martedì 22 marzo 2011


400 agricoltori palestinesi alla “Coppa del mondo dell’agricoltura” di Tel Aviv

Di Arieh O’Sullivan, http://www.israele.net/
Vendendo olio d’oliva, pomodorini ciliegia, birra e altri prodotti tradizionali, contadini e altri gestori di attività agricole palestinesi hanno partecipato per la prima volta alla mostra internazionale dell’agricoltura Agro Mashov che si è tenuta , a fine febbraio a Tel Aviv. Prendendo posto tra gli appariscenti stand israeliani che proponevano i prodotti più svariati, dai selezionatori di frutta high-tech, alle mosche da frutta geneticamente modificate, ai sofisticati sensori per mungitura, i palestinesi sono venuti non solo in cerca d’affari, ma anche di innovazioni israeliane. “Quest’anno abbiamo il nostro angolo come Autorità Palestinese – dice il ministro dell’agricoltura palestinese Ismail Daiq – Abbiamo i nostri prodotti e volevamo dare la possibilità agli agricoltori israeliani di vedere la nostra produzione. E, nello stesso tempo, pensiamo di trarre dei benefici dal passaggio di tecnologia da Israele”. Tra le migliaia che sono intervenuti a quella che si è autodefinita la “Coppa del mondo dell’agricoltura”, ci sono stati quest’anno circa 400 agricoltori palestinesi della Cisgiordania. Dediti tradizionalmente a una cultura agricola su base famigliare, i palestinesi stanno cercando di adottare metodi agricoli più moderni e da anni utilizzano le innovazioni israeliane, come l’irrigazione a goccia. “E’ un’impresa ardua – dice Samir Abu Mansour, consulente palestinese di Carana, una società che aiuta ad aumentare la crescita economica nei paesi in via di sviluppo – perché gli agricoltori sono interessati alla quantità e non alla qualità, mentre noi abbiamo bisogno di qualità più alta per poter vendere sui ricchi mercati europei”. L’agricoltura palestinese, che consiste principalmente in raccolti da campo, verdure e frutta, rappresenta circa il 9% del suo Pil. Israele è il più grosso mercato dei palestinesi, che vi esportano il 60% dei loro prodotti. Inoltre importano da Israele circa la metà del fabbisogno della loro agricoltura, compresa la plastica per l’irrigazione e le serre, pesticidi e fertilizzanti. La tecnologia agricola israeliana è nota per produrre molto con poca acqua. Benché Israele sia uno dei leader mondiali in fatto di tecnologia agricola, il settore rappresenta solo una piccola frazione della sua economia. “La differenza tra l’agricoltura israeliana e quella palestinese – spiega Samir Moaddi, capo consigliere agricolo israeliano presso l’Autorità Palestinese – è molto grande, ma oggi vediamo un cambiamento sul versante palestinese che non può essere ignorato. Sono sicuro che questo avviene grazie alla cooperazione tra di noi. Qui abbiamo avuto la prima esposizione da parte di palestinesi e quasi quattrocento visitatori palestinesi, il che dimostra l’interesse da parte palestinese ad essere aperti a tutte le innovazioni di questa fiera agricola in Israele”. Il ministro dell’agricoltura israeliano Orit Noked, insediata da poco meno di un mese, si è incontrata con la controparte palestinese che le ha fatto visitare gli stand dei prodotti palestinesi. Il ministro palestinese Daiq ha detto che i palestinesi potrebbero servire da ponte tra Israele e il mondo arabo. “Gli agricoltori palestinesi di solito trasferiscono questa tecnologia a molti paesi qui intorno, paesi arabi, ed ora abbiamo istituito un’associazione speciale per la cooperazione internazionale in agricoltura” ha detto Daiq. Il ministro palestinese Daiq ha anche segnalato che sono presenti esperti palestinesi in Sudan, Mauritania, America latina e Cuba. “Così – dice – abbiamo già cominciato a trasferire il know-how palestinese e cerchiamo di usarlo a beneficio del nostro popolo”. Moaddi, che ha svolto un ruolo importante nel trasferimento di tecnologia israeliana ai palestinesi della Cisgiordania per la coltivazione della fragola, sottoscrive quanto detto da Daiq. “Se tutti noi parliamo con buon senso – dice l’israeliano – il che significa lasciar da parte tutto il resto e lavorare insieme con la cooperazione, allora senza dubbio li vedremo fare da ponte con gli stati arabi”. Maria Khoury, della Taybe Brewing Company, ha invitato i visitatori ad assaggiare la birra dell’unica birreria di Cisgiordania. Sebbene i musulmani si astengano dal produrre alcolici, Khoury ha spiegato che l’azienda si è sviluppata perché Taybe è una cittadina cristiana. “Abbiamo il permesso di bere birra e facciamo birra per gli amanti della birra e speriamo che la Palestina sia un paese libero, laico e democratico, così saremo liberi di produrre birra”, conclude Khoury. (Da: Jerusalem Post, 03.03.11) Il video (in inglese):
http://www.jpost.com/VideoArticles/Video/Article.aspx?id=210604

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