venerdì 3 dicembre 2010


Si fa presto a dire confini

Di Elisha Efrat http://www.israele.net/
La richiesta fatta dagli americani al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di indicare i confini di un futuro stato palestinese – e di specificare la percentuale di Cisgiordania da cui Israele si ritirerebbe per permetterne la creazione di tale stato – non ha ancora ricevuto ufficialmente una risposta pubblica. È una domanda a cui in effetti è difficile dare una risposta, giacché solleva a sua volta la questione di quali sarebbero esattamente i principi a attenersi nello stabilire tali confini.L’avvio di negoziati sui confini è di estrema importanza. Il confine è una creazione artificiale dell’uomo stabilita da una popolazione per dare espressione alla propria sovranità – e alle proprie aspirazioni territoriali – sulla propria terra. Il confine influenza direttamente la vita di coloro che vivono lungo di esso, ed è spesso molto più importante del percorso lungo cui viene fissato. Il confine trasforma il territorio in esso compreso in un diritto di nascita, organizza la rappresentazione pubblica della sovranità, crea una connessione fra una nazione e il suo territorio.Nel caso dello stato palestinese, questi non sarà in grado di iniziare a edificare se stesso finché non saranno fissati e accettati i suoi confini. Il futuro confine fra Israele e Palestina deve essere tracciato nella prospettiva della fine del conflitto mediorientale. Pertanto occorrerà che sia basato il più possibile su caratteristiche topografiche chiaramente visibili sul terreno. Inoltre, indipendentemente dal suo esatto percorso definitivo, il confine concordato dovrà anche essere riconosciuto dalla comunità internazionale.Esistono diverse opzioni generali che si possono adottare per tracciare la futura frontiera internazionale: la Linea Verde (vale a dire, ex linea armistiziale fra Israele e Giordania in vigore dal 1949 al 1967), con la possibilità eventuale di modifiche minori; ovvero seguire la barriera di separazione difensiva edificata fra Israele e Cisgiordania, che modifica significativamente la Linea Verde prevedendo l’inclusione in Israele dei maggiori blocchi di insediamenti; infine, scambi di terre che tengano conto degli sviluppi geografici e demografici intervenuti dopo il 1967.Ma ci sono alcuni altri criteri essenziali da tenere presente nel determinare la natura del futuro confine israelo-palestinese. Esso dovrà prevedere dei valichi di passaggio per persone, merci e prodotti agricoli. Dovrà garantire l’esistenza di continuità territoriale su entrambi i versanti. Dove risulteranno necessari scambi di territori, la misura dovrà essere presa sulla base di uno scambio uno-a-uno, salvo quando una parte offra all’altra territori di particolare valore economico o strategico tali da richiedere un trattamento specifico.Infine, cosa più importante, il confine dovrà includere il minor numero possibile di centri abitati palestinesi sul suolo israeliano e il minor numero possibile di centri abitati israeliani su suolo palestinese. Se dei centri abitati arabi attualmente in Israele dovessero essere inclusi all’interno dei confini dello stato palestinese, l’intervento dovrebbe essere preceduto da un voto della popolazione su entrambi i versanti dell’area frontaliera in questione.Non basta. La demarcazione del confine dovrà tenere conto delle infrastrutture esistenti o in fase di progetto, e dovrà permettere ai palestinesi ragionevoli possibilità di movimento dalla Cisgiordania alla striscia di Gaza e viceversa, senza tuttavia compromettere il territorio sovrano d’Israele.Dunque non esiste un’unica particolare ricetta per tracciare il confine. Piuttosto, l’operazione dovrà tener conto di una varietà di criteri geografici in ogni specifico segmento di frontiera – che si tratti di alcuni metri o di alcuni chilometri – e soltanto con l’accordo di entrambe le parti. Altrimenti ci ritroveremo di nuovo con un confine distorto e disfunzionale come la Linea Verde del 1949.(Da: Ha’aretz, 25.11.10)

Nessun commento: