giovedì 17 marzo 2011



Adelaide Cairoli

Nicola Terracciano, L'Ebraismo del Risorgimento

Il Risorgimento fu vissuto dal millenario ebraismo italiano (gli ebrei sono i più antichi cittadini italiani) non solo come liberazione politica, indipendenza dallo straniero, unificazione del paese, regime costituzionale liberale, moderno, ma come l’attesa, sperata liberazione civile, come uscita dai ghetti secolari, non solo fisici, per divenire finalmente cittadini con tutti i doveri e i diritti degli altri, per professare più liberamente la fede dei padri, per potere esprimere le particolari qualità intellettuali, morali, civili, economiche di questa commovente minoranza, che da secoli viveva sul suolo italiano e sentì l’attaccamento alla Patria in un modo più intenso di altri. Perciò il l’ethos risorgimentale e l’italianità furono connotati essenziali dell’ebraismo otto-novecentesco ed era riconosciuto anche all’estero questo tenace e diffuso patriottismo (che li rendeva anche un po’ lontani dal sionismo, dalla prospettiva cioè di uno stato nazionale ebraico, profeticamente indicato dal grande Herzl, quasi premonitore delle tragedie novecentesche della sua gente), che solo la sciagurata politica antisemita del fascismo (maggiormente collaborato dalla chiesa concordataria) delle leggi razziali e dell’alleanza servile con il nazismo di Auschwitz hanno profondamente intaccato e che, dopo la Shoà, ha spinto tanti a sentire come nuova patria Israele. Tra i tanti tragici effetti dello sprofondamento storico fascista, questo della persecuzione degli ebrei, cioè dei più intensi promotori del Risorgimento, più rivela di quel fenomeno storico (il fascismo) il connotato, così efficacemente indicato da uno dei più avveduti storici risorgimentali, il Salvatorelli, di ‘Antirisorgimento’. Già con le Repubbliche liberaldemocratiche di fine Settecento, nate sotto la memorabile onda d’urto storica della grande Rivoluzione francese, dei suoi principi di libertà e di eguaglianza, si ebbe il primo processo di liberazione storica dell’ebraismo e questo avvenne in modo più indimenticabile durante la straordinaria Repubblica Romana del 1798-1799, durata 20 mesi, da sempre rimossa dalla memoria collettiva italiana (egemonizzata da antirisorgimentali vari, in primis i cattolici), perché implicò, già prima del 20 settembre 1870, la fine del potere della chiesa cattolica, la fine del ghetto e il godimento alfine dei diritti civili e politici degli ebrei come i cittadini professanti altra religione (con odio degli ambienti più fanatici e retrivi cattolici della Roma papalina, come gli abitanti di Trastevere, più vicini al ghetto). Quando, dopo i memorabili anni francesi e napoleonici (1796-1815), tornò in Italia la Restaurazione, l’alleanza stretta tra monarchie assolute e la chiesa cattolica più oltranzista e reazionaria, che giunse a far rinascere quella compagnia di Gesù che essa stessa aveva sciolto anche prima della Rivoluzione francese, sotto la spinta illuminata dell’Europa riformatrice del Settecento, le condizioni civili degli ebrei ritornarono pesanti e ad essi si aprì soltanto l’opposizione segreta, come per gli ambienti liberali e nazionali italiani. Tra gli aderenti della Carboneria o della Giovane Italia vanno ricordati i fratelli Paggi di Firenze, tanti ebrei di Livorno, Giocoso Levi di Venezia con altri 15 correligionari (che pagarono col carcere e l’esilio la loro opposizione), Lodovico Mondolfi di Ancona, prima carbonaro, poi mazziniano (con Mazzini condivise poi l’esilio di Londra), Alessandro Franchetti, creatore della Biblioteca Dantesca, che donò poi allo Stato unitario, e rinnovatore della pedagogia. A Vercelli operava nel 1830 la setta carbonara ”I veri italiani”, alla quale erano iscritti diversi ebrei, come un Olivetti di Ivrea, Giuseppe Vitalevi, che fu condannato all’ergastolo e dovette rifugiarsi in Francia. Un suo figlio si distinse tra i garibaldini nella battaglia del Volturno del 1 ottobre 1860. Tra i protagonisti rimasti nella memoria collettiva delle Cinque Giornate di Milano vi fu il quindicenne ebreo, di origini mantovane, Ciro Finzi, che trascinò alla lotta. Morirà l’anno dopo per la difesa della Repubblica Romana. Un suo parente, Giuseppe Finzi, amico di Mazzini, assunse anche comandi militari, fu poi tra gli incarcerati del processo dei Martiri di Belfiore e, condannato a morte, ebbe tramutata la pena nelle carceri austriache. Uscito, godette dell’amicizia di Garibaldi e Cavour, appoggiò la spedizione dei Mille e fu il primo deputato ebreo ad entrare nel 1861 nel Parlamento italiano.
