Alle 20, in concomitanza con la celebrazione della Giornata del ricordo, c'è lo stop per tutti gli svaghi
GERUSALEMME – Quattro ore possono bastare. Forse. Domenica pomeriggio, a Barcellona, la finale di basket Eurolega non è solo una partita per la storia dello sport: orologio alla mano, si gioca pure per rispettare la storia d’un popolo. Il Maccabi di Tel Aviv, una delle due squadre, un mese fa ha chiesto (e ottenuto) di scendere in campo quattro ore prima del solito, le 16.30, le 17.30 in Israele, a un orario inusuale per la Final Four che in genere ama le partite serali. Il motivo è una festività laica: Yom Hazikaron, la Giornata del ricordo, che dal 1948 è una delle date sacre al calendario civile israeliano e commemora i caduti delle guerre e del terrorismo. ALLE 8 LO STOP - Alle 8 di domenica sera, quasi tutto ciò che è divertimento si ferma nello Stato ebraico: cinema, ristoranti, caffè, chiusura fino a domani sera, con la possibilità di prendere un lunedì di permesso dal lavoro per far visita ai cimiteri. Anche lo sport è obbligato allo stop. «Se la finale non viene anticipata almeno nell’orario – avevano avvertito dal Maccabi -, saremo costretti a dare forfait»: veloce consultazione, l’okay degli avversari, i greci del Panathinaikos, e il 6 aprile l’Eurolega ha risposto che si poteva fare. CONTO ALLA ROVESCIA - Non è detto che vada tutto liscio, però. Al Palau Sant Jordi Arena, il Panathinaikos è di gran lunga il favorito. Ma il Maccabi, alla sua settima finale, cinque vinte, non ha voglia di fare la comparsa: e se la finale, com’è già accaduto, fra time-out e interruzioni, andasse ben oltre i 100 minuti medi d’una partita di basket? Per la prima volta, si potrebbe vedere una squadra abbandonare la competizione. «Io spero finisca in tempo – dice David Blatt, l’allenatore israeliano -. Non ci sono molte probabilità che si giochi oltre il tempo previsto. Chiaro, se finiamo al triplo prolungamento, può darsi che io mi trovi a prendere la decisione più difficile della mia vita…». Che è poi quella già anticipata da David Friedman, il proprietario della squadra gialloblù, che avrebbe preferito spostare la data della partita: «Nel momento in cui in Israele cominceranno le cerimonie commemorative, i giocatori lasceranno il campo». Non si sgarra: il ministro dello Sport ha fatto capire che non sono ammesse deroghe, visto che anche il calcio e il tennis, le due altre grandi passioni israeliane, rispetteranno la sosta; le tv israeliane avvertono già che alle 19.45, anche se si sta ancora sottocanestro, le dirette saranno interrotte; i tifosi, pure quelli in trasferta a Barcellona, hanno già detto che comunque saranno evitati eventuali festeggiamenti. LA DECISIONE MIGLIORE - Su alcuni siti spagnoli e greci, di quelli legati alla «resistenza» antisraeliana, i commenti sono prevedibili: «Perché ci si è piegati ancora una volta a Israele? Il Maccabi sapeva che la finale era in quella data, poteva anche non partecipare al torneo». In realtà, spiegano da Eurolega, non s’è spostata la data della finale per ragioni rispetto dei diritti televisivi, degli spazi pubblicitari già venduti da un anno, degli sponsor. «E poi la cosa più importante è rispettare i risultati sportivi – dice Jordi Bertomeu, il patron della coppa -. Immaginate che cosa sarebbe successo se avessimo rimpiazzato gl’israeliani con una squadra eliminata in semifinale e se quella squadra, poi, avesse vinto il titolo. Ci avrebbero sparato tutti addosso! Credo che abbiamo preso la decisione migliore…». Anche perché, in segno distensivo, all’ultimo è il presidente del Maccabi a lanciare un salvagente all’Eurolega: «Siamo a Barcellona per giocarci la finale – chiarisce Shimon Mizrahi – e a Barcellona, quelle che contano, sono le regole messe da Eurolega. Le rispetteremo…». Francesco Battistini 08 maggio 2011 http://www.corriere.it/
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