martedì 12 aprile 2011


Potete tornare nelle vostre stanze fino al prossimo attacco

Centinaia di missili palestinesi contro le città israeliane costringono oltre un milione di persone a passare il fine settimana nei rifugi Beer Sheva, capoluogo della regione del Negev, ore 01.00 di sabato notte. Stiamo brindando per lo Shabbat Hatan – Il “Sabato dello Sposo”. Il “giorno del riposo” entra con le prime stelle e con le stesse finisce il giorno dopo (praticamente dalla sera del venerdì a quella di sabato). La festività settimanale è in questo caso arricchita da un matrimonio che si è appena celebrato. Nell’albergo dove siamo ospitati sono ben otto le coppie appena unite in matrimonio, che hanno deciso di festeggiare qui la loro felicità con gli amici ed i parenti. Stiamo scherzando con lo sposo. Sua moglie è in un’altra stanza con delle amiche … improvvisamente, la cosa più temuta e inaspettata: suona fortissima la sirena. Ci guardiamo ed iniziamo a correre verso l’esterno della stanza, cercando di raggiungere le scale. Automaticamente aiutiamo le persone con i figli al seguito. Alcuni di loro vengono colti dalla paura. Molte persone corrono fra i piani, cercando di avvertire e di aiutare gli anziani rientrati nelle loro stanze, i bambini, coloro che per un motivo o per un altro, potessero aver bisogno di aiuto. Gli altoparlanti dell'albergo iniziano a diramare le istruzioni: cosa fare, dove andare … poi, ad un tratto, un botto secco. Lo sgomento sale. Ci auguriamo – alcuni iniziano a pregare - che nessuno sia stato colpito. Manca qualcuno all'appello e cerchiamo di verificare se gli assenti hanno preso un altro percorso verso altri rifugi. Dopo un po’ di tempo – chissà quanto, ma per i presenti è stato eterno - l'altoparlante comunica che "Possiamo tornare nelle stanze fino al prossimo allarme". Si tenta di rientrare nelle stanze per riposare un po'. Si organizzano dei turni di "sorveglianza" per avvertire gli altri nel caso suoni nuovamente l'allarme. Alle 3:00 si odono in lontananza delle sirene ma scatta l’allarme anche qui. In Israele, parlare di distanze è relativo: tutto il paese è grande quanto il Piemonte. Qualche istante dopo si sentono gli scoppi di missili caduti nelle vicinanze. L’allerta dura fino all’alba. Durante gli attacchi ognuno rivede la propria vita, i propri amori, la famiglia e gli amici, ma anche tutti coloro, ai quali da un momento all’altro, qualcuno decide di togliere la vita. Si riflette su coloro che, giorno e notte, ogni giorno ed ogni notte, vive sotto costante attacco. E se qualcuno dovesse uscirsene dicendo “non è terra vostra”, la storia insegnerà come Beer Sheva è da sempre oltre a quelle demarcazioni geopolitiche create dopo la guerra dei 6 giorni (nel 1967). Sapevamo tutti come sarebbe andata a finire quest’ulteriore nottata sotto i missili. Sicuramente i razzi “made in Gaza”avranno attaccato più località e quando Israele contrattaccherà, Hamas chiederà il "cessate il fuoco" ed il mondo troverà una giustificazione per i razzi, come lo ha trovato per una famiglia sgozzata (compresi 3 bambini di cui uno di due mesi) poche settimane or sono. Anche nel primo pomeriggio di sabato si susseguono degli allarmi, che per fortuna rientrano dopo poco. Nella serata di sabato, veniamo a sapere che i missili sono stati più di 120 ed hanno coinvolto Ashdod, Kiriat Gat, la periferia di Beer Sheva, Askelon, Gedera, e Gan Yavne, dove le scuole rimarranno chiuse per precauzione. Eli Sasson 10 aprile 2011 http://www.lideale.info/

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