lunedì 11 aprile 2011


Il pasto della libertà Ma nishtanà, «che cosa distingue» questa sera da tutte le altre sere? Con tale domanda, rivolta dal più giovane, comincia la Haggadà di Pesach, narrazione della schiavitù trascorsa, dell’uscita dall’Egitto, del varco verso la terra promessa. Tra tutte le innumerevoli storie la Haggadà di Pesach è per il popolo ebraico la «storia» per eccellenza. Ascoltare il racconto, con-memorare - dice la Mishnà (Pes 10, 5) - è come aver preso parte all’esodo, essere stati liberati. È il valore messianico del linguaggio che fa irrompere il futuro nel presente in cui si ricorda il passato. Così, scrive Rosenzweig, la festa della liberazione è la «creazione del popolo» come popolo. Il Seder, segno della chiamata alla libertà, è il pasto per antonomasia, scandito e ordinato attraverso il cerimoniale dall’inizio alla fine. D’altronde Seder vuol dire «ordine». Ma «tutto l’ordine» che «rimaneva ancora autoritario», alla fine, come già si annunciava all’inizio con la prima domanda del figlio più giovane, «si è dissolto completamente nella partecipazione alla comunità». Donatella Di Cesare, filosofa, http://www.moked.it/

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