giovedì 10 marzo 2011


Investire sulla cultura

Ho letto con attenzione l’editoriale di rav Riccardo Di Segni su Pagine Ebraiche di marzo, e devo dire che mi ha convinto. Non so se la mia modesta opinione abbia un qualche interesse su questo tema, ma vorrei provare a chiosare alcuni aspetti del suo ragionamento, in sostanza riassumibile in tre questioni: il Talmud è l’opera fondamentale della cultura ebraica, perno e fondamento della tradizione orale della Bibbia; il fatto che le risorse per questa gigantesca opera di traduzione vengano dalle istituzioni non è di per sé un male; la traduzione, con tutti i suoi problemi metodologici e teorici, è uno straordinario strumento di propagazione della cultura in chiave democratica e facilitante. Ha ragione Di Segni ad affermare che il valore di un’operazione culturale di questo tipo non consiste solo nell’esito finale, nella pagina stampata, ma nel percorso per giungervi. È proprio così. Molti rabbini, studiosi di varie discipline, studenti di diverso ordine e grado si troveranno a discutere e collaborare per tradurre e interpretare un testo che, come tutti i grandi classici, non smetterà mai di parlarci. In questo senso, se posso azzardare un consiglio non richiesto, troverei significativo che chi si occuperà dell’impresa coinvolga pareri alternativi, personalità non omogenee, scuole di pensiero e discipline distanti. In questo sforzo inclusivo si darebbe a quest’opera nascitura una specificità straordinaria. Il rapporto con le istituzioni e la politica. Le obiezioni dei contrari non sono prive di fondamento. Cinque milioni di euro, in tempi di crisi economica, sono una bella cifra per un testo che, già tradotto in molte lingue, non sarà certamente un best-seller. Ma questo argomento potrebbe essere del tutto rovesciato. Sono proprio questo genere di opere a meritare il contributo pubblico, quelle cioè che, indipendentemente dal proprio valore culturale, per stazza e pubblico non potranno mai essere economicamente sostenibili. La cultura, in termini politici e di amministrazione, è un sistema complesso, composto da elementi redditizi e da altri decisamente e strutturalmente in perdita. È proprio questa complessità che va tutelata, e a farlo può essere solo il pubblico. Vale per il Talmud, per un museo di provincia, per un fondo di manoscritti antichi. In tempi così grami per le politiche culturali, questi cinque milioni possono essere un bel segnale. E l’unica risposta a chi parlerà ancora di «marchette» fatte agli ebrei sarà l’auspicata qualità di questo lavoro. Tobia Zevi, associazione Hans Jonas http://www.moked.it/

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