martedì 21 dicembre 2010


Michelstaedter e "Il segreto di Nadia B."
Donna, ebrea, russa, anarchica, colta, anzi coltissima: questo l’identikit della protagonista dell’ultimo libro di Sergio Campailla: Il segreto di Nadia B.È un romanzo al femminile, una spy story. Scopriamo infatti che la misteriosa Nadia è una spia, ma una spia vera. Sì, perché la cosa più sorprendente è che il personaggio è esistito per davvero. È tutto documentato. L’autore cita le fonti, una per una. A cento anni di distanza, recupera gli articoli dei giornali dell’epoca che hanno parlato di lei, una straniera che, nel 1907, all’indomani del suo “suicidio-spettacolo” in Piazza Vittorio Emanuele, a Firenze, aveva destato scalpore, scandalo, ma che poi era stata presto dimenticata, rimossa.“Pericolosa come una cometa”, Nadia ha intrecciato il suo destino con quello di Carlo Michelstaedter, di cui quest’anno ricorre il centenario, e di cui Campailla è il maggiore conoscitore, che ne ha curato il revival a livello internazionale. La grande rivelazione è che Nadia, di cui addirittura ormai si ignorava l’esistenza, è stata la sua musa segreta. Si scava nell’epistolario, dove i richiami alla donna sono evidenti, ma ancor più evidente, talvolta, è ciò che viene deliberatamente taciuto, omesso, cancellato. Con intuito da rabdomante, lo scrittore va alla ricerca proprio di ciò che è nascosto e che scorre sotterraneo. Nel Segreto di Nadia B., la verità sulla donna rappresenta quasi un tabù, ed è continuamente “insidiata dalla menzogna”.Una verità sepolta che riemerge dopo tanto tempo. Un notte lunga un secolo e poi nel buio appare un volto: il volto di Nadia.È cominciato tutto trentasette anni fa, per Campailla, quando per la prima volta, in qualità di curatore testamentario, ha avuto accesso alle carte di Michelstaedter, carte bagnate di sangue, a sancirne il sodalizio inscindibile tra vita e scrittura.Trentasette anni fa, dunque, esaminando quelle carte, si è imbattuto in Nadia.“La percezione di quelle due storie parallele, di Carlo e di Nadia, al maschile e al femminile – confessa – mi risultava angosciosa. Due storie parallele, a meno che una non fosse in rapporto con l’altra…«Nadia, di nome», chiesi. «Ma il cognome?»«Baraden.»Baraden… Non lo avevo mai sentito… Non avrei potuto. Non era mai stato scritto in precedenza. Era la prima volta che saltava fuori”.A cento anni di distanza dagli avvenimenti emerge un materiale inedito e scottante, un magma che irrompe nel presente.Tutto ha inizio da quella curiosità, da quella domanda sul cognome della donna.Alla ricerca di una verità perduta, Campailla consulta prima gli archivi italiani, poi quelli segretissimi dell’ex Unione Sovietica.Salta fuori perfino una lettera di Albert Einstein a Carlo Winteler, nipote omonimo di Carlo Michelstaedter.“Il passato è un giacimento imprevedibile – avverte all’inizio del romanzo – e nel buio, talora riserva sorprese e scoperte emozionanti. È come il mare, pieno di vita segreta, che deposita i suoi relitti sulla sponda, in successive ondate, nel tempo. Sulla sponda, io ho raccolto quei frammenti e li ho messi insieme”.Con piglio da investigatore, l’autore segue le tracce lasciate dal suo personaggio. La donna è approdata a Firenze, dove studia presso la prestigiosa Scuola del Nudo, ma viene da lontano. Nadia è una donna in una società patriarcale, una figlia di un padre che avrebbe desiderato un maschio, una russa in terra straniera, un’anarchica nella sterminata Russia degli Zar, una ventenne sensibile e acculturata, un’aspirante artista in un secolo che appartiene ancora all’altra metà del cielo. Non solo. È bella, indicibilmente bella, di una bellezza esotica, e la bellezza è la sua maledizione. Tutte le contraddizioni e le tensioni di un secolo controverso sembrano coagularsi in lei.Nata a San Pietroburgo, da una famiglia di ebrei ortodossi vicina agli Zar, spicca il volo appena