giovedì 10 marzo 2011


È di questi giorni la notizia del dibattito apertosi in Germania attorno al tema della circoncisione, che, ci si accorge oggi, sarebbe in contrasto con la legge che vieta l’imposizione di mutilazioni di organi. Tralasciando i commenti riguardo al luogo d’origine di queste polemiche, che aggiungono elementi di inquietudine per la coscienza ebraica, il tema solleva macroscopici problemi, che, come sempre, le contingenze storiche spingono a riproporre, ma che riguardano logiche comuni a tutte le epoche. Dovendo schematizzare, indicherei tre nodi su cui mi sembra imprescindibile riflettere, sia in quanto ebreo, che in quanto cittadino di un Paese che si inserisce nel solco delle democrazie occidentali. 1. Il rapporto fra identità ebraica e ritualità. In sostanza, se il modello di vita ebraico debba riassumersi nell’halakha, o se si debba pensare ad un’”eccedenza” rispetto al rito. 2. Il rapporto fra ebraismo e mondo circostante: quanto il primo possa adattare i propri usi e costumi senza correre gli speculari rischi dell’assimilazionismo e del settarismo. 3. La forma stessa di un sistema democratico, che vive nell’ossimoro di dover far rispettare i diritti civili senza contrastare le libertà di culto. Contraddizione che si presenta, non da oggi (si pensi al problema della trasfusione di sangue per i Testimoni di Geova) in tutte le legislazioni democratiche. Punti che lambiscono il dibattito che si è aperto su queste stesse pagine negli ultimi giorni, che non stupisce avvenga proprio nelle più moderne democrazie: ancora una volta emerge il vincolo fra il progetto universalistico inaugurato dalla stessa cultura ebraica, che riconosce pari dignità a tutti gli individui, e il modello occidentale che da lì si è sviluppato, con l’integrazione della cultura greca, latina e cristiana. Quello stesso progetto che ha spesso spinto gli israeliti a sopprimere l’ebreo in loro per sacrificarlo sull’altare di un sempre più astratto universalismo. Dobbiamo forse, ebrei e non, elaborare nuove forme universalistiche capaci di conciliare le differenze culturali con i diritti di tutti? Soluzione che, a mio modo di vedere, non può essere trovata su di un piano teorico, ma concretizzata su quello storico, che ha il pregio di misurarsi con gli attori in gioco nel proprio tempo. Davide Assael, giurista http://www.moked.it/

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