SVOLTA ANCHE TRA I PALESTINESI: VOTO PRESIDENZIALE A SETTEMBRE
Dopo giorni di imbarazzato silenzio, il «vento» dall`Egitto si fa sentire a Ramallah. Hamas: è un complotto Svolta anche tra i palestinesi: voto presidenziale a settembre DAL NOSTRO INVIATORAMALLAH (Cisgiordania) - Era un cartello bianco. Due parole in arabo:«Piazza Tahrir». Una decina di notti fa, qualcuno l`ha appeso alla Rotonda dei Leoni, la piccola Trafalgar Square di Ramallah. Il tempo giusto perché lo fotografasse il venditore di giocattoli all`angolo, che apre presto. Alle 9 del mattino, qualcuno ha tolto quella targa blasfema. Credendo di levare il dubbio, se non la paura, che il crollo sotto le Piramidi faccia polvere fin qui. «La lezione è che il mondo arabo non va considerato come se fosse diverso:non siamo diversi, vogliamo libertà e dignità», dice oggi il premier Salam Fayyad: dopo due settimane di silenzio imbarazzato, dopo la sforzata solidarietà del presidente Abu Mazen («Rispettiamo la volontà del popolo egiziano») e la titubanza di tutte le sigle palestinesi, Hamas compresa.«È in Palestina la prossima piazza Tahrir?», si chiede un tabloid israeliano.La mossa a sorpresa di Abu Mazen che (senza dire se si ricandida) ha indetto per settembre le elezioni presidenziali e legislative, rinviate da un paio d`anni, è un rimbalzo del- la rivoluzione cairota: settembre, il mese delle presidenziali e delle legi- i slative in Egitto; settembre, il mese per sottoporre all`Onu la proclamazione unilaterale d`uno Stato palestinese. Se l`Algeria ribolle e la Giordania scricchiola, c`è finta calma nell`occhio del ciclone mediorientale.Finta: lo dicono le improvvise dimissioni di Saeb Erekat, l`eterno negoziatore che dal `91 tratta ogni clausola con israeliani e americani.Erekat se n`è andato alla stessa ora in cui Abu Mazen annunciava il voto. Impallinato dai alestinian Papers - le carte che hanno svelato le ambiguità dei negoziati - nessuno aveva troppo rimproverato all`elegante Saeb le sue concessioni agl`israeliani.Lui s`è autoaffondato con un pretesto:«Me ne vado perché quei papers sono usciti dal mio ufficio». «L`impressione è che Erekat si riprenderà i suoi poteri non appena i negoziati ripartiranno», commenta Yedioth Ahronot, ricordandone le rinunce «con l`elastico» del passato e buttando lì una possibile candidatura alla presidenza.Rivoluzioni lontane, elezioni vicine, dimissioni bizantine. La glasnost araba arriva quando meno la deside- rano sia gl`inconcludenti corrotti del Fatali, sia i dispotici fondamentalisti di Hamas. t l`unica cosa su cui i carissimi nemici concordano: cambiare tutto perché non sia il vento del cambiamento a travolgere, davvero, tutto.I tunnel dall`Egitto e la repressione, in nome della resistenza all`assedio, sono la garanzia di sopravvivenza di Hamas che si trova a fronteggiare il doppio dissenso dei qaedisti e d`un popolino, pure qui, coagulato su Facebook. Mubarak era il garante di Abu Mazen, che negli ultimi quattro anni non ha fatto un passo senza chiamare il Cairo: il problema a Ramallah è di trovarsi un altro sponsor, fra satrapi arabi troppo occupati a non fare la fine del Faraone, o di sopravvivere giocando d`anticipo la carta delle libere elezioni e invocando la partecipazione di tutti. Al voto di settembre, Hamas non ci sarà: è un complotto, dicono da Gaza, e non è così che l`Anp si salverà. «Un paradosso commenta Sami Awad, politologo della Bir Zeit University -. La rivolta egiziana fa gl`interessi di tutti i palestinesi»:
e come si fa a respingere, proprio adesso, un appello alla democrazia?
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