venerdì 14 gennaio 2011


Haifa

Democrazia alla prova o prova di democrazia?

Se ne discute in Israele: alcuni commenti dalla stampa israeliana
Scrive l’editoriale di HA’ARETZ: «Un gruppo di intellettuali israeliani, fra i quali alcuni premi Nobel, ha deciso di attivarsi e ha inviato una lettera aperta ai 41 parlamentari che hanno votato a favore dell’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare che indaghi le fonti di finanziamento di vari gruppi per i diritti umani. Nella lettera i firmatari avvertono che, se la commissione verrà istituita, “il governo israeliano perderà la sua ultima legittimità, e tutte le sue leggi e attività saranno palesemente illegali”.La protesta pubblica da parte di intellettuali in Israele è un fatto importante e incoraggiante. Il loro monito circa lo slittamento dalla democrazia verso il fascismo razzista costituisce un estremo appello rivolto a coloro che scivolano lungo questa china sdrucciolevole e pericolosa.La corsa ad approvare leggi discriminatorie come quella sul giuramento di fedeltà o la proibizione agli arabi di vivere nelle piccole comunità ebraiche, unita al sostegno a rabbini razzisti e ora alla guerra contro i gruppi per i diritti umani, è già più di un fenomeno inquietante. Essa ha generato una rivoluzione culturale e di governo iniziata sin da quando l’Alta Corte di Giustizia divenne il capro espiatorio dell’estrema destra e degli ultra-ortodossi. È una cultura guidata dall’estrema destra religiosa della politica israeliana, che cerca di ridefinire il concetto di diritti umani e civili. I loro metodi sono ben collaudati. Prima gettano discredito sui gruppi per i diritti umani, poi indagano i sospetti, infine se ne escono con una pubblica condanna indipendentemente dal fatto che essa regga o meno davanti a un tribunale. In questo modo questi estremisti puntano a controllare la società civile, ultimo rifugio dei cittadini da un governo arbitrario.Illuderemmo noi stessi se pensassimo che gli intellettuali – a loro volta sospetti, agli occhi di molti, di essere “anti-sionisti” – abbiano il potere di fermare questa tendenza. Senza l’intervento di politici dalla schiena dritta e l’attivo sostegno della gente, è dubbio che le voci assennate possano fare breccia nel muro del fascismo che si sta impadronendo dello stato. Qui non è più in gioco solo il buon nome di Israele e la sua immagine globale. Qui si tratta di ridefinire la società israeliana, trasformandola in una società che, come in Cina, Corea del Nord, Iran e alcuni paesi arabi, rigurgita anche gli intellettuali che ancora perseguono un cammino onorevole.»(Da: Ha’aretz, 10.1.11)Scrive RONEN SHOVAL (presidente del movimento Im Tirtzu): «L’anno scorso si è avviato in Israele un vivace dibattito fra decine di organizzazioni provviste di forti finanziamenti che si definiscono “gruppi per i diritti umani”, e alcune altre organizzazioni che sostengono che tali gruppi sfruttano cinicamente il discorso dei diritti umani come strumento di propaganda per diffamare le Forze di Difesa israeliane e favorire la delegittimazione di Israele. Da una parte vi sono organizzazioni che accusano Israele di perpetrare crimini di guerra, comprese quelle coinvolte nel dare la caccia ai più alti rappresentati israeliani all’estero e nell’invocare boicottaggi e disinvestimenti contro Israele. Tali organizzazioni ritengono che Israele sia un regime antidemocratico, militarista e razzista. Dall’altra parte vi sono organizzazioni convinte che Israele sia una società democratica, morale e tollerante che si batte fisicamente e ideologicamente per la propria stessa esistenza come patria nazionale del popolo ebraico. Queste organizzazioni vedono Israele come una magnifica democrazia costretta a fare i conti con minacce gigantesche pur preservando norme democratiche al più alto livello possibile. Queste organizzazioni sono convinte che Israele sia vittima di una campagna di menzogne che mira ad accusarlo di crimini che non ha perpetrato e a giustificare in questo modo una politica volta a negare il suo diritto a difendersi e la sua concreta possibilità di farlo.Il fatto stesso che, nel corso dell’ultimo