giovedì 12 maggio 2011



Sace su Israele: "un porto economico sicuro"
Martedì 10 Maggio 2011 http://www.focusmo.it/

Israele: un Paese certamente complesso ma di fatto il porto più sicuro in medio oriente per le imprese italiane che vogliono approdare all’estero. Rimasto quasi immune dalla crisi finanziaria, lo Stato Ebraico ha chiuso il 2010 segnando una crescita del 3,6% grazie soprattutto ai consumi interni e alle misure fiscali espansive adottate dal governo per il biennio 2009/2010. E se per quest’anno è prevista un’ulteriore crescita dell’economia, nel 2010 è terminato il processo di riduzione della tassazione sulle società, che dal 36% del 2003 è scesa al 25%. Nel corso degli anni Israele è divenuto un Paese particolarmente attraente per gli investitori stranieri, nonostante le tensioni provocate dalla questione palestinese. Sace, per esempio, spiega che il quadro operativo complessivo “è favorevole agli investimenti esteri e presenta poche restrizioni’’: l‘unico settore precluso agli operatori stranieri è infatti quello della difesa, mentre per segmenti particolari come banche e assicurazioni è richiesta una autorizzazione governativa. Per tutti gli altri comparti, invece, gli investitori esteri sono assistiti da un centro per la promozione degli investimenti gestito dal Ministero dell’Industria e del Commercio. Giudizio positivo di Sace anche del sistema bancario, composto principalmente da 16 istituti di credito commerciali locali e quattro filiali di banche estere. Sotto questo profilo, il governo sta portando avanti una progressiva privatizzazione del settore del credito sta rendendo il mercato più dinamico e competitivo: Bank Hapoalim è stata completamente privatizzata nel 2000, mentre lo Stato detiene ancora il 10% di Bank Leumi e il 12% di Israel Discount Bank. Per queste ultime due è comunque prevista una completa privatizzazione nel prossimo futuro. Ed è proprio grazie allo sviluppo dei processi di privatizzazione che negli ultimi anni Israele ha attirato un consistente afflusso di investimenti esteri, con l’Italia che non è di certo rimasta a guardare: il nostro Paese, infatti, attualmente è il quinto partner commerciale di Israele e il secondo in ambito europeo. Nel 2010 le esportazioni italiane hanno registrato segnali positivi (+25% rispetto allo stesso periodo del 2009) grazie soprattutto alla chimica, ai prodotti raffinati, all’elettronica e alle macchine e gli apparecchi meccanici. Sul territorio, l’Italia è presente in vari settori, tra cui le telecomunicazioni, il tessile e le assicurazioni. Tra i “big” italiani figurano Telecom Italia e il Gruppo Generali, che opera attraverso l'importante compagnia locale di assicurazioni "Migdal". In Israele anche il gruppo tessile Pompea, oltre che Luxottica e Benetton, che hanno dei propri punti vendita. Tuttavia, osserva la Farnesina in un rapporto condotto insieme all’Ice, “la presenza diretta d’imprese italiane in Israele non rispecchia a pieno le potenzialità che il paese offre, specialmente per quanto riguarda il settore della ricerca e sviluppo ad alto contenuto tecnologico ed il settore delle grandi opere civili”. Infrastrutture, agroindustria, aerospaziale e automobilistico rappresentano dunque i campi su cui investire in questo Paese che strizza l’occhio al futuro e apre le porte a capitali stranieri.

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