mercoledì 2 marzo 2011


«Ho perso 6 chili per baciare una donna»

Il cigno nero ha costretto Natalie Portman a un training molto duro: ma le ha fatto vincere l'Oscar
Padre israeliano, madre ebrea americana, Natalie Portman è talmente perfetta che a qualcuno risulta antipatica, e questo la dice lunga sul modello genio-sregolatezza cui ormai ci siamo assuefatti. A noi invece Natalie piace molto, proprio perché quando prende un impegno, e può essere la laurea ad Harvard, l’interpretazione di un film o la regia di un corto, vuole raggiungere il miglior risultato possibile. Anche se questo le costa sacrifici e tormenti, fisici e mentali. Com’è successo durante la lavorazione de «Il cigno nero». Esercizi anche quindici ore al giorno per imparare a danzare. E il corpo che ha perso oltre sei chili, «ma in compenso è diventato più forte, mi sono fatta i muscoli».Di lei c’è chi dice che è troppo perfetta.«Magari. Purtroppo nessuno lo è, neanche io. Oggi però è vero che si cerca la perfezione in tutto, nel lavoro, nella bellezza, nel fisico. Il vero problema è quando questo pensiero diventa un’ossessione». Un pensiero che i ragazzi hanno meno rispetto alle coetanee.«Non nel mondo degli artisti, ogni musicista, ogni attore, ogni ballerino vuole raggiungere il risultato migliore. Ma in altri campi, e penso al lavoro, le donne sono arrivate dopo, quindi pagano di più per raggiungere il loro traguardo».Il balletto richiede competizione, anche lei è competitiva? «Soprattutto con me stessa. Con gli altri lo ero un tempo. Quando ti conosci meglio capisci quello che puoi fare. Riconosci che ci sono attrici che interpretano in modo meraviglioso ruoli bellissimi, ma per i quali tu non saresti adatta. Diciamo: ho imparato che c’è lavoro per tutti».Qualcosa l’aveva spinta a cambiare atteggiamento? «No, penso sia stato il tempo, la maturità. Crescendo impari a guardarti con occhi diversi».Lei si è mai sacrificata così tanto per la carriera come Nina, il suo personaggio nel film? «Non direi proprio. Anche se non ho avuto una mia vita per un anno. È stato davvero un ruolo estremo, ma è la prima volta che mi sono data così».Mi parla della scena d’amore con Mila Kunis? «Eravamo un po’ intimidite e ansiose. Io e Mila siamo amiche, volevamo che andasse tutto liscio e non sapevamo se ci sarebbe riuscito. Ma il regista Darren Aronofsky ci ha spiegato molto bene cosa dovevamo fare, così non abbiamo dovuto ripetere all’infinito la scena. Alla fine ci siamo rilassate e aiutate a vicenda e abbiamo anche riso molto, sconfiggendo la pesantezza della situazione».Prima volta che baciava una donna? «Sì. Ma ormai è normale. Nei film, negli spot, sui palcoscenici…».Diventerà regista? Il suo corto Eve aveva avuto successo. «Mi piacerebbe, ho già qualche idea. Ma preferisco non parlarne prima».Lei è stata una supporter di Obama. Che cosa pensa oggi di lui? «Ha dovuto e deve ancora affrontare molte sfide, ma mi sembra che stia lavorando bene. Sono molto orgogliosa del cammino del mio Paese, dove sta andando. Mi rendo conto che ci sono molti problemi, tante imperfezioni, perché l’America è enorme e con realtà diverse, ma abbiamo ritrovato il nostro orgoglio.Conosce il presidente Obama? «L’ho incontrato una volta insieme con altra gente. Mi ha colpito la sua gentilezza e l’intelligenza. Mi ha molto impressionato».Continua a collaborare con la regina di Giordania? «Certo. Sosteniamo entrambe il Finca, che fa progetti di micro finanza nei Paesi non sviluppati. Non ci vediamo spesso, ma lavoriamo per le stesse cause. È una donna molto brillante».Siete amiche? «Non nel senso che si dà comunemente alla parola. Lei è incredibilmente intelligente e saggia. Ha una visione davvero chiara sulle linee da seguire per fare stare meglio il mondo dei meno fortunati. La ammiro molto».Tornando al film, è vero che dietro a ogni artista c’è sempre una madre? «Veramente io penso che ogni artista deve dare addio all’infanzia per diventare attore o ballerino o cantante. C’è un momento in cui devi smettere di fare quello che gli altri vorrebbero da te, devi imparare a esprimerti per quello che sei, per quello che pensi. Questo, almeno per me, è stato importante».Lei ha cominciato a lavorare ancora bambina. I suoi genitori come si comportavano? «Mi hanno sostenuta, ma mai pressata. L’unica cosa che mi dicevano era: devi finire la scuola».A che età è uscita di casa? «A 18 anni, quando sono andata all’università dove sono rimasta fino ai 22. Poi ho preso casa da sola. Ma prima, all’università, stavo in un dormitorio».Che cosa ricorda di quegli anni? «Grandi. È stato uno strano periodo cuscinetto: passi dalla vita protetta in famiglia, dove c’è qualcuno che si occupa di te e ti aiuta, a dover imparare a contare solo sulle tue forze e il tuo senso di responsabilità. Sono convinta che il college sia molto importante proprio perché ti aiuta in questo passaggio».Per non smentire la sua fama di perfettina, all’università voleva essere la prima? «Sfortunatamente c’erano ragazzi molto più brillanti di me, non sono mai stata nella top ten dei bravissimi. Però, è vero, io chiedo molto a me stessa. Credo di averlo preso da mio padre, lui ha sempre lavorato duramente e io sono cresciuta osservandolo e modellandomi a sua immagine».La sua è una famiglia cosmopolita. «Credo sia tipico degli ebrei dell’Europa dell’est. La famiglia di mio padre si era spostata in Israele prima della guerra, erano polacchi che vivevano in Romania. Differente la storia di mia madre, la sua famiglia veniva dalla Russia e dall’Austria, ma è americana da tre generazioni». Quante lingue parla? «Inglese ed ebraico, che è la mia prima lingua perché così ha voluto mia madre. Poi un po’ di francese e spagnolo».David Letterman sostiene che lei è la nuova Audrey Hepburn. «Grazie, ma non mi sembra. Lei è stata così unica, credo che nessuno potrà mai essere come lei». di San Marzano 28 febbraio 2011 http://www.corriere.it/

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