anno, si svolto in Israele questo dibattito pubblico ha messo in evidenza il fatto che Israele è uno stato democratico di primissimo ordine. Vi sono stati reportage, inserzioni, centinaia di articoli, interviste a non finire, insieme a dimostrazioni pubbliche e altre iniziative di vario tipo volte a spiegare e convincere. A volte il dibattito è stato puntuale e circostanziato, altre è stato demagogico: un dibattito appassionato, aspro, a tratti incandescente. Proprio come avviene in un paese democratico.Quest’anno in Israele si è avuta una rivoluzione, dopo che per tanti anni avevano avuto cittadinanza nel discorso pubblico, nei mass-media e nell’intellighenzia solo coloro che danno addosso a Israele (un minima percentuale della popolazione). Per la prima volta, su questi temi, nella democrazia israeliana sono riuscite ad emergere distintamente due collocazioni e due voci: due opinioni, insomma, come è consuetudine in una democrazia e nell’ebraismo.Nel corso dell’ultimo anno la grande maggioranza della gente si è fatta la convinzione che le organizzazioni che si definiscono “gruppi per i diritti umani” appartengano in realtà ad uno schieramento politico di estrema sinistra che cerca di imporre agli altri i propri principi estremisti grazie a finanziamenti stranieri. La grande maggioranza della gente non crede alle bugie che vengono diffuse contro i soldati delle Forze di Difesa israeliane e sa che Israele fa ogni sforzo possibile per evitare di colpire persone innocenti. La maggior parte della gente sa che Israele è uno stato aperto e democratico. Non si beve la frottola secondo cui noi israeliani saremmo tutti sottosviluppati, violenti e razzisti solo perché una marginale minoranza ha deciso di possedere il monopolio del pensiero illuminato, della democrazia e dei diritti umani.L’opinione pubblica israeliana è saggia e capace di comprendere una realtà complessa, e le manipolazioni dei mass-media, anche se i “gruppi per i diritti umani” – caratterizzati da arroganza, ipocrisia e mancanza di rispetto per gli esseri umani, per la gente e per i rappresentanti da essa eletti – la pensano diversamente. La gente è dotata di senso critico e ha buone antenne, e pertanto è in grado di identificare facilmente chi cerca di diffamarla e chi cerca di promuovere i suoi diritti.Dal momento che Israele è una democrazia e dato che la trasparenza è una condizione per la democrazia, abbiamo il diritto di sapere chi sta finanziando e alimentando la campagna di odio contro di noi. Quali interessi particolari stanno cercando di manovrare la democrazia israeliana conferendo un grande potere – talvolta sproporzionato, talvolta non democratico – nella mani di una minoranza estremista? Fra pochi mesi avremo le risposte a cui abbiamo diritto.»(Da: Ha’aretz, 10.1.11)Yediot Aharonot scrive: «La proposta di Yisrael Beteynu di costituire una commissione parlamentare d’inchiesta per svelare le fonti di finanziamento delle organizzazioni che si identificano con l’estrema sinistra israeliana è l’attuazione sbagliata di un’idea valida. L’opinione pubblica ha effettivamente il diritto di sapere se e quali soggetti stranieri interferiscono nelle sue questioni interne con lo scopo di persuaderla o di manovrarla, e di sapere chi, a questo scopo, sta finanziando attività politiche all’interno di Israele. L’opinione pubblica che queste organizzazioni cercano di convincere ha il diritto di sapere chi sono i patrocinatori stranieri, per poter giudicare a ragion veduta l’intento effettivo, le motivazioni e gli scopi che stanno dietro a quelle attività. Tuttavia, una commissione d’inchiesta della Knesset non è lo strumento adatto per conseguire questo obiettivo essenziale e delicato perché il contesto inevitabilmente politico della sua composizione ne trasformerebbe ogni dibattito in un vano tumulto di vituperi senza riguardo a qualsiasi giustificazione sostanziale che possa avere.» Secondo l’editoriale, Israele dovrebbe piuttosto adottare una legge sulla falsariga del "Foreign Agents Registration Act" statunitense.(Da: Yediot Aharonot, 11.1.11)http://www.israele.net/

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