mercoledì 16 febbraio 2011


“Cacciati? Noi li riprendiamo!”

Di: Marco Fossi, 14/02/2011,http://www.mosaico-cem.it/
Quando, nella calda estate del 1938, gli studenti del liceo classico milanese «Giovanni Berchet» si salutarono per l’inizio delle vacanze, nessuno avrebbe potuto immaginare che per alcuni di loro sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbero visti. Nell’ottobre del ’38, infatti, all’indomani della promulgazione delle Leggi Razziali, al primo appello della 2B, erano scomparse dal registro sette studentesse. E in tutte le classi i registri si erano accorciati: mancavano ragazzi e ragazze che erano stati regolarmente promossi l’estate prima, che avevano versato la tassa d’iscrizione; studenti modello cancellati ope legis.Letto oggi, il testo di quelle assurde leggi del 5 settembre 1938 fa ancora rabbrividire: «Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista. Articolo 2: Alle scuole di qualunque ordine e grado non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica. Articolo 3: A datare dal 16 ottobre tutti gli insegnanti di razza ebraica saranno sospesi dal servizio».Settantre anni dopo, il liceo Berchet, in occasione delle celebrazioni per i suoi cento anni (1911-2011), ha deciso di compiere un gesto simbolico e riparatore attraverso una cerimonia pubblica molto affollata e toccante. «Sono stati 47 gli studenti ebrei cacciati dal nostro liceo a seguito di quelle vergognose leggi» spiega il preside Innocente Pessina «Oggi li riprendiamo. Benvenuti, bentornati, ecco il vostro diploma.»Nella sala della Provincia di Milano insieme al preside erano seduti rappresentanti delle istituzioni ed esponenti di spicco della comunità ebraica, tra i quali il rabbino capo Alfonso Arbib, il presidente della Comunità ebraica di Milano, Roberto Jarach, il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, il sindaco di Milano, Letizia Moratti, il presidente della Provincia, Guido Podestà. Ma soprattutto, c’erano gli studenti cacciati nel ’38. Alcuni venuti di persona, altri rappresentati da figli o familiari (alcuni di loro, che sono nel frattempo andati a vivere all’estero, sono arrivati a Milano da vari paesi, tra cui gli Stati Uniti): tutti presenti nello spirito.Il liceo Berchet conferisce oggi un diploma negato a suo tempo, ma spettante loro di diritto, in una cerimonia che, partita con i crismi dell’ufficialità, è terminata in una calorosa esplosione di affetti e applausi, nella commozione degli ormai novantenni diplomati e dei ragazzi del liceo, impressionati ed emozionati dalla vicinanza di quella che, prima ancora che una pagina nera della storia dell’umanità, è una drammatica pagina della storia personale di molti di loro.Ma che cosa successe a quegli alunni del Berchet che furono espulsi nell’anno delle Leggi Razziali? Cesare Badini, docente di storia dell’arte nel liceo milanese, ha compiuto una minuziosa ricostruzione della storia di molti di loro. Non è stato possibile rintracciare il percorso di tutti. Ma certe vicende personali risultano senz’altro emblematiche. «Alcuni, in una sorta di ironia della storia, torneranno a insegnare nello stesso Berchet, come è il caso di Nedda Sacerdoti» spiega Badini. «Cacciata nel ’38, dopo la seconda guerra mondiale insegnerà latino e greco. Altri, come Hans Cohn, ebreo e suddito austriaco, già nella primavera del ’38 prese un treno per Marsiglia. Potrebbe essersi imbarcato da là per l’America, verso la salvezza. Non ne siamo sicuri.»Anche i professori ebrei dovettero andarsene: Pio Foà (lettere), Susanna Guggenheim (francese), Ugo Guido Mondolfo (storia e filosofia), e Achille Norsa (storia e filosofia).