A Torino (dove Carlo Alberto con lo Statuto prima e precise disposizioni legislative, quale quella del 29 marzo 1848, emancipò civilmente gli ebrei e i valdesi) il rabbino incoraggiò i giovani ebrei ad arruolarsi nei battaglioni di volontari per combattere contro gli austriaci nel 1848 ed essi andarono a formare la settima compagnia dei bersaglieri, battendosi con valore. Gli ebrei furono devotissimi a Cavour liberale e si ricorda la figura a lui vicinissima di Isacco Artom di Asti. A 18 anni fu volontario nel battaglione universitario che si battè a Curtatone e Montanara. Laureato in legge entrò nel 1858 nel Ministero degli Affari Esteri e divenne segretario particolare di Cavour. La sera prima di morire, Cavour disse “Domani voglio che Artom sia qui alle cinque…Non c’è tempo da perdere.” Artom fu ambasciatore e il primo tra gli ebrei d’Europa con questo alto incarico. Protagonista notissimo della Repubblica Veneta del 1848-1849 fu Daniele Manin (figlio di ebrei) ed ebbe accanto i rabbini Abramo Lattes e Samuele Salomone Olper. Altri collaboratori di Manin furono Cesare della Vida, Abramo Errera, Leone Pincherle (ministro dell’Agricoltura e del Commercio), prozio di Amelia Pincherle Rosselli (la veneziana madre di Aldo, Carlo e Nello Rosselli), Giacomo Treves. Il cantore di quelle eroiche giornate veneziane, il patriota Arnaldo Fucinato, aveva per moglie una ebrea, con lui cospiratrice coraggiosa, nonchè poetessa ed educatrice, Erminia Fuà Fucinato. Donne ebree veneziane si prodigarono aiutando il governo provvisorio: Enrichetta Levi, Giuditta Ventura Lattes, Allegrina Curiel Sacerdoti, Letizia Pesaro Maurogonato. Durante la Repubblica Romana mazziniana del 1849 operarono diversi ebrei: il poeta Giuseppe Revere, di origine triestina, membro dell’Assemblea con Abramo Pesaro e Salvatore Anau. Grande patriota ebreo fu il modenese Cesare Rovighi, anche scrittore insigne e storico, che, nella battaglia di San Martino e Solferino della II guerra di indipendenza del 1859, meritò la medaglia d’argento e partecipò a tutte le altre battaglie risorgimentali, destando ammirazione in Garibaldi e Cialdini. L’Eroe dei Due Mondi gli disse”Rovighi, voi avere combattuto da vero Cavaliere, con la penna e con la spada.” Essendo anche medico, dopo l’Unità fu in primo piano durante le epidemie di colera. Sposò Amalia Pincherle (dama di compagnia della regina d’Italia Margherita). Fedelissimo di Garibaldi, e già discepolo di Mazzini, fu il colonnello Enrico Guastalla, che combattè a Roma nel 1849, direttore a Genova del periodico ’Libertà ed azione’, organizzatore della spedizione Medici in appoggio al primo sbarco dei Mille e che fu presente anche alle altre iniziative garibaldine, come nel 1866, quando fu catturato dagli austriaci e sottoposto a tortura. In età matura riordinò il Museo del Risorgimento di Milano.
Tra i Mille di Garibaldi occorre ricordare anche Eugenio Ravà di Reggio Emilia, che già aveva combattuto nel 1859 nella battaglia di San Martino. Nota figura di ebreo garibaldino fu il genovese capitano Giuseppe Uziel, che lo aveva seguito in Lombardia, nel Trentino, in Sicilia e anche nella spedizione del 1867, dove morì nello scontro con francesi e i pontifici a Monterotondo, per conquistare Roma e completare l’unità. La fiorentina Famiglia D’Ancona fu tutta in primo piano nella vicenda risorgimentale coi cinque fratelli: Sansone, diplomatico e patriota, Giacomo, medico, Vito, pittore, Cesare, scienziato, Alessandro, letterato insigne, poi senatore e rettore dell’Università di Pisa, che si adoperò moltissimo per l’annessione della Toscana al Piemonte. La famiglia D’Ancona aveva ospitato nella sua casa esuli di altre parti d’Italia. Tra gli editori, giornalisti, pubblicisti ebrei risorgimentali vanno ricordato Giacomo Dina, che fu direttore del torinese ‘L’Opinione’ e fedele collaboratore di Cavour, il triestino Emilio Treves, fondatore dell’omonima casa editrice, Eldorado Arbib, uno dei Mille (promosso sul campo ufficiale a Milazzo), direttore di tre giornali, romanziere e storico. Tra le ebree che furono vicine alla vicenda risorgimentale e particolarmente a Mazzini, anche per la sua affascinante proposta di rinnovamento religioso, civile, oltre che politico, del Risorgimento, furono non solo Sarina Levi Natahan, la cui famiglia tutta, con tutti i suoi larghi mezzi, fu vicina all’apostolo a Londra, in Svizzera, in Italia, ma anche Fanny Luzzatto. Ella, che era stata amica dei Fratelli Bandiera e di Adelaide Cairoli, nel maggio 1860, accompagnò il figlio Riccardo, diciottenne, alla Scoglio di Quarto, dove si imbarcavano i Mille votati alla morte. Riccardo col fratello Attilio fondarono poi il periodico “La Ragione”. La sorella Adele fu confortatrice dei soldati italiani feriti nella II guerra mondiale, crocerossina sempre e durante la guerra del 1915-1918, esempio alle giovani, morì, assistendo malati, nel 1917. Molte idee riferibili al mazzinianesimo, ’Pensiero e Azione’, ‘Religione del Dovere’, ‘Dio e Popolo’, Doveri anteposti ai Diritti’, ‘L’Umanità profeta di Dio’, risentono fortemente di influssi ebraici. Giuseppe Mazzini è morto a Pisa nel 1872, sotto il falso cognome inglese israelitico di ‘Brown’, nella ospitale casa ebraica di Pellegrino Rosselli e Janet Nathan, una delle figlie di Sarina (casa poi donata allo Stato come monumento nazionale, come è ancora oggi, pur dopo la distruzione dell’ultima guerra). Il fratello di Pellegrino, Sabatino sposerà un’altra Nathan, la sorella di Janet, Henriette (quindi due fratelli per due sorelle), il cui figlio, di nome non a caso Giuseppe ( ma anche Emanuele), nato a Livorno il 10 agosto 1867, è stato il padre di Aldo, Carlo e Nello Rosselli. Su quelle profonde basi etico-religiose-civili risorgimentali, italiane ed ebraiche, fiorirono dopo l’Unità straordinarie individualità tra le quali quella di Lugi Luzzatti (nato nel 1841), di famiglia veneziana, che era stata patriottica della Repubblica del 1849. Fondò a Lodi la prima Banca Popolare, poi seguirono quelle notissime di Milano (di cui fu presidente a lungo, dal 1865 al 1927, anno della sua morte a Roma), Novara. Nel 1866 ebbe la cattedra di Diritto Costituzionale all’Università di Padova che tenne fino al 1895. Era un oratore formidabile e trascinante. Fu deputato dal 1871, ministro del Tesoro nel 1891-1892 nel primo Ministero Giolitti e poi in quello del 19013-1906 e in quello del primo Ministero Sonnino (anche lui con origini ebraiche). Fu il ‘Restauratore delle Finanze italiane’, fino al punto che la lira faceva aggio sull’oro (cioè si raggiunse una situazione nella quale vi era quasi lo stesso valore tra la moneta italiana, risanata e resa prestigiosa, e l’oro). Promosse, oltre le banche popolari, le cooperative, anzitutto di credito e consumo, la legislazione a tutela di donne e bambini, lo sviluppo della previdenza. Nel 1910 fu Presidente del Consiglio con un voto di fiducia tra i più alti della storia parlamentare italiana. Questi i pochi più noti nomi dei tanti patrioti ebrei, che aderirono al poliedrico Risorgimento, di cui furono parte non secondaria e che rendono quell’evento il più profondo nella trasformazione storica che ha avuto il nostro paese, benché sia stato poi combattuto, tradito, travolto dall’Antirisorgimento, operante dall’Unità fino ad oggi, di cui occorre scoprire sempre i volti proteiformi e spesso inimmaginabili (a partire dal cattolicesimo illiberale al fascismo-postfascismo, al filoborbonismo e filobrigantismo, all’antisemitismo, all’estremismo marxista) e sempre, come sentinelle vigilanti, combattere decisamente.
(Una fonte. Gina Formiggini, Stella d’Italia, stella di David. Gli ebrei dal Risorgimento alla Resistenza, Mursia, Milano, 1970, I ed., 1988, II, pp. 466 ) http://www.liberalsocialisti.org/

Nessun commento: