venerdì 11 febbraio 2011


Il caos in Sinai spaventa i prìncipi dei tunnel a Gaza

Ugo Tramballi 10 febbraio 2011 http://www.ilsole24ore.com/
RAFAH. Dal nostro inviato«Dall'altra parte è proprio un gran casino», sospira il principe del tunnel, mentre altri sacchi di cemento emergono dal sottosuolo. Suona come un paradosso dirlo da questa parte della frontiera, da Gaza, la striscia del caos per definizione. Ma le cose stanno così adesso in Medio Oriente: nel Sinai egiziano c'è l'anarchia, qui a Gaza l'ordine moderatamente islamico e sempre più poliziesco di Hamas.Una manifestazione a favore degli egiziani, di una ventina di giovani con qualche giornalista, è stata sciolta con durezza: botte e tutti in galera per qualche ora. Poi non è successo più nulla. Ma Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas, è stato schierato dalla frontiera con Israele a quella egiziana, qui a Rafah. Per impedire che migliaia di palestinesi sfondino di nuovo i reticolati per andare a fare acquisti nel Sinai. Ma soprattutto per controllare i tunnel dai quali passano gli asset strategici del potere di Hamas: denaro, cemento e benzina. Gli israeliani dicono che da quando l'esercito egiziano non controlla più come prima, dai tunnel entrano armi. Gli arsenali di Hamas sono pieni già da tempo. Quello che passa ora è il denaro: valige di dollari in contanti che arrivano da Iran e Siria con una certa libertà per finanziare le casse esauste di Hamas.Da quando gli israeliani hanno alleggerito l'assedio lasciando passare dal posto di Kerem Shalom alimentari e quasi tutti i beni di consumo, i tunnel di Rafah non sono più l'eldorado di una volta. Prima i 1.200 tunnel garantivano un affare da 600 milioni di dollari l'anno in una striscia dove la disoccupazione è al 45 per cento. A Gaza era nata una nuova classe sociale, i "principi dei tunnel" diventati ricchissimi in fretta e, per convenienza, soci in affari con Hamas. Ora i tunnel aperti sono 450 ma quelli operativi non più di 100. Oltre ai soldi che passano solo dai pochi tunnel "statali", quelli controllati da Hamas, il business è ridotto al materiale da costruzione e alla benzina, che non transitano dal valico israeliano.«Già, ma di là adesso c'è il caos», dice il principe preoccupato, mentre dal suo tunnel emergono altri sacchi di cemento. «È difficile trovare la merce e quando la troviamo le bande dei beduini ce la rubano o chiedono il pizzo. Portare fin qui una tonnellata di cemento mi costava 75 euro, adesso 113. E ora Hamas ci ordina di venderlo ai vecchi prezzi. Di questo passo fra un paio di settimane chiudiamo tutti». È il sacrificio patriottico che Hamas chiede ai "principi dei tunnel" dopo averli fatti ricchi. La prima minaccia della rivoluzione egiziana sono i prezzi che rischiano di salire vertiginosamente e provocare disordini. Dai tunnel passa solo il 60% della domanda di cemento; la benzina è sempre più introvabile a causa della paralisi economica egiziana. Con i principi e il denaro contante degli amici all'estero, Hamas continua a far pagare la benzina 36 centesimi di euro al litro, sussidiando il carburante già sussidiato dagli egiziani. In Cisgiordania la pagano un euro e 41 perché possono importarla solo da Israele.Le tensioni sociali non sono la sola preoccupazione di Hamas che continua a promuovere l'islamizzazione di Gaza con moderazione ma in questi mesi ha reso più pesante il controllo poliziesco. Al netto dell'assedio israeliano che rende apparentemente secondarie altre rivendicazioni, lo spirito del Cairo penetra anche fra il milione e mezzo di palestinesi della striscia con un tasso di natalità del 6 per cento. Il 60% ha meno di 20 anni. Per strada, davanti ai venditori di shawarma, decine di ragazzi guardano a bocca aperta l'intervista del blogger loro coetaneo che ha iniziato la rivolta del Cairo: al-Jazeera la replica senza sosta.«Libertà di espressione e di associazione, l'attacco di Hamas alla società civile, l'islamizzazione delle leggi. Queste sono le cose che la gente incomincia a cogliere», dice Jaber Wishah della Commissione palestinese per i diritti umani. «Ma c'è anche la corruzione, il legame economico esclusivo fra i principi dei tunnel e Hamas». Il movimento islamico riuscì a imporsi a causa della corruzione del potere di Arafat. Ora sta assomigliando sempre di più al vecchio regime. «Le uniche case che vengono ricostruite sono quelle dei dirigenti di Hamas», constata la gente.Nel partito islamico c'è chi sta ascoltando con attenzione questi segnali. "La casa della saggezza" è il think-tank dove i moderati di Hamas e di Fatah cercano un dialogo. «Povertà, oppressione e sfiducia sono gli ingredienti di ogni rivoluzione», dice Ahmed Yousef, ex ministro degli Esteri di Hamas, ora emarginato dai radicali che dominano il movimento. «Qui è diverso dall'Egitto perché c'è l'assedio di Israele e la gente lo capisce. Ma molti di noi hanno compreso che bisogna fare qualcosa di diverso. Chi non vede arrivare le cose, presto resterà sorpreso».

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