adolescente. A Odessa, tristemente nota per il pogrom del 1905, al quale sopravvisse lo scrittore Isaak Babel’, partecipa all’attentato nei confronti di un principe antisemita. Condannata alla deportazione in Siberia, la sua pena viene poi commutata nell’espatrio.Sono gli anni dei Protocolli di Savi di Sion, delle teorie del complotto giudaico-massonico, dell’Affaire Dreyfus. È una caccia alle streghe:“Nichilismo e «lebbra ebraica», come ebbe a definirla Dmitrij Tolstoj, il ministro dell’Interno di Alessandro iii, i due gemelli della modernità, sono entrambi presenti nella storia di Nadia Baraden”.Come Michelstaedter, si è allontanata dalla religione dei padri, non frequenta la sinagoga, eppure quando approda a Firenze, ultima tappa del suo pellegrinaggio in terra straniera, “le sue frequentazioni, in sottotraccia, sono prevalentemente ebraiche”. Con cognizione di causa, Campailla cita Einstein: “l’ebreo che abbandona la sua fede è in posizione simile a una chiocciola che abbandona la conchiglia. È ancora una chiocciola”.Sembra uscita dalla penna di Dostoevskij, da un romanzo russo, e la sua storia è fascinosa “come una favola, una favola russa che sembra falsa”, eppure è tutto vero.Che cosa rappresenta Nadia per Michelstaedter?, si domanda Campailla:“L’immagine di un amore impossibile. Nadia viene da lontano ed è andata lontano. La Russia è un fondale della fantasia e la donna ne possiede la chiave. Ha dietro di sé un mondo mai visto se non nei romanzi di Tolstoj, di Gor’kij e di Merežkovskji”.Un ritratto di lei, ad opera di Michelstaedter, forse ce ne restituisce l’aspetto. Senz’altro suggestivo, il quadro è stato inserito nella mostra Far di se stesso fiamma, curata dallo stesso Campailla, nell’ambito della quale sono esposti, presso la Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, dipinti, caricature, disegni e bozzetti dell’enfant prodige goriziano:“Un olio su tela. Dedicato a una giovane donna. Con un colletto bianco alto a coprire per intero il collo, una collana, un fiore all’altezza del seno. Con i capelli biondo fulvo, o rossi, e degli occhi grandi e visionari, isolata in una luce spirituale”.Ma i suoi ritratti, man mano che la ricerca procede, si moltiplicano, così come si moltiplicano i suoi doppi, i suoi sosia. La sua condanna è quella delle donne in ogni forma d’arte: quella di essere ritratta oppure cantata dall’uomo, passivamente. È la leggenda popolare della “moglie del muratore”. La donna deve morire perché l’uomo possa edificare la sua casa. È il suo sacrificio rituale, il suo sangue, a dare linfa all’edificio della società patriarcale. A questo schema culturale, a questa gabbia, Nadia si ribella, e soccombe. Non rinuncia alla libertà di autodeterminarsi, di scegliere chi vuole essere.Chi è Nadia, allora?È la straniera, la diversa, l’ebrea, la donna, l’anarchica, colta, anzi coltissima, per giunta aspirante artista. È una creatura che abita la soglia, nel segno della differenza. Proprio l’esotismo e l’inappartenenza, però, se da un lato alimentano il suo fascino, dall’altro ne fanno un capro espiatorio. Gli stessi uomini, che lei aveva ammaliato con la sua bellezza, la ingannano. La verità è che non è lei, una spia russa, ad averli irretiti, sono loro, al contrario, ad aver ordito trappole ai suoi danni, uno dopo l’altro: “C’era nella sua personalità un difetto originario, un’ingenuità che la predisponeva alla caduta”. Non è una Mata Hari Nadia: lei i suoi segreti se li è fatti rubare. Ne rimane solo uno, che lei aveva affidato in una lettera estrema a Michelstaedter e che noi preserviamo per il lettore, sconvolgente: il Caput Nili.Una spy story dalle tinte noir alla ricerca della “vera verità”. Un thriller sulle tracce del colpevole, sì, perché alla fine del romanzo scopriamo che Nadia “è stata suicidata”.Paola Culicelli,http://www.moked.it/

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