sabato 23 aprile 2011



Masada

Voci a confronto
Forse non tutti sanno che, nella scorsa settimana, è stato dimenticato di citare il decimo “anniversario” dell’inizio dei lanci di razzi sparati dalla Striscia contro Israele; il primo lancio avvenne il 16 aprile 2001, e da allora numerose furono le vittime, tra le quali 4 bambini. Prima del ritiro voluto da Sharon, i lanci furono 280 nel 2004 e 170 nel 2005, ma salirono a 946 nel 2006 e 2048 nel 2007. Dopo la vittoria di Hamas aumentarono ancora in numero e gittata, e ad oggi se ne contano oltre 10.000 caduti sul suolo israeliano. Lo ricordo ai lettori perché di questo anniversario non ho trovato traccia nei giornali. Nello stesso modo nessuno ha scritto che una antica sinagoga dell’isola di Corfù è stata incendiata durante questa settimana coi suoi antichi e preziosi volumi; se, ovviamente, Israele non reagisce come fanno alcuni islamici contro simili atti criminali (bruciare libri sacri, di qualsiasi religione siano, è sempre sacrilegio), l’atto non fa notizia. Abbiamo invece letto molte parole dopo l’arresto, da parte della polizia israeliana, degli assassini della famiglia Fogel; ma, tra queste, nessuna che servisse a individuare il vero colpevole, perché non sono soltanto quei due giovani di 18 e 19 anni a dover essere accusati, ma anche e soprattutto la campagna antisemita che li ha portati a voler diventare degli shahid (martiri) fin da quando erano piccolissimi. Molte parole sono state scritte dopo la morte di Arrigoni nel tentativo di trovare delle spiegazioni; senza voler entrare nelle attitudini personali dell’uomo, delle quali si accenna, ma senza prove, i giornali avrebbero dovuto approfondire la realtà dei traffici vari (di esseri ed organi umani, di droga e di armi) che avvengono nel Sinai e che potrebbero contenere la spiegazione di questa, e di tante altre uccisioni. Infine, nei giorni scorsi, una cittadina del Québec, Rivière Rouge, ha abrogato il regolamento che, dal 1944, proibiva agli ebrei di trasferirvisi; nessuno si è chiesto in quante altre città possa perdurare una simile proibizione. Tra circa un mese Netanyahu si presenterà davanti al Congresso degli USA dove farà un discorso che Vanguardia definisce già oggi, chissà perché, drammatico; certo sarà fondamentale per dichiarare, ancora una volta, quanto il mondo già conosce: la volontà di Israele a trattare coi palestinesi, perché, come l’esperienza insegna, solo da trattative dirette potrà nascere un accordo duraturo. Tuttavia molti stati la pensano diversamente, e sembrano cedere ad Abbas che ha appena terminato una serie di incontri a Parigi. Pare che già 130 nazioni si siano dichiarate pronte a riconoscere lo stato di Palestina con capitale Gerusalemme; sarà almeno la volta buona per riconoscere Gerusalemme anche capitale di Israele? Personalmente, ahimè, ho qualche dubbio. E mentre la diplomazia prosegue nei suoi tentativi che, lustro dopo lustro, si dimostrano sempre tutti fallimentari, a Roma si sono incontrati, insieme al sindaco Alemanno, i presidenti dei Comitati olimpici di Israele e dei Palestinesi sperando che, ancora una volta, lo sport riesca a far cadere le barriere che la politica tiene ben salde. Lorenzo Scalia, sul Corriere dello sport, sembra stupirsi della disponibilità degli israeliani ad aiutare i palestinesi, sempre pronti a collaborare per il loro progresso. Auguriamoci che il mondo sportivo si ricordi di ammettere Israele e Palestinesi ai prossimi giochi del Mediterraneo; è stato promesso infinite volte in passato, ma oggi sembra da tutti dimenticato, almeno fino ai prossimi Giochi. Intanto nei Territori il presidente Fayyad partecipa a un raduno in ricordo di Vittorio Arrigoni; dalle parole del Fatto Quotidiano sembra che solo la madre di Rachel Corrie abbia saputo dire che deve finire non solo l’occupazione israeliana, ma anche il lancio di razzi (che determinano la necessità della fermezza israeliana ndr). Peppino Caldarola sul Riformista spiega, come meglio non si potrebbe, la realtà nella quale si era infilato Arrigoni e l’assurdità delle affermazioni di Giulietto Chiesa & C. Di Arrigoni parla anche un articolo di Mario Brescia su Padania: come già il Senato della Repubblica, subito dopo la sua uccisione, decretò un minuto di silenzio alla sua memoria (notizia riportata solo dal TG1 del giorno), così ieri si è ripetuto al Consiglio Comunale di Torino, senza seguire la normale prassi che vuole che un simile atto venga deciso da una riunione dei capigruppo. Solo un consigliere leghista e Piera Levi Montalcini hanno dimostrato la loro contrarietà uscendo dall’aula. Parlavo, all’inizio di questa rassegna, di un grave traffico di esseri umani nel Sinai: chi volesse conoscerne le cifre spaventose, potrà leggere P.Lam. su Avvenire, e così vedrà che in Israele vivono oggi 30.000 rifugiati, 2/3 dei quali eritrei. Anche Israele, e non solo l’Italia, è lasciato solo di fronte a questa catastrofe, nell’effettivo, totale e colpevole disinteresse dell’ONU. Di quanto avviene in Israele, in particolare in questi giorni di pellegrinaggi pasquali, scrive su Le Monde Laurent Zecchini: il centro ecumenico della teologia della liberazione Sabeel (il cammino, in arabo), ha organizzato una speciale via dolorosa dove si parla di annientamento radicale causato dalla creazione dello Stato di Israele (sic). Alberto Stabile firma un’inchiesta sul dopo rivoluzione egiziano, o, meglio, contro-rivoluzione, durante la quale i giovani, ieri protagonisti, sono stati traditi e vengono condannati in rapidi processi, mentre il feldmaresciallo Tantawi, ieri amico di Mubarak, rimane in sella nonostante tutto. E mentre la situazione economica del paese si fa sempre più seria, Il Sole 24 Ore scrive che una delegazione è corsa a Washington a chiedere aiuti alla Banca Mondiale; in questo articolo si apprende anche che i morti in Egitto non sarebbero stati gli ufficiali 380, ma ben 846. In Marocco, al contrario da quanto avviene, o è avvenuto, in tanti altri stati, il re sembra essere riuscito a controllare al meglio la situazione, come scrive in un interessante articolo Carlo Panella sul Foglio, e la quasi democrazia sembra avviarsi verso un periodo di nuova tranquillità; il re è riuscito a controllare i fondamentalisti. In chiusura di questa rassegna va ricordata la morte di due autentici fotografi di guerra avvenuta ieri in Libia; ne parla diffusamente un editoriale del Foglio, e ne parla anche Antonio Ferrari sul Corriere, in un articolo che esamina attentamente la guerra di Libia della quale si parlerà sempre meno, nell’interesse dell’Occidente che non ha ha un programma preciso; come ammoniva ieri sera Ferrara a Radio Londra, l’Occidente dovrebbe meditare attentamente a quanto successe in Vietnam proprio per lo stessa mancanza. Emanuel Segre Amar http://www.moked.it/

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