martedì 29 marzo 2011


trincee siriane sul Golan


Si incendia la nazi-Siria, Israele spera


Sette giovani falciati dal fuoco della polizia a Latakia, dove nella tarda serata di ieri - secondo fonti giornalistiche locali - l’eser - cito è entrato in forze. Ancora scontri a Daraa, la città epicentro della rivolta contro il regime di Beshar al Assad, dove giovani a torso nudo si sono arrampicati gridando slogan sulle macerie della statua di Hafez al Assad (padre del dittatore) abbattuta venerdì. A Tafas, nei pressi di Daraa, i funerali di una delle vittime di ieri, si sono trasformati in una manifestazione politica che si è diretta verso la sede del partito Baath, che controlla il paese, l’ha devastata e bruciata. Dall’inizio delle proteste, 10 giorni fa, i morti sono almeno 150, caduti in molte città siriane: innanzitutto a Daraa, dove la ribellione è iniziata, poi a Duma un sobborgo industriale di Damasco, a Homs, Sanamein, Ladhiqiya e a Qamshli nel Kurdistan, a conferma di una crisi di regime che si allarga a tutto il Paese. Scene e notizie che paiono simili a quelle che abbiamo visto neimesi scorsi in Tunisia, Egitto e Libia, ma che in realtà segnalano una forza mai vista, in nessuno di questi Paesi, da parte dei manifestanti. Scendere in piazza contro il regime oggi in Siria, infatti, è come manifestare nella Berlino di Hitler nel 1938, perché il Paese è sottoposto ad un regime poliziesco feroce, capillare e invasivo e ideologicamente motivato di pura impronta nazista: spie dappertutto, violenza senza eguali della polizia e dei servizi segreti, nessuna remora di fronte ai massacri più efferati. Paragone non forzato perché il partito al potere, il Baath, fu fondato negli anni ’30 da Michel Aflaq (ammiratore di Adolf Hitler) proprio come articolazione araba del nazionalsocialismo europeo (e si schierò al suo fianco nella seconda guerra mondiale). Ad Hama, il ricordo è incancellabile per i siriani, città in cui ieri si sono svolti cortei e si sono avuti morti, nell’autunno del 1982Hafez al Assad decise di dare una risposta esemplare alla rivolta che era riuscita a prendere il controllo di tutta la città. La fece circondare dai carri armati e dall’arti - glieria pesante e la bombardò per giorni, semi distruggendola e facendo migliaia di vittime. Ma nonostante questo ricordo, oggi il contagio della “rivoluzione dei gelsomini”fa presa anche in Siria e la ferocia della repressione non riesce a venirne a capo. Indicativa la scintilla che ha innescato la ribellione a Daraa, città capoluogodella regione di Jiza, devastata da una siccità che ha obbligato migliaia di contadini alla fame a inurbarsi fuggendo dai campi riarsi, mentre il governo non ha fatto nulla venire loro in aiuto.Un mese fa, i bambini di una quarta elementare, uscendo da scuola, hanno scritto frasi irrisorie contro il regime sui muri. La notte, quindici di loro, tra gli 8 e i 10 anni sono stati prelevati di casa dalla polizia e sottoposti a regimedi carcere duro per 30 giorni. Anche per questo la città, già esasperata per la fame e la sete, si è riversata nelle piazze e, dopo le prime cariche della polizia e i primi morti, ha occupato la centrale moschea al Omri. Nella notte di mercoledì le forze speciali comandate da Maher al Assad, fratello del dittatore, sono penetrate nella moschea sparando all’im - pazzata e uccidendo decine di persone, anche donne e bambini. La ferocia della repressione e la capillarità del controllo del territorio da parte del Baath (in ogni stabile, in ogni luogo di lavoro, in ogni famiglia, c’è una spia del regime che inoltra rapporti su ogni minima espressione di dissenso), lasciano ancora aperto a oggi l’interrogativo sul futuro della crisi siriana, molto più stentata di quanto non sia stata l’irruenza che ha abbattuto i regimi tunisino e egiziano. Damasco, va notato, non è stata sinora sconvolta da manifestazioni di massa (poche centinaia i manifestanti in centro città), che si sono viste a Tunisi e al Cairo. Non è dunque ancora stata raggiunta quella “massa critica”del - la mobilitazione popolare che ha scosso i regimi tunisino, egiziano e libico e non è ancora certo che si accumulerà. Certo è che se anche in Siria il regime collasserà, per la prima volta l’Iran non avrà di che rallegrarsene - anzi- perché perderà un alleato strategico, che per di più garantisce ad Hezbollah il controllo sul governo del Libano. Specularmente, sarà la prima rivolta araba a fare piacere ad Israele, che vede nel regime degli Assad l’ultimo avversario temibile sotto il profilo militare (l’eser - cito siriano, a differenza di quello egiziano è tuttora in forze), finanziatore e spalleggiatore di un Hezbollah, che senza le spalle coperte da Damasco, si troverebbe in non poche difficoltà.Carlo Panella, Libero 27.3.2010

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