«In realtà», prosegue Badini «non abbiamo documenti precisi su come vennero applicate le Leggi Razziali al Berchet. Di certo, tali leggi prevedevano la revisione dei testi di autori ebrei, e nelle classi una propaganda capillare e discriminatoria fu instillata agli alunni. Gli ebrei svaniscono nell’indifferenza». Una di loro, Flora Ancona Sabbadini, ricorda: «Fummo cacciati dal Berchet nell’indifferenza generale, la mia vicina di banco non si fece più viva. E io mi chiedevo: ma perché, che cosa ho fatto?».E, in un’irrazionale discriminazione al contrario, avviene anche un fenomeno particolare: alcuni ebrei vengono, per così dire, “arianizzati”, e quindi possono continuare a frequentare la scuola. Non erano ebrei al cento per cento: erano stati battezzati come cristiani, oppure le loro famiglie si distinsero, agli occhi del regime, per particolari meriti militari, politici o civili. Insomma, un assurdo a cui nessuno, con poche eccezioni, osava opporsi: rassegnati o conniventi, professori e studenti spendevano le loro ore di scuola vergando o correggendo temi di cultura fascista come L’espansione coloniale dell’Italia o Com’è sorta la nostra bella rivoluzione.L’italica vena nell’interpretazione delle Leggi genera qualche crepa nel totalitarismo fascista. «È vero», conferma Badini, «nei registri successivi al ’38 ricompaiono miracolosamente alcuni nomi ebrei e alcuni di loro arriveranno alla maturità, in qualche caso da privatista: tra i maturi, seppure con la dizione “ebreo” in rosso, ci sono Ida Ascoli, Diego Calimani, Camillo Herschmann, Emanuele Muggia, tutti maturati nel 1940 o nel 1941, in piena guerra.”Il presidente della Comunità ebraica Roberto Jarach, commentando queste vicende, ha voluto sottolinearne il valore, perché «il male può risorgere. Dalla violenza delle idee si passa rapidamente alla violenza fisica. È importante che i ragazzi di oggi sappiano leggere i segnali premonitori, e capiscano che riconoscere il diverso è essenziale nella nostra civiltà multietnica e multiculturale se vogliamo evitare di ripetere gli errori del passato».Alfonso Arbib ha ricordato la figura di un ebreo molto amato al Berchet, Yoseph Colombo, che fu preside dal 1946 al 1967. Nel 1938, quand’era preside di una scuola di Ferrara, fu costretto ad abbandonare il proprio ruolo, e si trasferì a Milano dove fondò la scuola ebraica di via Eupili, un’istituzione fondamentale nella vita della comunità degli ebrei milanesi di quel tempo. «Colombo aveva una concezione peculiare del suo ruolo e del ruolo dell’educatore» spiega Arbib. «Diceva di applicare un’educazione ebraica, di esercitare l’ebraismo applicato, volendo intendere con ciò che alcuni elementi dell’ebraismo sono valori universali, in qualche modo laici. La laicità di Colombo consisteva appunto nello sviluppo dello spirito critico. I ragazzi non sono vasi da riempire di nozioni, ma piuttosto pianticelle da far germogliare in modo che sviluppino la loro creatività e personalità. È compito dell’educatore trasmettere valori ed esempio personale, seminare e aspettare che i ragazzi fioriscano. L’esercizio dello spirito critico è un valore ebraico e universale.»Insomma, il grido che fa da filo conduttore della serata: “Cacciati, noi li riprendiamo!”, punto esclamativo compreso, non riguarda solo il Berchet. Riguarda tutti gli ebrei, tutti gli italiani. Insomma, tutti. Senza distinzioni.
L’elenco dei 47 studenti ebrei espulsi dal Liceo Berchet nel 1938, che hanno ricevuto il diploma nella cerimonia tenutasi alla Provincia di Milano lo scorso 12 febbraio:
Aghib Gian Alfredo, Aghib Giulio Edoardo, Ancona Flora, Ancona Mario, Ancona Umberto, Ascoli Adriana, Ascoli Giulio, Ascoli Ida, Ascoli Mirella, Benaroyo Giuseppe, Benaroyo Matilde, Bolaffio Bruno, Bolaffio Lucio, Calimani Diego, Cohn Giovanni, Corinaldi Giorgio, Diena Benito, Foà Anna, Foà Enrica, Foà Noè, Gunzburg Massimiliano, Herschmann Camillo, Hofman Giovanni, Levi Dora, Levi Enrico, Levi Sergio, Levi Silvio, Levi Susanna, Levi Vieri Alberto, Limentani Giampaolo, Lopez Nunes Biancamiriam, Lopez Nunes Enrico, Mortara Giuliana, Muggia Emanuele, Oblath Mario, Pacifici Sonia, Rabà Edo, Rimini Olimpia, Sacerdoti Luciana, Sacerdoti Nedda, Segre Alberto, Segre Diego, Segre Paolo, Vigevani Enrico,Voghera Alda, Voghera Dino

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