sabato 5 marzo 2011

Un editore particolare (in Israele)

Sull’ultimo numero del settimanale New Yorker, il direttore David Remnick ha scritto uno splendido ritratto/intervista di Amos Schocken, editore di Haaretz (Il Paese), il quotidiano più progressista di Israele. Un giornale che ho letto tutti i giorni (nella versione che pubblica in inglese) negli anni in cui ero corrispondente di “Repubblica” da Gerusalemme, e che continuo a consultare di tanto in tanto online. Uno dei migliori giornali del mondo, per la qualità dei suoi editoriali, delle sue analisi, delle sue inchieste, dei suoi reportage. Un giornale che ha sempre irritato una parte dell’opinione pubblica dello Stato ebraico per le sue posizioni radicalmente a favore del processo di pace e delle concessioni da fare ai palestinesi, ossia dell’esigenza di mettere fine all’occupazione della Cisgiordania, che dura da più di quarant’anni, e di dare loro uno stato lungo i confini del ‘67 con Gerusalemme est come capitale. Oggi, in un Israele che si è spostato su posizioni più di destra, Haaretz è ancora più isolato, attaccato, vituperato di prima da molti israeliani. Ma il suo editore non fa una piega. E’ figlio e nipote della dinastia di ebrei tedeschi che controlla Haaretz da decenni. E’ un uomo ricco, sebbene non ricchissimo. Ed è apparentemente pronto a giocarsi tutto per continuare a svolgere il suo ruolo, che è questo, come dice il suo direttore Don Alfon nell’inchiesta di Remnick: “Abbiamo una missione. Dire la verità all’opinione pubblica israeliana e spiegare le conseguenze di queste verità”. Ai lettori, anche quelli progressisti, che talvolta anzi sempre più spesso scrivono all’editore lamentandosi delle posizioni assunte da Haaretz, il proprietario Schocken risponde così: “Temo che Haaretz non faccia per lei”. Meglio perdere un lettore, che rinunciare alla propria missione. http://franceschini.blogautore.repubblica.it/

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