia la postazione. Il giorno dopo torna e annuncia con fierezza al siriano: "Da oggi anche noi abbiamo il partito Baath… ma non abbiamo più luce, telefono, televisore…". Analogamente, gli abitanti di Ghajar rifiutano ogni progetto di annessione al Libano prima di tutto perché sanno che all'ombra dei Cedri non avrebbero più assicurati elettricità, gas, acqua, istruzione e assistenza sanitaria.Perché sanno che persino nei quartieri "bene" di Beirut la luce è razionata, il gas bisogna acquistarlo privatamente in bombole da campeggio, e l'acqua viene dispensata a pagamento da autocisterne private nei lunghi mesi di siccità. Per non parlare del diritto a ricevere le cure mediche: in Libano solo i senza tetto ricorrono agli ospedali pubblici, e se non si ha un'assicurazione si rischia di esser respinti dalle costose strutture private. I residenti di Ghajar vogliono continuare a lavorare in Israele perché nel vicino Libano, in quanto stranieri vissuti per decenni "sotto occupazione" e che hanno avuto "rapporti col nemico", non potrebbero godere dei pieni diritti civili. E sarebbero comunque guardati come sospetti collaborazionisti dal resto della popolazione del sud, per lo più fedele al movimento sciita anti-israeliano Hezbollah.
Nonostante questa verità, il deputato Qassem Hashem del partito Baath libanese eletto nel distretto di Shebaa, ha invitato gli abitanti di Ghajar a fare "pressioni sul nemico israeliano perché si ritiri dal loro villaggio". Citato venerdì 19 novembre dal quotidiano an-Nahar, Hashem ha ignorato l'evidenza, affermando che i residenti di Ghajar "sono prima di tutto e in fin dei conti cittadini arabi", e che "dallo Stato libanese riceveranno la protezione e il trattamento riservato ai cittadini libanesi". Questo è proprio quel che temono i siriani-israeliani di Ghajar.di Lorenzo Trombetta (22/11/2010) http://temi.repubblica.it/

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