mercoledì 30 marzo 2011

I funerali dopo la strage di Itamar

Finora Israele ha tutto da perdere dalle rivoluzioni nell'islam

Dovremmo guardare con un misto di apprensione e cautela alle rivoluzioni scoppiate nei paesi musulmani, perché contengono non pochi elementi di pericolo per lo stato di Israele. Siamo tutti giustamente impegnati a seguire l’evoluzione della guerra in Libia, ma lo scenario in MO appare più complesso e se mai ancora più preoccupante a leggerlo con le lenti dello stato ebraico. I missili che hanno ricominciato a piovere dalla Striscia di Gaza sulle città ebraiche, il massacro di Itamar, l'attentato alla stazione degli autobus di Gerusalemme sono tutti segnali di una strategia che tende a sollecitare una reazione israeliana in un contesto in cui, per la prima volta dopo decenni, il sistema di alleanze creato dallo stato ebraico per evitare un accerchiamento da parte dei paesi arabi viene messo in discussione.All’incirca un mese fa, due navi da guerra iraniane hanno attraversato per la prima volta dal 1979 lo Stretto di Suez. Questo avvenimento, che non rovescia gli accordi di pace fra Israele e l’Egitto, è però un segno degli umori che si respirano al Cairo dopo la “Rivoluzione del loto”. Se la giunta militare al potere garantisce lo status quo, personaggi di spicco della opposizione egiziana, come El Baradei o il segratario della lega araba Moussa, hanno già dichiarato di voler ristabilire relazioni diplomatiche con Teheran se dovessero vincere le elezioni. L'affermazione dei Fratelli Musulmani al referendum di modifica della Costituzione è un altro segnale preoccupante: se Israele dovesse reagire al lancio di razzi da Gaza con una nuova operazione militare nella Striscia, i Fratelli Musulmani otterrebbero sicuramente un consenso più ampio tra gli elettori egiziani. Non dimentichiamo che Hamas è nata come una costola della fratellanza egiziana. Esistono anche partiti che si rifanno ai Fratelli Musulmani in Siria, un altro paese scosso da rivolte interne, come in Giordania. In tutti questi casi, un'affermazione elettorale degli islamisti comporterebbe un inasprimento delle relazioni con Gerusalemme.La minaccia per la pace in Medio Oriente, in ogni caso, resta sempre l’Iran. L’intervento militare dell’Arabia Saudita nel piccolo arcipelago del Bahrain, avvenuto due settimane fa, ha sorpreso il presidente Ahmadinejad, che ora potrebbe reagire con un diversivo, minacciando una nuova guerra. Teheran aspetta con ansia il ritiro americano dall’Iraq ed ha bisogno di concentrare l’attenzione della comunità internazionale lontano dal Golfo Persico, che storicamente rappresenta il fronte avanzato del piano espansionistico iraniano. Siamo nel cuore della guerra tra sciiti e sunniti. Israele può diventare quel diversivo, questo bersaglio. Dal Libano alla Freedom Flottilla abbiamo già visto come funziona. Il 17 marzo scorso la marina ebraica ha scoperto un carico di armi a bordo di un cargo fermato al largo delle coste israeliane. Missili antinave, rampe di lancio, radar di puntamento. Armi iraniane, secondo Gerusalemme. Viene da chiedersi: c’è una regia esterna nella strategia della tensione con cui si vuole indurre Israele a reagire? Il sospetto è che il conflitto israelo-palestinese sia destinato ad aggravarsi nel caos delle rivoluzioni arabe. Guardiamo a quanto accade nel fronte palestinese: il premier Abu Mazen ha proposto ad Hamas un governo di unità nazionale. L’ANP teme, come ha sempre temuto, d'altra parte, di essere scalzata dagli islamisti in West Bank. Quale pace hanno in mente i palestinesi? Fino a quando il soldato Shalit rimarrà prigioniero di Hamas, fino a quando i razzi cadranno sulle città ebraiche, ci sono poche speranze che la situazione fra israeliani e palestinesi possa migliorare.di Roberto Santoro 28 Marzo 2011 http://www.loccidentale.it/

Nessun commento: