venerdì 20 maggio 2011




Il bagno rituale Faye Kellerman
Traduzione Piero Alessandro Corsini Cooper Euro 17,50
E’ un viaggio affascinante nel mondo ebraico, nei mille aspetti che lo compongono e che si rivelano al lettore pagina dopo pagina offrendogli l’opportunità di conoscere e approfondire una cultura ancora sconosciuta a molti, ma anche di riflettere sul significato delle regole etiche e comportamentali che guidano la vita degli ebrei, in particolare quelli ortodossi. “Il bagno rituale” di Faye Kellerman è un mistery imperdibile: una storia che si legge d’un fiato grazie ad una trama avvincente sostenuta da una scrittura molto piacevole e da uno stile narrativo incalzante.
L’autrice, ebrea religiosa americana che osserva le regole alimentari della kasherut e della purezza, è una scrittrice molto apprezzata negli Stati Uniti e i suoi gialli hanno venduto 10 milioni di copie entrando nelle classifiche del New York Times. Insieme al marito Jonathan Kellerman forma la coppia d’oro della fiction americana contemporanea: se il marito si occupa del dottor Delawere, psicologo infantile che ad ogni romanzo viene coinvolto in un caso complicato di competenza della polizia di Los Angeles, la moglie Faye ha dato vita ad una serie indipendente di cui questo romanzo, pubblicato per la prima volta in Italia, costituisce l’episodio iniziale. L’incontro fra i due protagonisti, Rina Lazarus, giovane vedova devota all’ortodossia ebraica che colpisce con il suo fascino il detective Peter Decker della polizia di Los Angeles (“…C’era qualcosa di classico nel suo volto: la forma ovale, la pelle cremosa, la bocca piena e morbida, gli occhi di un blu mozzafiato”) avviene sullo sfondo di uno stupro e di un omicidio. In una notte d’estate particolarmente afosa nel quartiere ebraico ortodosso, la Jewtown dell’immensa città di Los Angeles, poco lontano dalla mikvah - la vasca utilizzata per il bagno rituale delle donne - viene stuprata Sarah Libba ed è proprio Rina Lazarus a trovarla “incrostata di sporco…con il piccolo volto bagnato …gli occhi fuori dalle orbite e il respiro affannato e vuoto”. Il detective Decker, un omone dai capelli rossicci, occhi scuri e penetranti, già alla prese con un sadico stupratore di Foothill, rimane interdetto da quella chiamata. Uno stupro a Jewtown? Nel quartiere più calmo e tranquillo di tutta Los Angeles, dove gli americani non arrivano mai e gli ebrei vivono nel più completo e tranquillo isolamento? Peter Decker - aiutato da Marge Dunn e da Michael Hollander, i tre moschettieri della divisione minorile e dei reati sessuali - non ha mai avuto a che fare con un caso analogo: nessun indizio, nessun testimone e fin dal principio nessuna pista da seguire. Solo Rina Lazarus insegnante nella Yeshivà, centro di studi della Torah e del Talmud, è disposta ad aiutare il detective, sebbene il contatto con un goy, un non ebreo, scateni nel suo animo rovelli e profonde inquietudini. Il detective Decker, e con lui il lettore, entra in un mondo affascinante ma enigmatico: ombre fuggenti, rumori inspiegabili preoccupano Rina e fanno vacillare la sua straordinaria forza d’animo, il caso diventa sempre più inspiegabile, così come le leggi non scritte che regolano la vita degli ebrei del quartiere ortodosso con le quali il poliziotto deve confrontarsi. Tra i due protagonisti nasce piano piano un sottile legame, fatto di attrazione fisica e desiderio di collaborare al successo di un caso difficile. Entrambi soli, Rina dopo la morte per un tumore al cervello del marito Yitzchak, mente brillante dal cuore d’oro, e Peter dopo il divorzio dalla moglie Jan trovano l’uno nell’altra un affetto e un sostegno che però non può trasformarsi in amore perché ad una ebrea ortodossa non è consentito frequentare un goy, una persona “diversa” che non condivide una fede così totalizzante. Seppur viva in un mondo un po’ isolato all’interno della Yeshivà, Rina frequenta per lavoro molti studenti e insegnanti ed è su di loro che Peter Decker concentra la sua attenzione per carpire informazioni e segreti che possono essergli sfuggiti ad un primo esame. E lì incontra Moshe Feldman, che dopo l’abbandono della moglie, è andato in tilt e benché sia fra gli indiziati per la sua abitudine di vagare nei boschi, è anche un sospettato impossibile da mettere sotto torchio perché con “uno schizofrenico le tecniche abituali di interrogatorio” non possono funzionare; Shlomo Stein, con un passato inquietante che aveva cercato più volte di uscire con Rina ha un alibi perfetto per la notte dello stupro, avendo partecipato ad una discussione sul Talmud con altre persone; Matt Hawthorne, insegnante di inglese e storia, anch’egli invaghito di Rina e decisamente nervoso dinanzi al detective, aveva trascorso quella sera leggendo un libro; Steve Gilbert, insegnante di fisica, “niente affatto nervoso per la presenza della polizia” aveva trascorso due anni nell’esercito, di cui dieci mesi in Vietnam come impiegato. “Gilbert era al Campus ogni giovedì sera, per il Computer Club, fino alle dieci di sera. La sera dello stupro era un giovedì….” Il caso già difficile si complica ulteriormente con il brutale assassinio della vigilante, un donnone di colore che il Rosh Yeshivà, il rabbino Schulman, aveva assunto a protezione delle donne. Chi può volere la morte di Florence Marley, “una carnagione color caffè, un temperamento amichevole” che si era fatta apprezzare dalle donne della Yeshivà non solo per le buone ricette che conosceva ma soprattutto per il senso di sicurezza che offriva? E quest’ultimo efferato omicidio è collegato con lo stupro di Sarah Libba?
Nel corso delle indagini spunta il nome di Cory Schmidt, un giovane antisemita già noto alla polizia per atti di aggressione, dedito alla cocaina e all’alcol le cui impronte digitali vengono ritrovate su un coltello fatto pervenire in modo anonimo alla polizia: il coltello con il quale è stata sgozzata Florence Marley. Qual è il suo ruolo nell’intera vicenda? Mille interrogativi affollano la mente del detective e l’indagine si fa pagina dopo pagina sempre più serrata fino all’inatteso e terrificante finale che tiene il lettore col fiato sospeso fino all’ultimo e alla scoperta di un segreto inimmaginabile cha avvolge l’esistenza del detective Decker e il cui unico depositario sarà l’arguto e intelligente rabbino Schulman. “Il bagno rituale” non è solo un thriller denso di suspense, affascinante e misterioso, un intreccio da brivido narrato con una prosa incalzante e raffinata ma è soprattutto un romanzo da cui si può imparare molto “sulle diverse interpretazioni dell’ebraismo, sull’urgenza di ragionare sulle proprie radici come punto di riferimento per un’esistenza che abbia significato, sui pericoli che continuano a nascondersi nell’eterna tentazione al pregiudizio e agli stereotipi”, quell’ antisemitismo che pervade la società americana e si infiltra come un veleno nell’animo dei giovani. Con questo romanzo, solo in apparenza di evasione, Faye Kellerman ci offre uno straordinario spaccato del mondo ebraico dove convivono ebrei ortodossi come la protagonista Rina Lazarus ma anche “ebrei moderni” come i genitori di Rina oltre agli ex suoceri di Decker che “nell’ansia di assimilazione sembrano quasi aver ripudiato origini e tradizioni”. La lettura di questo libro è anche l’occasione per riflettere sul difficile dialogo tra laicità e trascendenza, sulle tensioni razziali e sulla violenza che esplodono quando l’intolleranza e l’odio si infiltrano nei rapporti umani. Dal punto di vista letterario infine l’autrice delinea con grande sapienza narrativa caratteri e situazioni imprevedibili, sullo sfondo della complessa società americana, dando prova di un talento fuori dal comune che la colloca a pieno titolo “nel solco di una tradizione che ha trasformato la divulgazione in arte, e la narrativa popolare in genere classico”. Giorgia Greco

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