«Esiste un precedente storico suggestivo, che merita d’essere ricordato. Nel 1938 vivevano nei Sudeti tre milioni di persone di lingua e cultura tedesca. Adolf Hitler se ne servì come pretesto per aggredire la Cecoslovacchia e, in definitiva, per scatenare la guerra. Una delle conseguenze della guerra d’aggressione tedesca fu che quei tedeschi vennero alla fine espulsi senza tanti complimenti dalle terre che avevano abitato per generazioni, e dovettero reinsediarsi in Germania. Anche il dramma dei profughi palestinesi ebbe origine da una guerra d’aggressione, quella scatenata dagli stati arabi che si servirono della questione palestinese per rifiutare la nascita dello stato ebraico d'Israele e dello stesso stato arabo palestinese previsti dal piano di spartizione dell’Onu del 1947. Il precedente è tanto più interessante perché ci offre anche un’idea di come quelle due nazioni, entrambe oggi nell’Unione Europea, abbiano fatto i conti con il loro doloroso passato. Nel gennaio 1997 Germania e Repubblica Ceca hanno firmato una dichiarazione “di riconciliazione” che affronta di petto la questione. È un documento di grande rilievo, che merita d’essere letto con attenzione. In esso le due parti si dichiarano “convinte che le ingiustizie inflitte nel passato non possono essere cancellate, ma soltanto nel migliore dei casi alleviate, e che nel farlo non si devono produrre nuove ingiustizie”. Entrambe le parti si dichiarano “consapevoli che il cammino comune verso il futuro richiede una chiara presa di posizione circa il proprio passato, che non manchi di riconoscere cause ed effetti della sequenza degli eventi. La parte tedesca – continua il documento – riconosce la responsabilità della Germania per il suo ruolo nello sviluppo storico che ha condotto allo smembramento forzato e all’occupazione della repubblica cecoslovacca. Essa esprime rincrescimento per le sofferenze e le ingiustizie inflitte, ed è consapevole del fatto che la politica di violenza verso la popolazione ceca ha contribuito a preparare il terreno, nel dopoguerra, per la fuga, l’espulsione forzata e il reinsediamento forzoso. La parte ceca esprime rincrescimento per il fatto che, con l’espulsione dei tedeschi dei Sudeti dopo la guerra e con gli espropri e la privazione della cittadinanza, sono state inflitte molte sofferenze e ingiustizie a gente innocente. Entrambe le parti concordano che le ingiustizie inflitte nel passato appartengono al passato e pertanto orienteranno i loro rapporti verso il futuro. Proprio perché sono consapevoli dei tragici capitoli della loro storia, esse sono decise a continuare a dare priorità al dialogo e all’accordo reciproco nello sviluppo dei loro rapporti. Pertanto entrambe le parti dichiarano che non graveranno le loro relazioni con questioni politiche e legali che scaturiscono dal passato”. Si notino bene i particolari. La parte tedesca (quella che ha patito l’espulsione, ma che in realtà con la propria aggressione aveva scatenato “la sequenza di cause ed effetti”) riconosce d’aver “contribuito a preparare il terreno” per l’esodo forzato. La parte ceca (quella che ha cacciato i tedeschi, ma dopo aver subito un’aggressione che mirava al suo “smembramento e occupazione”) riconosce d’aver inflitto “molte sofferenze e ingiustizie”, ma – giustamente – non si accolla la “responsabilità nello sviluppo storico” che creò quella tragica situazione. Entrambe le parti, infine, dichiarano che il passato non può essere disfatto ("cannot be undone", nel teso inglese), col che la Germania riconosce che il dato di fatto dell’espulsione dei profughi è irrevocabile. Si tratta di un documento di altissimo livello, la cui stesura ha richiesto una notevole dose di onestà e coraggio. Per questo vorremmo consigliarne la lettura a chi sostiene che Israele dovrebbe “come minimo ammettere la propria responsabilità nell’origine del dramma dei profughi palestinesi”, per poi procedere a “disfare” il passato invadendo Israele con i discendenti dei profughi, non essendo riusciti a farlo con eserciti e terroristi.»
(Da: http://www.israele.net/sezione,,197.htm )
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